Geniv forum

Posts written by ArteI

  1. .
    Grazie a te.
  2. .
    Un omaggio ad un Amico.
  3. .
    Caro Genio; scusami se ti chiamo così, ma mi piace di più. In alcuni racconti i commenti li ho aggiunti al racconto stesso, poiché la risposta quando posti un nuovo topic viene aggiunta automaticamente. Scusami; comunque non inquina il racconto ne lo sminuisce.
  4. .
    Si erano incontrati sui banchi del liceo, Mario e Luisa, e insieme percorsero un lungo tratto della vita; i primi anni furono di amore da letteratura, quello fatto di sogni e lunghissime emozioni di fronte ad un paesaggio, ad un regalo, a situazioni da ‘Armony’; l’unico neo era rappresentato all’indole capricciosa di lei, viziata dall’essere figlia unica on genitori benestanti che non le negavano niente e le facevano avere anche prima che avesse chiesto.
    Mario cedette a questo ‘vezzo’ e, a mano a mano che la loro situazione economica s faceva migliore, crescevano le pretese della sua ragazza, prima, e di sua moglie, dopo; gli anni universitari furono una galoppata in un’amore tutto rose e fiori; si laurearono nei tempi, quasi in contemporanea, lei in lettere e lui in Economia; Luisa patì un poco la ‘trafila’ della precarietà prima di arrivare ad avere la cattedra nel locale liceo; lui si avventurò subito nella libera professione e divenne un commercialista assai ricercato.
    Probabilmente, lui si accostò anche a personaggi di dubbia onestà, di cui curava interessi leciti ed altri border line; sua moglie ignorò volutamente qualunque sua attività, chiusa nel ‘cerchio magico’ dei suoi capricci e delle sue scelte tiranniche; l’unica cosa che le interessava era proporsi sempre al massimo della forma e pretendere adulazione continua da tutti, soprattutto da suo marito che talvolta, coi suoi impegni, non aderiva al suo modello ideale.
    Passarono comunque, dopo il matrimonio, cinque anni di serena armonia, con piccoli screzi sedati quasi sempre con la ‘resa’ di lui a consentirle di fare quel che voleva; non ebbe tempo né voglia, di osservare le crepe che nei loro rapporti si andavano evidenziando ed eventualmente di cercare gli opportuni rimedi; la tigna rancorosa di lei si andò aggravando e, come era facilmente intuibile, sfociò rapidamente in un desiderio di trasgressione per ‘punire’ il reprobo.
    L’occasione propizia si presentò quasi casualmente, una sera che si erano trattenuti a scuola, per un’assemblea, oltre il limite solito; pioveva che dio la mandava e Luisa si trovò di colpo in difficoltà; senza un ombrello, con un abito fresco quasi estivo, senza un mezzo di locomozione, con gli autobus che a quell’ora latitavano; doveva scegliere tra telefonare a suo marito per farsi venire a prendere o chiedere a qualcuno di darle un passaggio a casa; optò per la seconda soluzione.
    Un giovane supplente di educazione fisica aveva la macchina nel parcheggio dietro la scuola; quando la vide esitare, capita la sua difficoltà, le propose di ‘darle uno strappo’; lei esitò un attimo, perché il giovane collega le aveva più volte fatto capire che una ‘bottarella’ gliel’avrebbe data volentieri; ma le tensioni tra lei e Mario ancora non erano arrivate al punto di scopare col primo venuto solo per tigna o per ripicca; l’altro scherzando le assicurò che sarebbe stato correttissimo.
    Dall’uscita posteriore dell’edificio erano pochi passi, fino all’auto; li fecero con la massima rapidità e si rifugiarono nell’auto che li accolse col tepore che aveva conservato; la situazione di intimità e di precarietà, in un ambiente buio e senza nessun movimento di macchine fece sì che si trovarono assai vicini e vogliosi, contro i razionali impegni formali; Luisa non fermò il ragazzo che l’abbracciava e la baciava con un’intensità che le parve assolutamente nuova, nella dimensione di trasgressione che stava vivendo.
    Ricambiò il bacio con altrettanta lussuria e avvertì con libidine crescente le mani che svariavano sul corpo, prima da sopra i vestiti, poi, insinuandosi nel reggiseno, da sopra, e sotto l’abito, fra le cosce fino a raggiungere il perizoma, spostarlo e insinuare nella figa due dita, che catturarono insieme il clitoride e lo sollecitarono in una masturbazione che la condizione di trasgressione e di emergenza rese particolarmente eccitante.
    Luisa aveva già deciso di fare cadere una prima diga e di lasciarsi andare alla lussuria; per il momento, fissava ancora dei paletti e sarebbe arrivata fino a prendere il sesso in bocca e deliziare il giovane amante con una sapiente fellazione, quelle di cui Mario l’aveva resa autentica maestra in una decina di anni, tra matrimonio e preliminari; se le cose si fossero evolute in una certa direzione, non escludeva di saltare il fosso e di arrivare a veri tradimenti.
    Non perse tempo e si avventò immediatamente sul cazzo; per lei era la prima volta fuori dal matrimonio, ma contava che limitando il rapporto, facendo leva sulla voglia che le era montata e soprattutto accettando la cosa come la trasgressione che da anni sognava, non avrebbe avuto difficoltà a trattare quel membro con il debito riguardo; in più, il ragazzo le dava la sensazione di essere, se non vergine, quanto meno poco abituato; e questo poteva darle un certo vantaggio.
    Piegata sul suo ventre, raggiunse col viso la verga; prese il pantalone con le due mani sui fianchi e lo abbassò di colpo portando alla luce il bestione che aveva intuito che le balzò di colpo davanti al viso, anzi direttamente sulla bocca; le bastò cacciare fuori la lingua per sentirne già il sapore acre che le penetrò nel cervello; socchiuse dolcemente le labbra e lasciò entrare per pochi centimetri la cappella; con la lingua cominciò a stuzzicare il buchetto dell’uretra e a lambire la cappella tutta intera, prima facendola entrare quasi tutta in bocca e poi portandola fuori per muovere più agevolmente la lingua intorno.
    Cominciò allora la più straordinaria fellazione della sua vita; con la destra teneva il membro alla radice cercando di regolare la penetrazione in bocca; percorreva con le labbra l’asta per linee esterne accarezzandola in ogni dove, per aprirle poi e farla penetrare in bocca tutta, fino alla gola, fin dove reggeva senza problemi; altre volte giocava a far entrare e uscire dalle labbra la cappella leccandola contemporaneamente e solleticando soprattutto il frenulo, la parte delicata coperta dal prepuzio e il buchetto dell’uretra.
    Mentre con grande passione leccava, succhiava e mordicchiava, si sentì prendere per la nuca e lui cominciò la sua copula; tenendola vigorosamente ferma, il ragazzo cominciò l’andirivieni in bocca spingendo la cappella profondamente in gola, obbligandola a una lunga salivazione che lubrificava efficacemente e qualche volta provocava conati di vomito che la obbligavano a interrompere la manovra.
    Quando il suo piacere arrivò allo spasimo, sentì che spingeva con maggiore violenza il sesso nella gola e che cominciava a tremare con tutto il ventre e con le gambe, segno evidente di un’eiaculazione che arrivava; pensava che a quel punto si sarebbe fermato e l’avrebbe fatto eiaculare fuori; ma, in parte perché le teneva la testa ben saldamente bloccata, in parte perché voleva portare fino in fondo la sua esperienza, continuò a succhiare e leccare anche quando gli schizzi di sperma le esplosero in bocca quasi con violenza; a stento riuscì a trattenere in bocca prima di ingoiare.
    L’emozione fu assai intensa, non solo e non tanto per il piacere provato nel succhiare con tutta la passione di cui era capace un cazzo inedito, nuovo, decisamente stimolante, ma anche e soprattutto perché la sfida, che stava lanciando con quella trasgressione, la metteva in condizione di opporsi all’onnipotenza di suo marito, che si sentiva forse investito di un potere divino; per la prima volta da quando si conoscevano ebbe la sensazione di poterlo piegare alle sue voglie e dominare col sesso.
    Con questo spirito di sfida, di rivalsa e di dominio, ripeté più volte, nei mesi successivi, il gesto di succhiare cazzi in auto, scegliendo colleghi, amici e conoscenti con cui si appartava in parcheggi isolati dove si dava da fare per praticare le più belle, gustose e soddisfacenti fellazioni, ricavandone sempre il plauso e la soddisfazione somma dei partner occasionali; lentamente, si convinse che in quel modo poteva esprimere davvero il suo potere sul maschio e, in particolare, su suo marito.
    L’occasione per ‘saltare il fosso’ ed arrivare a scopare fuori dal matrimonio le venne da Nicola, un imprenditore del suo giro di amicizie; sapeva che non aveva mai incontrato il suo commercialista e si era solo avvalso dei suoi servigi per attuare manovre assai delicate di economia; poiché lei si era tenuta volutamente lontano dai maneggi di suo marito, neppure cercò di capire la natura dei rapporti, come non si preoccupò dell’apprezzamento che sentì fare a Mario quando conobbe per caso la moglie di lui.
    Un pomeriggio che, al bar di solito frequentato con gli amici, lui le manifestò gioiosa ammirazione per le forme piene, mature e intriganti, lo sfidò quasi scherzando a prenderla; l’altro la prese sul serio e in un niente la caricò in macchina e si diresse ad un albergo a pochi chilometri alla città, per evitare incontri problematici; solo quando erano per salire alla camera lei si rese conto di essere andata oltre ogni limite; ma era troppo tardi, ormai, per ripensarci.
    In camera, i gesti seguirono un rito che sarebbe presto diventato abituale; sfilò il vestito e lo lasciò scivolare a terra; restò in slip, avendo rinunciato ad altri indumenti; lui fu altrettanto rapido a spogliarsi del jeans, della maglietta e delle scarpe e le stava davanti, splendido nella sua bellezza apollinea col corpo giovane segnato da una muscolatura tonica ma non gonfiata, da un cazzo che, barzotto, valeva quanto quello di suo marito duro, da una bellezza quasi angelica per i riccioli biondi a circondare un viso regolare, gli occhi intensi e la bocca carnosa; lo abbracciò e lo avvolse in un bacio lussurioso.
    Ricambiò l‘abbraccio foga e sentì la lingua invadere la bocca, riempirla e perlustrarla tutta provocando intensa lussuria ed eccitazione notevole, testimoniata dai capezzoli che si erano fatti duri come chiodi; non aveva scopato molto, quella settimana, e la voglia era sicuramente tanta; accostò il pube al suo e appoggiò con una mano il cazzo alla figa facendolo strusciare sul clitoride che reagì da par suo provocandole un leggero orgasmo.
    Per un lungo tempo si abbandonò al piacere di sentirsi manipolare da lui che le divorava letteralmente la bocca e la lingua, succhiandola come un piccolo cazzo, mentre le mani artigliavano i glutei e strapazzavano le natiche; un dito scivolò verso l’ano e sentì la prima piccola penetrazione della giornata; continuò a baciarlo abbandonandosi al languore che il piacere le suggeriva; la spinse seduta sul bordo del letto e le intimò.
    “Succhiamelo!”
    Le piaceva sentirlo autoritario e impositivo, specialmente se lo confrontava con la sdolcinata arrendevolezza di Mario, suo marito, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti sedute di preliminari leccando, carezzando, titillando ogni punto erogeno fino a farla sentire esausta e svuotata di ogni forza, prima di decidersi a metterle in corpo la mazza che restava, imperterrita, dura come cemento anche per ore.
    Prese in mano il cazzo che la inteneriva per come, al tempo stesso, appariva fragile e delicato per rivelarsi poi duro e spietato quando sfondava; lungo almeno una ventina di centimetri, roseo del colore di un neonato, al centro leggermente incurvato verso l’alto, scappellato offriva un glande a fungo di impressionante spessore che amava moltissimo sentire penetrare in bocca e forzare la gola fino al vomito.
    Quando lo infilava in figa, doveva prima lubrificarla molto coi miei orgasmi, per non avvertire dolorosamente quella cappella violare il canale vaginale e penetrare fino in fondo, fino a colpire la cervice dell’utero; quando poi decideva di incularla, la preparazione era assolutamente indispensabile perché, anche se dal marito aveva preso nel culo una bella mazza, la sua la premeva sforzando lo sfintere e lei amava sentire piacere senza dolore, come per anni l’aveva abituata Mario.
    Accolse molto volentieri la mazza dura e la prese a due mani, una per reggere i coglioni grossi e gonfi, forse di sborra e di voglia; l’altra per masturbare l’asta tenendola ritta sul ventre; le smorfie di piacere che leggeva sul viso deformato dalla libidine le suggerivano i movimenti per farlo godere al massimo; appoggiò la lingua sul meato ed avvertì il sapore noto del precum che urgeva; strinse le labbra e spinse per farsi violare la bocca come una figa vergine.
    Con la lingua lo fece scivolare sulle gote e, strusciando la cappella sul palato e spinse verso l’ugola per ingoiarne al massimo; la scopò per qualche momento nella bocca e dovette frenare la mazza fuori dalle labbra per impedirgli di spingere fino a soffocarla; si dilettò per un tempo lunghissimo a scoparsi in gola col movimento della testa e, soprattutto, con un lavoro di lingua che ricoprì la mazza di saliva e la fece scivolare in fondo, finché riuscì un paio di volte a toccare con le labbra la peluria del pube.
    Lui la penetrò con violenza in gola, facendola salivare fino a gocciolare fuori dalla bocca e spingendo il cazzo fino a darle conati di vomito e sensazioni di soffocamento; per un tempo infinito la scopò in bocca e lo succhiò con passione; poi decise di fermarsi, sfilò il cazzo, la sollevò per i piedi e si inginocchiò accanto al letto con la bocca impiantata direttamente sulla figa; cominciò un cunnilinguo che lei sperò lungo e dolcissimo.
    Rivelando grande abilità, cominciò a leccare tutto il ventre, soffermandosi sull’ombelico con cui giocava volentieri, per passare lentamente sul monte di venere e aggredire la figa; prima lambì amorosamente le grandi labbra, poi le aprì con le dita e passò alle piccole labbra; le titillò con la punta della lingua e affrontò il clitoride che si era rizzato per effetto della stimolazione; catturatolo con il pollice e con l’indice, lo strofinò a lungo finché lei urlò per la sborrata.
    Poi appoggiò le labbra e lo succhiò a lungo, beandosi degli umori di orgasmo che sgorgavano dalla vagina; con l’abilità che gli suggerì, forte dell’insegnamento di Mario in queste cose autentico maestro, lo prese delicatamente fra i denti e cominciò un’altra stimolazione, un poco più aggressiva, che la inondò di piacere, scaricato in un nuovo orgasmo che bevve come un assetato.
    Fu lei a quel punto che lo spinse supino sul letto, gli montò sopra a sessantanove e lo ‘obbligò’ a continuare a leccare mentre lei prendeva in bocca il cazzo; lo fermava stringendogli la testa tra le cosce, quando preferiva essere lei a lavorarsi il cazzo dai coglioni alla cappella e scoparsi in bocca con tutta la mazza, fino ai peli; lo lasciava fare quando preferiva che fosse lui a leccare culo e figa, che gli si aprivano davanti come paesaggi di paradiso.
    La bloccò autorevolmente quando si rese conto che rischiava una sborrata precoce; si sfilò da sotto a lei e la lasciò carponi sul letto; si sistemò alle spalle e cominciò a succhiare e leccare, stavolta da dietro, tutto l’apparato sessuale offerto, anzi spalancato, davanti al suo sguardo e alla sua bocca; a spatolate larghe, percorse infinite volte il perineo, dalla figa al culo e viceversa, strappandole orgasmi quando si tratteneva con la lingua in uno dei buchi.
    La dolcezza della lingua che accarezzava la pelle la spinse ad abbandonarsi languida al piacere immenso che la pratica le dava; sentiva intanto che, per dare forza alla scopata, stringeva i capezzoli e scosse di piacere si aggiungevano ai brividi che venivano dalla bocca che tormentava il sesso; avvertì quasi in anticipo il movimento del corpo che si appoggiava al culo e la mazza che penetrava in figa, a pecorina.
    Nel silenzio generale si udiva solo lo sciaff tipico del ventre che sbatteva contro il culo e si sentì profondamente riempita perché il maschio spingeva come se dovesse far entrare in figa anche i coglioni; aiutava le spinte afferrando i lombi o i seni che pendevano, per gravità; piacere si aggiungeva a piacere; andò avanti a lungo; sperava che avesse una bella resistenza; intanto, si impegnava davvero allo spasimo.
    La scopò da quella posizione, poi la rovesciò su un fianco e continuò a pompare in figa; sentiva l’utero maltrattato dalle spinte della cappella contro la cervice, tutto il pacco intestinale spostato quasi verso lo stomaco; ma le sensazioni erano di piacere intenso, di orgasmo continuo e di sborrate che punteggiavano l’assalto; sembrava irrefrenabile, l’uomo, e lei si perdeva appassionatamente nella scopata più bella e lunga che ricordasse.
    Quando ritenne di avere smantellato abbastanza le reni con la lunghissima monta in figa, sentì che si sfilava, si allungava verso il comodino e prelevava il tubetto di gel che avevano appoggiato; quasi seguendo un copione, era il momento della più saporita e lunga inculata che potesse desiderare; con la punta del cazzo raccolse dalla figa abbondanti umori e li trasferì al buco del culo; ripeté l’operazione con un dito e lo infilò profondamente nel retto che lo accolse quasi deridendolo per la pochezza.
    Le dita diventarono due e si aprirono a ventaglio ruotando; lo sfintere cedette immediatamente la sua elasticità; per infilare tre dita e poi quattro, a cuneo, e farle ruotare, versò un poco di gel e lei si sentì aprire il culo fino al dolore; poi avvertì la cappella che passava l’ano e si spingeva in fondo nell’intestino; il ritmo classico dell’inculata da dietro la prese e spinse in direzione contraria per sentire il ventre fin sull’ano, tra le chiappe spalancate.
    La montò così per un poco e godevano entrambi mentre la mazza entrava in profondità, finché i coglioni picchiarono sulla figa, poi si ritirò fin quasi ad uscire completamente e, con una lenta progressione, rientrò dentro portando libidine e piacere; erano entrambi presi dalla passione del culo e godevamo infinitamente; amavamo molto, entrambi, l’inculata e lui le fece percorrere tutta la gamma delle ipotesi.
    Prima fu la volta della penetrazione da dietro classica, lei carponi e lui inginocchiato; poi la fece crollare su un fianco, le sollevò in alto la gamba libera e continuò imperterrito a pompare nel culo; intanto, una mano passava davanti e raggiungeva la figa che masturbava sapientemente; la seconda cavalcata in culo la deliziò moltissimo; la fece rotolare sull’altro fianco e riprese la spinta dalla nuova posizione; si abbandonò e godeva da matti.
    Fu una pratica lunga, quella nel culo; dopo forse un’ora il cazzo scivolava liberamente e indifferentemente in figa o nel culo, che si era assuefatto alla mazza ed ora la desiderava sempre più a fondo; le chiese in un soffio di voce se poteva sborrare dentro; gli disse senz’altro di sì e finalmente gli spruzzi di una sborrata lunga e sapida le colpirono con sferzate all’interno del ventre; ad ogni spruzzo corrispose un orgasmo e si sentì vuota, alla fine, mentre crollava sul letto inchiodata col cazzo nel culo.
    Quando l’asta si svuotò e si ridusse di volume, delicatamente la lasciò scivolare fuori e sentì la sborra che scorreva dal culo sulle lenzuola; si accarezzarono con dolcezza e restarono per qualche minuto immobili a riprendere vigore; appoggiò la testa sullo stomaco e titillava con la lingua, delicatamente, il cazzo barzotto, in attesa che riprendesse energia e la sfondasse ancora; nella calma del momento, le riprese la rabbia contro il marito; ma fu solo un momento passeggero.
    Abbandonò i pensieri di lotta impegnativi e tornò a dedicarsi allo stallone che ormai aveva recuperato le energie ed era pronto a dare vita ad una nuova fase di quella grande scopata; si stese supina al centro del letto e lo invitò a sedere sullo stomaco, col cazzo piantato tra i seni; il caprone non ebbe bisogno di ulteriori indicazioni e si preparò alla ‘spagnola con pompino’ che con altre aveva già avuto modo di sperimentare con gusto.
    Appoggiò tra i seni il cazzo, di nuovo duro e ancora viscido del gel dell’inculata; lei raccolse le mammelle, che per la posizione si erano leggermente appoggiate ai lati, e le portò a stringere in una dolce morsa di soffice carne la mazza che reagì inalberandosi; stringeva i globi intorno al cazzo e si titillava i capezzoli; lui si spingeva in avanti col corpo e faceva scivolare il cazzo tra i seni, fino a toccare con il glande il mento; lei piegò la testa, tirò fuori la lingua e lambì il meato.
    Trovarono istintivamente la coordinazione; mentre lui spingeva il corpo intero a scivolare su lei e portare il cazzo alla bocca, lei piegava la testa, con sacrificio della cervicale, e faceva in modo da ricevere in bocca almeno l’intera cappella; intanto, le strofinava tra le dita i capezzoli e le procurava un ininterrotto ed intenso piacere che più volte culminò in sborrate di media forza; non ci mise molto, l’uomo, ad avvertire che la sborrata gli premeva dalla prostata; frenarono il giochetto a ritardare l’orgasmo.
    Passarono sollazzandosi con il sesso tutto il pomeriggio fino a sera; lo stallone la titillò e la scopò a lungo in ogni modo, mettendo in pratica tutto quanto sapeva; passò la mazza sulla pelle di tutto il corpo; le riempì più volte tutti i buchi, culo figa e bocca, la sditalinò a lungo e le fece il classico ‘pigiama di saliva’ leccando ogni punto, dai capelli alla punta dei piedi; non se ne stette ferma a farsi scopare ma manipolò, leccò, succhiò, morse, prese in ogni buco il cazzo ritto.
    Alla fine della performance, non era in grado di dire quante volte avesse sborrato; moltissime, senza dubbio, di cui almeno una decina ad alto tasso di libidine, con urla disumane di piacere; lui limitò le sue a tre con eiaculazione, la prima nel culo, la seconda nella gola, dopo un pompino durato un tempo interminabile, e l’ultima in figa quando la scopò alla missionaria, proprio al momento di uscire dalla camera perché voleva portarsi a casa la sborra in figa, forse in spregio al cornuto suo marito.
    Quella prima sconvolgente scopata fu come una diga che cedesse e lasciasse scorrere nella valle una fiumana d’acqua che invadesse tutti gli angoli possibili; dopo quell’esperienza, Luisa si ‘costruì’ quattro relazioni parallele, con amici del suo primo amante, e stabilì un ritmo di due scopata a settimana, a cui si aggiungevano i pompini anche a colleghi; evitò sempre accuratamente di dare spazio ai ragazzi, anche quelli quasi maggiorenni e dotati di belle mazze, per non creare casini nell’ambito dell’insegnamento.
    Apparentemente, Mario non si occupava della vita di sua moglie e glissava su tutto, anche sulle voci che correvano sulla sua spregiudicatezza; quello che lei non sapeva, era che in realtà aveva avuto da subito vaghi sospetti; aveva incaricato un investigatore di appurare i fatti ed aveva evitato anche di parlare chiaro con lei per non fare scoppiare uno scandalo che avrebbe influito pericolosamente sulle sue attività, specie quelle meno lecite.
    Si riservava però di agire quando fosse risultato inevitabile; in quel caso, sapeva perfettamente che non poteva fare sconti e a malincuore avrebbe dovuto fare intervenire personaggi ‘border line’ con cui era quasi di necessità obbligato a lavorare; tentò più volte di far aprire gli occhi a Luisa, ma ne ricevette risposte tanto volgari e indisponenti che decise semplicemente di ripagare della stessa moneta; oltre a ricambiare con altrettante corna, intrecciò una vera storia d‘amore con la moglie dell’ultimo amante della sua.
    Trascorsero così noiosamente gli anni con una progressiva e ineluttabile separazione, anche nel letto, dei due coniugi.
    Uno dei mast della loro convivenza era la vacanza estiva; Luisa aveva determinato che rinunciava a qualunque attività didattica da metà giugno ai primi di settembre; trascorreva così più di due mesi in una località balneare della vicina costiera; Mario non poteva mollare la sua attività per tanto tempo e si limitava a raggiungerla ogni fine settimana e per tutta quella a cavallo di ferragosto; l’albergo scelto era rimasto lo stesso per tutti gli anni che lo frequentarono.
    La conseguenza fu che per l’intera settimana lei si divertiva a cercare amanti diversi con cui passare notti di fuoco nella suite che avevano prenotato e che risultava alla fine, se non la stessa, almeno assai simile; la presenza di Mario nei fine settimana imponeva un stop alle sue avventure di sesso per il tempo risicato in cui lui si fermava al mare; ormai Luisa era nell’ordine di idee di calpestare la dignità del marito in ogni modo e, nei mesi di soggiorno, si passava tutti i maschi che poteva.
    I quattro amanti fissi erano invitati a raggiungerla nei giorni infrasettimanali, con un calendario prefissato, per mantenere in piedi il palco di corna che lei aveva stabilito; quello che a lei sfuggiva era che suo marito la ricambiava di un trattamento identico, con tutte e quattro le mogli dei suoi montoni e l’aggravante che la relazione con Elvira, moglie di Luigi, l’ultimo ‘acquisito’ nella schiera degli amanti solo un paio d’anni prima, era d’amore e non di semplice passione, avendo intrecciato con lei una storia profonda e significativa, al punto che parlavano persino di fare un figlio, ipotesi che la moglie legittima aveva sempre respinto con durezza.
    Anche quell’anno le cose ebbero lo svolgimento solito, lei al mare per due mesi e più, lui a fare la spola tra lavoro e soggiorno marino; le sue frequentazioni con Elvira, a giorni alterni, non figuravano da nessuna parte; Luisa invece, spudoratamente come sempre, ‘spompava’ tutti i maschi che capitavano a tiro della sue rete e metodicamente si appartava coi suoi amanti classici, opportunamente invitati in maniera da non creare nessuna difficoltà.
    Quell’estate, però, lei aveva deciso che avrebbe raggiunto l’apice della sua perversione e, per l’ultimo sabato del mese, aveva deciso di incontrare insieme i quattro amanti e il cornuto; allo scopo, organizzò un dopocena nella sua camera, a cui invitò i quattro che ingenuamente si fidarono e aderirono; solo Mario ebbe qualche perplessità, quando lo avvertì che dopo cena sarebbero venuti degli ‘amici’; subodorò una qualche trappola ma, ormai rassegnato, subì.
    Le perverse intenzioni di lei furono chiare fin da quando si sedettero tutti e sei nell’elegante salotto di cui l’alloggio era dotato; lei prese posto tra due amanti su un divano ampio, tenendo a fianco, sulle poltrone ai lati, gli altri due; Mario fu invitato a sedere sul divano di fronte e a godersi lo spettacolo che lei aveva preparato apposta per lui solo; prima di avviare il balletto che si riprometteva, lo prese in disparte e lo avvertì che quella sera gli avrebbe imposto finalmente il suo punto di vista.
    Lui aveva creduto, col potere economico e sociale, di metterla sotto, di imporsi come protagonista della loro vita; di trasformarla in ‘bambola da esibire’ nelle occasioni mondane senza concedere niente alla sua voglia di esibizione da dominatrice; la sua scelta era stata quella delle corna per dimostrargli e convincerlo che, con i mezzi opportuni, tutti potevano esercitare il potere; lei aveva quello della figa e lo esprimeva; se lui se ne andava, avrebbe subito la violenza della sua opposizione.
    Seduto sul divano dove era stato relegato, lontano dal cuore della serata, guardò sua moglie che si avviava sculettando verso i quattro ospiti, suoi amanti fissi, e farsi prendere per la vita dal più ‘anziano dei quatto, quel Nicola che era stato il primo, cinque anni prima, a corteggiarla e portarsela a letto in un momento in cui la crisi di coppia aveva reso lei molto disponibile ad accettare immediatamente la proposta di adulterio.
    Come se stesse guardando a cinema un film scadente di sesso mal recitato, osservò le manovre del maschio per stringere contro il ventre la figa di lei; vide nettamente, dalla posizione in cui si trovava, la mazza farsi dura e picchiare contro il ventre, protetto solo dall’abitino estivo che non copriva niente e sottolineava le forme abbondanti di lei; colse dall’espressione del volto il piacere che contro il clitoride stimolava la mazza che strusciava come nei coscialini degli adolescenti.
    Luisa gli rivolse uno sguardo irridente e fece con una mano il segno delle corna, ad evidente mortificazione del marito cornuto; non colse segnali di intesa tra i maschi, ma gli altri tre si alzarono e crearono uno strano girotondo con le mani che palpavano la sua donna; vide l’abito scivolare a terra agevolmente e le carezze farsi esplicite e stimolanti, tra le cosce, sui seni, nel culo e in tutto il corpo; non capì chi dei quattro fosse più abile a stimolarla, ma registrò gli urli di orgasmo di lei.
    Mentre la osservava con una smorfia di schifo, gli si accostò proprio Luigi, marito di Elvira, che lui incontrava fisicamente per la prima volta, come era per gli altri; il dato surreale della vicenda, infatti era che il suo studio aveva il totale controllo e l’illimitata fiducia dei quattro ‘cornificatori’ ma non si erano mai incontrati direttamente e ignoravano la conformazione fisica di tutti gli altri; Luisa aveva evitato in tutti i modi di presentare lui come marito.
    “Ho visto che eri qui prima di tutti; già te la sei scopata?”
    Rispose con un grugnito incomprensibile; si limitò a guardarlo inebetito e accettò di bere insieme una birra mentre Luisa si scatenava nella sua performance; il telefono squillò; era Elvira; si appartò e parlarono.
    Lei comunicò che era sola perché il marito era dall’amante; lui le disse che l’aveva a pochi metri, visto che la moglie aveva offerto ai lui lo spettacolo dei quattro in contemporanea; poiché non capiva, le illustrò la situazione nell’evoluzione più recente; lei gli chiese se potevano passare insieme la domenica, in assenza degli adulteri; le promise che nella stessa notte, sarebbe rientrato in città e che l’indomani sarebbero andati in giro per una passeggiata culturale e vacanziera, da stupidi ragazzi innamorati; gli scoccò un bacio.
    Dopo il ‘preludio con girotondo’ degli amanti che la palpavano da ogni lato, sua moglie si scatenò nella più offensiva ed esplicita scopata di cui era capace; e dimostrò concretamente che era una puttana di grande esperienza; la vide stendersi per terra e farsi sbattere in figa dai quattro, uno per volta; forse tutti le sborrarono dentro; subito dopo, cominciò la giostra delle doppie; uno si disponeva seduto sul divano e le offriva il cazzo che lei prendeva in gola fino in fondo, carponi come una cagna davanti al cazzo.
    Dietro di lei, un altro la infilava con una notevole mazza in figa o forse nel culo; andavano avanti a lungo, poi si scambiavano di ruolo e giravano tra bocca e figa finché tutti e quattro la ebbero scopata in entrambi; ma la lussuria di Lisa non era soddisfatta; invitò uno a stendersi supino sul pavimento e lo montò a cavallerizza; spostando abilmente il corpo, portò il culo più in alto possibile e incitò un secondo ad incularla mentre l’altro le riempiva il canale vaginale; un terzo era sollecitato a scoparla in bocca.
    Anche in questo gioco di sesso i quattro si alternarono nella funzione e la scoparono successivamente nei tre buchi; lei sembrava instancabile ed irridente, non solo nei confronti del marito a cui dedicava il segno delle corna, ma anche ai quattro coi quali sembrava avere ingaggiato una gara di resistenza alle violenze del sesso; quando si concluse anche questo tourbillon di cazzi dappertutto, Luisa ebbe un piccolo cedimento e si fermò quasi a prendere respiro.
    Più volte, nella kermesse che andò avanti per ore, lei si fermò per un attimo, ma non cedette le armi e, durante il relax, si dilettò a succhiare i cazzi alternativamente; ne infilò in bocca anche due contemporaneamente e li portò assai vicino all’orgasmo, con la gola profonda e la lingua guizzante; l’ultimo oltraggio dedicato esplicitamente a Mario fu farsi inculare dall’amante sdraiato a terra e ricevere nello stesso buco la mazza enorme di un altro amante; per il marito fu la fine di ogni pazienza.
    Benché al corrente di tutte le iniquità commesse dalla moglie negli anni, Mario non poteva sottrarsi al senso di nausea che lo colse guardando sua moglie districarsi da autentica puttana tra quattro cazzi che la riempivano contemporaneamente in tutti i buchi; già lo aveva stomacato lo spettacolo di lei che scopava individualmente con ciascuno di loro; la visione di lei che li accoglieva e godeva di averli tutti insieme gli diede assai fastidio; ma resse fino a quell’ultimo oltraggio.
    Si sorbì la scena di aberrazione sessuale fino in fondo; avvertì Luigi di comunicare a Luisa, quando avesse chiesto, che era tornato al lavoro da cui non poteva staccarsi a lungo per una troia; sapeva che sarebbe stata la ferita peggiore che poteva infliggere all’orgoglio ferito di lei; poco prima di mezzanotte, uscì alla chetichella, montò in macchina e guidò nervosamente fino a casa; passò la domenica con l’amata e ne fu felice.
    Mario trascorse le due settimane successive a perfezionare il suo progetto di rivendicazione e mise in moto tutto il personale di cui poteva disporre per arrivare a delineare gli organigrammi che aveva in mente; chiamò in studio Elvira e la mise a parte dei suoi propositi; lei aveva alcune perplessità, ma dovette consentire che le scelte fatte da lui erano le più coerenti con le sue idee e con la maggiore prospettiva di successo; il primo a essere convocato fu Luigi.
    Si precipitò, col timore che qualche impaccio fosse sorto nella gestione del suo patrimonio che aveva affidato a quello studio; dopo una breve attesa, fu fatto accomodare nello studio del principale; la prima sorpresa la ebbe quando si trovò faccia a faccia con il capo dell’ufficio e riconobbe in lui Mario, che si rivelò solo allora come il marito cornuto e impotente della puttana che si era scopato con gli altri tre; subito dopo, il sobbalzo fu fisico quando vide, seduta sulla poltrona d’onore, sua moglie Elvira.
    Fu proprio lei a spiegargli che Luisa era un’adultera forse anche vagamente ninfomane che aveva inventato contro Mario tutte le maldicenze con cui si erano ampiamente ‘lavati la bocca’ lui e i maiali suoi complici; assicurò che aveva personalmente sperimentato, come le mogli dei suoi amici, l’effettivo valore come amante, forse insostituibile, del loro commercialista più diffusamente conosciuto come ‘economo’ di moltissime aziende e gestore delle loro malefatte ai danni dell’erario.
    Ciliegina sulla torta, lo avvertì che con le altre Mario aveva stabilito una serie di incontri amorosi a compensazione di quelli sessuali di sua moglie coi mariti; dal momento che tra loro due, sin dal matrimonio, c’era stato solo un affetto dolce e tenace senza amore, adesso lei era innamorata perdutamente di quello che negli ultimi due anni era stata il suo compagno, al punto che, per sopperire ad una carenza del loro matrimonio, avevano deciso di avere un figlio, che lei già aspettava.
    Luigi ebbe bisogno di un lungo periodo per ‘digerire’ le novità; poi teneramente ricordò alla moglie che il loro affetto non aveva avuto bisogno di picchi d’amore per creare una situazione di armoniosa serenità utile a tutti; sapeva da sempre di non essere in grado di fecondarla, anche se per pudore non ne parlavano; sapevano che presto avrebbero scelto tra adozione, inseminazione artificiale e maschio surrogato; visto che stava vivendo un stagione d’amore, per lui andava benissimo.
    Le chiedeva solo di non rompere il tenue legame che li univa da molti anni, non sarebbe intervento sulla paternità legittima del figlio che Mario poteva reclamare e lei consentire; ma chiedeva di essere padre putativo di un figlio di sua moglie; i due si guardarono poi lei rispose che non poneva nemmeno come lontana ipotesi il divorzio, né tra loro né di Mario con Luisa, che avrebbero scelto secondo coscienza; invece gli ulteriori sviluppi del progetto avrebbero assunto un grande significato.
    A quel punto, fu Mario a chiarire che i suoi legali erano all’opera per far assegnare alle mogli la metà dei patrimoni dei mariti grandi caproni; era la punizione che aveva deciso per ritorcere anni di corna con l’aggiunta di gravi offese alla sua dignità; poiché solo lui disponeva dei codici per accedere a conti esteri che avevano accumulato negli anni, reclamava, per la loro cessione, il cinquanta per cento delle azioni che loro rimaneva.
    L’operazione includeva anche i debiti che avevano provocato con un’avventata gestione delle aziende e che una Società che faceva capo a lui aveva rilevato; con quella soluzione, lasciavano il posto tenuto da sempre e sarebbe stata il nuovo organigramma a deciderne la sistemazione in accordo coi sindacati; il ruolo di Amministratore Delegato sarebbe passato alle signore che godevano del suo affetto e della sua fiducia; se ci fossero state reazioni, la parola poteva passare al personaggio noto come ‘l’esattore’.
    Ad Elvira che pareva stupirsi dell’affermazione, suo marito spiegò che, nel giro delle amicizie più o meno turbolente dell’ambiente, c’era anche un personaggio ambiguo incaricato di riscuotere i crediti dei boss, insomma un killer prezzolato pronto anche a torturare ed uccidere; per questo, era conosciuto anche come ‘vendicatore’, ‘torturatore’ o ‘macellaio’ perché faceva tutto il male immaginabile sempre col sorriso sulle labbra.
    A Mario comunicò che per lui la soluzione andava bene; chiese solo ad Elvira, quando avesse preso le redini dell’azienda, di non umiliarlo troppo nella destinazione; Mario suggerì che, in caso di pacifica discussione, un ruolo da dirigente di area poteva andare a pennello; avvertì la donna che, quando fosse nato suo figlio, il padre genetico e legittimo gli avrebbe intestato le azioni del padre putativo e lei, affidataria del figlio, avrebbe avuto la totale proprietà dell’azienda.
    Per completare i chiarimenti sulle loro posizioni, Elvira avvertì Luigi che avrebbe continuato a vivere con lui e col figlio, per suo marito solo putativo, ma che non avrebbe rinunciato ad incontrare spesso l’uomo che amava non solo nelle funzioni pubbliche di dirigenti della stessa azienda ma anche a soprattutto nei rapporti d’amore che non intendeva cancellare e che non erano solo sesso ma grande intensità di sentimenti e di emozioni; Luigi ribatté che certi elementi erano impliciti.
    Restava da fare chiarezza con gli altri tre e con Luisa; Luigi suggerì che si mettessero le carte in tavola in occasione della festa orgiastica che Luisa stava preparando anche per la fine di agosto; Mario gli chiese di anticipare i discorsi, per evitare uno scontro che poteva avere conseguenze assai dure se fossero intervenuti i boss con l’esecutore materiale dei loro ordini, sul quale non si poteva fare nessun affidamento per riflessioni pacifiche, vista la tendenza a cercare il sangue appena possibile.
    La telefonata allo studio lo sorprese; sua moglie, non essendo riuscita a contattarlo per il blocco di chiamata imposto al suo numero, si era rivolta al centralino, in atteggiamento umile che aveva sconvolto anche l’impiegata, per dire che aveva urgente bisogno di parlare col marito; fece il suo numero dal telefonino e bruscamente le impose di dire l’essenziale, perché il lavoro gli premeva più della sua perfidia; gli chiese solo di raggiungerla in serata per chiarimenti.
    Trovò seduti nel salotto della suite i suoi quattro amanti; Luigi fece da moderatore e comunicò che aveva avvertito i tre dei pericoli connessi alle loro scelte; aveva comunicato anche le sue, simili a quelle imposte ed accettate da lui; i tre non avevano potuto fare altro che subire le condizioni imposte, per non perdere anche i capitali imboscati, colla sua complicità, in banche off shore, dopo aver dovuto rinunciare alle aziende da passate alle mogli con richiesta di divorzio già attivata.
    Li invitò a presentarsi dal notaio per redigere gli atti conseguenti; confermò che, per chi lo desiderasse, era possibile mantenere un ruolo da piccolo dirigente nelle fabbriche cedute; dichiarò che non avrebbe dato nessun sostegno a chi avesse voluto reinvestire i beni accumulati; se le cose non fossero andate dritte per il corso preventivato, avrebbe fatto ricorso a tutto il suo potere per impedirgli qualsiasi attività a costo di far intervenire ‘chi di dovere’.
    Il discorso finanche troppo chiaro anche per le parti misteriose solo adombrate li persuase rapidamente; sparirono immediatamente e li lasciarono soli.
    “Hai vinto un altro scontro ... Complimenti ... Sei sempre il più forte e mi sono spezzata io le corna contro il tuo potere e la tua calma ... Per noi, che hai deciso?”
    “La richiesta di separazione legale senza oneri è stata già stata messa a ruolo e, se non fai obiezioni in una settimana sarai libera da quella che consideri la mia oppressione e di esibirti come preferisci piegata a pecorina tra due amanti o sdraiata a terra con quattro montoni addosso! ... Ti consiglierei di non azzardare strane follie, se non vuoi trovarti a pagare assai di più le tue levate di testa; talvolta le corna sfondano il ventre del torero, sai?; non vorrei che ti succedesse niente di spiacevole ... “
    “Luigi ha parlato chiaro, anche degli accordi tra te, lui e sua moglie; tutte te le sei scopate, con la solita discrezione ed eleganza ... Dimmi, ce ne sono altre che ridono alle mie spalle sulle corna che mi hai fatto con loro?”
    “Nessuna delle quattro ride sulle tue o sulle proprie disgrazie; un paio di famiglie si sfasciano; due devono fare i conti con una nuova realtà umiliante, specialmente per i figli innocenti; al centro ti esibisci ancora tu; hai almeno un vago sentore dei casini che hai combinato? Hai provato a fare il conto del male che hai fatto?”
    “Mario, fammi il favore di accelerare la separazione; vattene e lasciami in pace; oggi ho capito quali rischi ho corso, se denunciavi ai tuoi amici innominabili le offese che ti arrecavo; ho capito anche, finalmente, che in tribunale i miei abusi sessuali non avrebbero inciso sul divorzio, ma rischiano di distruggermi professionalmente; sto ancora leccandomi le ferite; non passarci il sale, per favore; almeno questo posso chiederlo alla tua correttezza; lasciamo stare l’amore che non c‘entra affatto ... “
    “Che ha a che fare l’amore con queste vicende di corna, di immoralità, di perfidia?”
    “Non scandalizzarti; io ti amo; tu non l’accetterai mai, perché tu vedi un unicum di amore e di passione; io invece considero l’amore un sentimento vero e profondo che do solo a un uomo, quello che ho scelto come compagno tanti anni fa; con gli altri uso solo il sesso per rispondere ai tuoi oltraggi; ma tu hai sempre un’arma segreta ed io non sono capace di piegarmi a chi aveva scelto di servire i miei capricci; non ho mai tradito l’amore per te; ho solo scopato; per te la cosa è diversa; meglio vivere lontani.”
    “Visto che siamo alle confessioni, ho scoperto che posso dare amore anche per il tempo di una scopata; con le mogli dei caproni ho passato serate meravigliose, senza considerare quelle di amore vero con Ersilia; ora so che posso avere una vita di avventure sessuali; una famiglia con un figlio ed una donna affettuosa; alla fine, nella peggiore delle ipotesi, l’eredità aiuterà Luigi ed Ersilia ad accettare di lasciarmi trascorrere la vecchiaia con loro e con mio figlio; non vedo un futuro brutto, davanti a me ... “
    “Non sei proprio riuscito ad allestire, nei tuoi progetti, lo spazio per una bambina capricciosa e tignosa che adesso avrà davanti solo una prospettiva di pentimenti e di lacrime? Perché non provi a pensare in questa logica?”
    “Perché nelle scelte difficili ho bisogno di una confidente affidabile; tu non puoi esserlo, per troppi motivi ... “
    “Ciao, Ersilia, sono Luisa ... No, non voglio parlarti di tuo marito né degli altri caproni; voglio cercare di recuperare la mia vita di coppia ... Lo so anch’io che dipende da Mario ma lui ha bisogno di sfogarsi con qualcuno che ama ... Sei tu la persona a cui chiederà consiglio ... Vorrei che mi fossi amica e lo guidassi a recuperare con me ... No, è vero! So che ti ama, so che si farà guidare e ti starà a sentire ... Davvero accetteresti di tutelarmi? ... Non influenzerò la vostra relazione; voglio solo riprendermi una piccola parte di quello che ho sprecato ... Lui è qui vicino; vuoi parlagli? ... Lo farai quando torneremo in città? Bene, prepara anche del buon caffè; verrò a berlo a casa tua e mi dirai onestamente come saranno andate le cose. Ciao e grazie di tutto.”


    Se mai questa storia l'avessi scritta io, Luisa non sarebbe sopravvissuta; Mario l'avrebbe già ammazzata quando lei gli fa l'orgia selvaggia con i suoi amanti. Nella realtà una così non merita di vivere. Ma tu sei fin troppo buono, e le lasci persino la possibilità di diventare amica della donna che Mario ama. No! Io l'avrei data in pasto all'esattore e dopo una lunga tortura sessuale l'avrei fatta sparire per sempre. Un racconto bellissimo che ho letto solo per sapere come l'avrebbe punita; invece, le ha dato un premio alla fine. Ti prego amico Genio, se devi essere spietato siilo fino in fondo!!!
  5. .
    Ci conoscevamo sin dal Liceo, io ed Elettra; di un paio d’anni più grande, feci la maturità mentre lei ancora era in prima; ma avevamo già cominciato a frequentarci, a scoprire insieme l’amore e il sesso; mi iscrissi a Giurisprudenza e lei mi seguì due anni dopo; versatile e creativo, ma decisamente discontinuo, mi dedicai poco allo studio e, appena se ne offrì l’occasione, accettai un posto da impiegato di banca.
    Elettra era sicuramente più metodica; non a caso, al liceo era soprannominata ‘Biancanove’, per il candore del personaggio e per la tenace volontà di raggiungere ogni volta il massimo dei risultati; anche all’Università, impegnò tutta se stessa nello studio e riuscì a concludere il ciclo nei tempi previsti dal piano; fece un brillante tirocinio presso uno studio qualificato e, subito dopo, ne aprì uno suo personale costruendosi una credibilità indiscussa.
    Arrivati al punto in cui la serenità economica e sociale era garantita, decidemmo di sposarci e per qualche anno le cose procedettero in perfetta armonia; avevo acquistato, con un mutuo oneroso, un appartamentino in centro, adatto alle nostre necessità; per decisione unanime, stabilimmo il regime di beni separati, in realtà perché mi sentivo assai più forte economicamente e, in caso, di rottura, non volevo rogne; Elettra non fece obiezioni.
    Col passare del tempo, la situazione si andò modificando; i successi in tribunale di lei divennero anche fonte di guadagni sempre maggiori e lei acquistò, per se stessa, alcuni appartamenti vicini, resi poi comunicanti, in altro edificio della prima periferia, in nuove urbanizzazioni che spostavano il centro della città; continuava a vivere nel mio appartamento, benché l’acquisto le consentisse di disporre di uno studio assai ampio, con personale apposito, e di un appartamento bene arredato.
    Probabilmente, fu la presa di coscienza di essere diventato quasi subalterno al suo potere, soprattutto sociale, ad indurmi a guardare con un interesse particolare alle belle colleghe che mi giravano intorno nonché all’entourage di amiche che frequentavo fino a diventare un autentico ‘cacciatore di vagine’, famoso in ogni ambiente per non sbagliare quasi nessun colpo; assai difficile, quando puntavo una, che mi scappasse; di solito finiva in una rapida copula; qualche volta in una breve storia.
    Le reazioni possibili di mia moglie mi interessavano poco; nella logica ereditata dalla provincia di origine, era un mio diritto cercarmi i diversivi dalla routine del matrimonio; lei continuava impassibile a svolgere la sua attività, tra studio e casa, mietendo successi ma inducendomi a perdere per lei qualunque interesse; nella mia ottusa convinzione di arbitrio assoluto, neppure mi sfiorava l’idea che lei potesse in un qualche modo ricambiare il mio disinteresse.
    La prima a rimanere colpita dalle mie attenzioni fu una cassiera molto procace e disinibita, famosa per le minigonne vertiginose che ostentava in ufficio e fuori, con l’evidente intento di far notare le sue gambe scultoree su cui si innestava un sedere da favola; il seno ricco e prosperoso veniva sottolineato da camicette molto aperte, senza reggiseno, che offrivano larghi squarci del suo ‘balcone’ anche ad un’occhiata fugace.
    A completare il quadro, il viso ben disegnato, circondato da un’aureola di capelli neri sempre pettinati in modo da inquadrare la sua bellezza, il nasino birichino, alla francese, e una bocca carnosa, sottolineata sempre da un rossetto di colore acceso; le unghie laccate fantasiosamente e gioielli di ottimo gusto completavano l’aspetto di una donna fatta apposta per essere posseduta, dopo una eventuale cena in un ristorante di lusso; insomma, una femmina da copula.
    Paradossalmente, la beccai una volta che la vidi dirigersi ai servizi igienici della banca; la seguii immediatamente e, osservato che non c’erano estranei in giro, la spinsi decisamente verso il bagno dei disabili; non oppose nessuna resistenza, anzi aderì immediatamente, segno che si aspettava o desiderava il mio assalto; la baciai con voluttà e demmo il via ad un particolare gioco di lingue che la fece sbrodolare.
    “Non abbiamo molto tempo; prendimi!”
    Mi sussurrò all’orecchio; le sollevai un piede sul water, spostai il perizoma e le infilai di colpo il sesso duro in vagina; assorbì gli oltre venti centimetri del mio bastone con un lungo gemito di piacere, mi baciò lussuriosamente, mi strinse al torace il seno prorompente e cominciò a godere ad ogni spinta; la cavalcai per un poco, eccitandomi da morire alla presa dei muscoli del canale vaginale; quando esplosi, con un grugnito, la mia eiaculazione, lei si tappò la bocca per non far sentire l’urlo fuori.
    Da quella volta, cominciai a copularci tutti i giorni, prevalentemente dopo l’orario di chiusura; approfittando del fatto che mia moglie si tratteneva in ufficio fino a tardi, me la portavo a casa e copulavamo come ricci almeno per un paio d’ore ogni volta; per un paio di mesi fu la mia amante preferita e non mi preoccupavo di far sparire le tracce del nostro passaggio, nemmeno degli orecchini, dei perizoma o degli accessori che lasciava nel letto e che Elettra raccoglieva in silenzio.
    Nella mia frenesia sessuale, agganciai anche un’amica di mia moglie, sposata e insoddisfatta del marito; una volta che mi confidò le sue lamentele per la ‘distrazione’ di lui che, preso dal lavoro, non la possedeva mai, riuscii a portarmela a casa di un amico scapolo che mi lasciò le chiavi del suo appartamento, mentre lui era fuori per un viaggio, e ci passai un sabato e una domenica, consentendole solo di rientrare per la notte per non assentarsi dal letto matrimoniale.
    In quella due giorni di sesso, ottenni da lei tutto, compreso l’ano che il marito aveva sempre tenuto fuori dai rapporti sessuali perché la riteneva pratica da omosessuali; scoprii che aveva una voglia ed una capacità di succhiare l’uccello che il rapporto con suo marito non le aveva mai consentito di manifestare; per tutto il tempo, si limitò a farsi copulare a lungo e a dedicare una buona ora alla penetrazione anale che accolse come una novità assoluta; il tempo residuo lo passò col fallo in bocca.
    Quel ritmo forsennato andò avanti per molto tempo e mi dimenticai completamente di mia moglie che divenne meno importante delle sedie su cui mi sedevo; stavo pochissimo in casa perché trascorrevo mattina e pomeriggio in banca o con le compagne di lavoro; all’uscita, andavo al bar solito e lì cercavo sempre una conquista da realizzare o un’amica con cui copulare; normalmente, rientravo ad ore piccole; per non disturbare, me ne andavo nello studio, sul lettino.
    Non avrei saputo dire se mia moglie dormisse in camera o se vi facesse sesso con qualcuno; nella mia logica, un amante era fuori da ogni possibile immaginazione; che dormisse in casa, lo davo per scontato perché ‘doveva’ essere così; dimenticavo che aveva un altro appartamento, annesso allo studio, e che avrebbe potuto fare di tutto e di più, nella sua abitazione; la mia arroganza era tale che per mesi non la vidi ma non me ne curai affatto.
    “Ciao, Dario, finalmente ci si incontra!”
    Mi colpì come uno schiaffo la voce di mia moglie che mi sorprese alla festa organizzata da amici in una villa di loro proprietà; la guardai meravigliato; era straordinariamente bella, in un abito smeraldo che la fasciava delicatamente e ne sottolineava le forme piene e aggraziate; l’ammirai come se la vedessi davvero per la prima volta; mi chiesi ad un tratto dove fosse stata fino a quel momento; gli amici mi guardavano con aria sorniona.
    “Come mai sei qui?”
    “Sono un’invitata, anzi forse l’ospite d’onore!”
    “Che vuol dire?”
    “Non sai niente? Non hai ancora capito?”
    “Cosa dovrei sapere? Cosa dovrei avere capito?”
    “Mi pare che tu ti illuda ancora di essere mio marito … “
    “M’illudo? TU SEI MIA MOGLIE!”
    “No, caro; IO ERO, da mesi non siamo più niente; siamo separati di fatto e, se guardi la tua posta, dovresti avere ricevuto l’ingiunzione del tribunale che dichiara la separazione legale; è da mesi che vivo con Mauro nella mia abitazione annessa allo studio!”
    “Le ingiunzioni del tribunale non valgono la carta su cui sono scritte. Tu sei mia moglie ed hai dei doveri; in quanto al tuo amante, farà i conti con me!”
    Si erano avvicinati gli uomini della sicurezza; solo in quel momento mi si chiarì che il Mauro di cui parlavamo era il padrone di casa, un costruttore di grande potere, padrone di mezza città; da quel che mi aveva detto Elettra, da qualche mese era il suo uomo; di colpo, mi resi conto che non avevo rapporto da circa sei mesi con mia moglie, da quasi un anno non ci facevo l’amore e che lei non si era più vista in casa; anzi, io non l’avevo vista perché non mi ero preoccupato di cercarla; l’ingiunzione l’avevo cestinata senza leggerla.
    Tutto si bloccò perché il padrone di casa doveva fare degli annunci; il primo fu che aveva vinto uno dei tanti appalti per costruire un nuovo tribunale, su incarico del ministero; applausi scroscianti; comunicò che ufficialmente lui ed Elettra vivevano insieme e, ciliegina sulla torta, aspettavano un figlio; tutti si congratularono; a me, il bicchiere cadde dalle mani e si frantumò.
    Loretta, una delle mie scopamiche che era presente alla cerimonia, sorpresa dal gesto, mi venne vicino e cercò di parlarmi; mi sganciai con uno sgarbo e mi allontanai.
    “Vaffanculo.”
    Fu il saluto con cui mi accompagnò mentre uscivo; mi sedetti al posto di guida con la testa che mi scoppiava; appoggiai le braccia sul volante; mi tenevo la fronte e lasciai scorrere le lacrime sulla mia arroganza inutile.


    In questo breve racconto, il Genio ha voluto invertire i ruoli per gratificare anche la donne come Alfa in una coppia. Un racconto Breve ma incisivo.
    Che dire? Complimenti!!!


    GjCUYAR
  6. .
    Sono ormai dieci anni che Antonietta vive con me more uxorio; abbiamo cominciato a frequentarci quasi per gioco, presentati da amici comuni e, dopo qualche tempo, poco più di un anno, che ci frequentiamo, decidiamo di provare a vivere sotto lo stesso tetto cercando di conservare il meglio delle libertà personali e di non pestarci i calli; lentamente, ma decisamente, lei comincia a crogiolarsi nel ruolo della ‘compagna’ dell’avvocato abbastanza famoso per poter consentirle di non dover lavorare; praticamente ormai fa la bella vita di una Milf senza preoccupazioni di sorta, tanto Enzo è sempre pronto ad intervenire e ad aprire il portafogli, per qualunque capriccio le passi per la testa.
    D’altronde, ha vissuto così praticamente da sempre, fidando sul patrimonio e sull’attività del padre, titolare di una valida azienda del territorio che recentemente, però, registra qualche battuta d’arresto per rogne prima amministrative, poi burocratiche, infine politiche che si sono abbattute all’improvviso sul suo sistema produttivo; tra le altre cose, il mio ruolo è, marginalmente, anche di consulente di suo padre per la parte legale delle attività e sto facendo sforzi immani e rocamboleschi giochi d’equilibrio per tenere lontano un fallimento che sarebbe un danno per decine di persone ma per la famiglia di Antonietta significherebbe sicuramente l’abisso.
    Sul piano dei rapporti interpersonali, non abbiamo avuto grandi problemi, io e la mia compagna; sin dalle prime frequentazioni, conoscendone la ‘vivacità’ sessuale, abbiamo stabilito un ‘patto di libertà’ che le lascia ampia autonomia di scelta, se dovesse sentire particolari ‘pruriti’; con l’avvertenza, però, che le eventuali ‘trasgressioni’ sarebbero considerate non incisive nei rapporti, solo a condizione che non siano tradimenti classicamente intesi, ma vicende condivise; o direttamente se si tratta di iniziative che possono vederci complici; o per lo meno indirettamente, preannunciandole e in qualche modo motivandole prima di lasciarsi andare a libertà illimitate.
    In dieci anni, solo poche volte si è dovuto far ricorso al patto di libertà, per lo più per iniziative che ho condiviso direttamente; solo in un paio di occasioni, l’ho lasciata libera di sfogarsi; negli ultimi tre anni, poi, non ci sono state né richieste particolari né motivi per dubitare dell’assoluta affidabilità di Antonietta; in pratica, in mancanza di qualunque altro tipo di vincolo o di legame, quell’accordo è l’unica piattaforma su cui regge la nostra convivenza; la certezza che non venga infranto nasce proprio dalla convinzione che ci vorrebbe un’infinita stupidità per contravvenire ad un accordo che per dieci anni ha retto con la partecipazione di tutti e che richiede solo un minimo di buonsenso per essere rispettato.
    Quella mattina, probabilmente, tutto congiura contro di noi; abbiamo fatto le ore piccole, la sera prima; dopo la cena con un collega e la sua consorte, siamo andati a letto abbastanza su di giri per qualche bicchiere in più, bevuto a tavola, di un vino fresco ed amabile che mi ha regalato un mio assistito e che andava giù ch’era un piacere; e ci siamo scatenati in una serata di sesso di quelle da segnare nel diario segreto con l’annotazione di ‘ottimo’; io non mi sono risparmiato, prendendola in tutti i buchi, con il massimo dell’entusiasmo e con l’intensità dell’amore che ancora nutro per lei; Antonietta ha risposto con la massima partecipazione che ha sottolineato con grandi urla di piacere che sono risuonate fin verso le due in tutto l’edificio e che fino al mattino seguente ancora mi rintronano dentro le orecchie.
    Alle otto, sono puntualmente in piedi e mi avvio all’ufficio; Antonietta si crogiola come al solito al calduccio del letto; per un caso assolutamente imprevedibile, un’oretta dopo il mio arrivo in ufficio, mi rendo conto che ho dimenticato di portare con me un incartamento che mi risulta imprescindibile e che riguarda, guarda caso, proprio l’attività dell’azienda del padre di Antonietta di cui a giorni devo discutere in tribunale; chiamo lei per chiederle di portarmi l’incartamento, ma non ricevo risposta perché presumibilmente dorme ancora o è già uscita; decido allora di tornare un momento a casa, che dista pochi minuti; e così faccio; una volta recuperati i fogli di cui ho bisogno, vengo preso da un attacco di colite e devo precipitarmi in bagno; poiché quello di servizio è più vicino, lo uso e soddisfo il mio bisogno; quando sto per uscire, odo delle voci nel salone d’ingresso e istintivamente mi fermo.
    Una delle due è di mia moglie, sicuramente; l’altra è di un maschio a me sconosciuto; ma quello che più mi impressiona e mi mette sul chi vive è invece il tono del dialogo, decisamente complice, eccitato e sessuale; le cose che i due si dicono sono certamente frasi degne di una scena porno più che di un dialogo tra due persone civili; lui loda il suo sedere e la sua vagina, dichiara che sono i più belli al mondo, in assoluto; e promette che senz’altro glieli sfonda penetrandoli con tutta la voglia che ha e con tutta la libidine che lei gli scatena; lei, da parte sua, elogia con aggettivi straordinari la potenza del suo membro, che sicuramente tiene in mano perché ne parla come di qualcosa che tiene sotto controllo; mi acquatto nel corridoio e attendo di vederli passare per andare nella camera da letto dove sono evidentemente diretti.
    Quando sono entrati, lasciando la porta spalancata, mi accosto in modo da spiare l’interno senza essere visto e mi rendo conto che Antonietta si è portata in casa, nel nostro letto, un ragazzo di meno di trent’anni decisamente tonico e ben piantato, con un sesso da concorso, oltre i venti centimetri, che lei, per quanto posso vedere, sta elegantemente leccando dai testicoli alla punta ricercandone la massima erezione possibile; quando l’asta si innalza in tutta la sua lunghezza, vedo con tremore che la ingoia naturalmente, senza sforzo, fino a raggiungere i peli del pube con le labbra; una bestia da oltre venti centimetri con un diametro notevolissimo, per entrare così disinvoltamente fino in gola, deve percorrere necessariamente una strada molto praticata ed adusa ad oggetti di quella fatta.
    Il loro congresso carnale si sviluppa per un po’ di tempo, lungo i percorsi soliti di un rapporto di quel genere; lei è abilissima a spogliarsi recitando meglio di una professionista un’autentica scena di burlesque; noto anche che ha scelto un intimo particolarmente adatto a quella danza, che evidentemente aveva già in mente, segno che l’incontro era stato largamente previsto ed organizzato, al punto che mi sento addirittura eccitato davanti allo spettacolo, anche se fino a poche ore prima ho posseduto liberamente quel corpo sul quale, illuso!, ritenevo addirittura di poter avanzare persino qualche diritto.
    Lui naturalmente, fedele forse al ruolo, è più brutale e manipola, liberandosi in fretta degli abiti, il randello di oltre venti centimetri e largo come una lattina da bibite, che lei prende in mano con molta esperienza; poi lo porta, come ho visto, rapidamente in bocca ingoiandolo senza nemmeno il più piccolo problema; infine lo implora quasi piangendo di sbatterglielo con forza e violenza nella vagina che ha spalancato davanti a lui.
    Sono sconvolto e preferisco non assistere ad altre esibizioni di abilità amatorie della mia compagna, di cui peraltro conosco bene le capacità di superare ogni limite per raggiungere la copula più intensa, più ricca, più ‘oltre’ di chiunque; mentre mi organizzo per uscire il più silenziosamente possibile, la sento urlare come aveva fatto fino alle due del mattino, sotto di me; l’unica cosa che mi colpisce, è la capacità di una donna, ormai alla soglia degli … anta, di mantenere, instancabilmente, un tale livello di libidine e di goduria per così tanto tempo, come lei invece dimostra di riuscire a fare nonostante tutto; inesorabilmente, mi viene fatto di pensare che non è più il caso di sostenere un rapporto che richiede tanto impegno.
    Sgattaiolo, come un ladro, silenziosamente, fuori da casa mia; lei non ha nessun diritto sull’abitazione ed anche portarci un amante è stato un abuso punibile dalla legge; raccolgo, dal vassoio d’argento che appositamente abbiamo posto sul tavolino all’ingresso, le chiavi della macchina e quelle dell’appartamento che lei ha lasciato cadere entrando, come sua abitudine; una volta fuori, torno rapidamente in ufficio e mi preparo a rendere conto degli eventi quando si farà viva la mia compagna, accorgendosi che qualcuno ha preso le sue chiavi dall’interno della casa; passano un paio d’ore, siamo quasi alla pausa pranzo, quando squilla il telefono e la segretaria mi comunica che all’apparecchio c’è la madre di Antonietta, che proprio in quel momento entra nello studio; avverto la signora che sua figlia è arrivata proprio in quel momento, ma lei mi dice che deve parlare con me della causa da discutere a giorni in tribunale; attivo il vivavoce perché senta anche sua figlia.
    “Mi spiace signora, ma proprio in questo momento sto passando la pratica all’ufficio legale di suo marito perché da adesso non voglio più avere nessun rapporto né con Antonietta né con la sua famiglia … “
    “Dio mio … perché?”
    Antonietta ha visto le sue chiavi sulla scrivania, ma non accenna a toccarle.
    “Mamma, lascia stare. E’ per colpa mia e non credo che riusciresti a fargli cambiare idea … “
    “E’ successo qualcosa tra di voi?”
    “No; è successo qualcosa; ma fra vostra figlia e un suo amico che non conosco; la fronte mi prude e lei adesso torna a casa vostra.”
    “Antonietta, l’hai tradito?”
    “Scopro anch’io adesso che ha saputo; credevo di averla fatta franca ancora una volta. Tra qualche ora sarò a casa.”
    “Mi pare che non ci sia nulla da dire. Consegnami le carte di credito.”
    “Ah, già; il conto è tuo, le carte sono tue; le chiavi vedo che le hai prese. Eri in casa e hai visto tutto?”
    “Già ….!!!!!”
    “C’è qualcosa che posso fare?”
    “Andartene a casa dei tuoi e sperare che per colpa tua non falliscano.”
    “Anche questo mi vuoi addebitare? Perché?”
    “I fili di quella causa li tenevo io; un altro non so se ce la farà a seguire il percorso che ho costruito. Diciamo che le probabilità di successo adesso si riducono dal 70 al 30 per cento. Io sono molto bravo come avvocato; lo dicono tutti; quello che non sanno è che sono un pessimo marito; e meno male che non ci siamo mai sposati …!”
    “Tu non sei un pessimo marito, Enzo; tu sei un buon marito; è lei che si è rivelata una pessima moglie; l’unico problema è che, come tutti i mariti cornuti, eri l’unico a non sapere.”
    A parlare è stata la mia segretaria personale, Assunta ma per tutti Tina, un personaggio all’apparenza scialbo, ma di cui ho provato negli anni la grande capacità nel lavoro, la cultura profonda, la sensibilità e i modi eleganti e delicati che ne fanno una persona di qualità, anche se poco appariscente; Antonietta la guarda come se, dopo dieci anni di frequentazione del mio studio, per la prima volta si rendesse conto della presenza di una persona in carne ed ossa; probabilmente per tanti anni l’avrà considerata alla stregua dei mobili, come le sedie, dove ti siedi e neppure ti rendi conto che esistono.
    “Adesso in casa tua ci sono armadi di cose mie; cosa te ne farai?”
    “Tina, visto che domani è sabato ed abbiamo davanti un intero week end, te la sentiresti di venire a casa mia a darmi una mano per preparare scatoloni e mandare alla signora tutte le sue cose all’indirizzo dei genitori?”
    “Enzo, scusami la franchezza, ma anche in ufficio, negli orari di lavoro, se mi chiedi di svolgere una simile mansione, mi rivolgo ai sindacati e ti faccio causa.”
    “Beh, ma visto che hai la mia stessa taglia, potresti approfittarne per prendere qualcosa che ti piaccia …”
    “Senti, Antonietta, tu il tuo guardaroba te lo puoi ficcare anche dove dico io; vedi un capo firmato addosso a me? I tuoi tanga, invece, hanno la firma più grande del triangolo protettivo! Avvocato, se tu mi chiedi di passare il week end con te, io lo comincio appena chiuso l’ufficio e lo vivo benissimo fino all’apertura di lunedì; ma lo vivo per me, per te, con te, per fare l’amore, io e te, non certamente per inscatolare slip infinitesimali e push up correttivi della signora. Proponimi di andarcene al mare e vedrai come corro a rotta di collo!”
    “Tina, ma sei certa di quel che dici? Verresti al mare con me questi giorni?”
    “Al mare, tanto per dire; ma anche in montagna, al lago, in campagna, nel letto di casa tua; se siamo io e te anche all’inferno, vengo, e ci sto bene, se tu cerchi con me il mio stare bene.”
    “Io voglio il tuo bene; io ti voglio bene; ma non sono certo di amarti; non so se tra noi c’è la chimica necessaria per passare in amore un fine settimana.”
    “Certo che, se non ci proviamo, nessuno te lo può dire. Non ti chiedo di amarmi né poco né tanto né per pietà né a qualunque costo. Se non c’è il tuo amore, il mio basterà per due; lo vuoi capire che da almeno cinque anni ti amo in silenzio e che soffro perché io conoscevo i vizietti della tua compagna e stavo zitta perché una segretaria mantiene i segreti, specialmente se possono far soffrire il principale, il mio amore.”
    “A quale ristorante prenoti la cena stasera?”
    “Io non frequento ristoranti; vado alla taverna dei miei amici, cucina casereccia, gestione familiare, qualità garantita; e non cambio solo perché vado a cena con l’uomo che desidero di più al mondo; è vicino a casa tua e, se vuoi, poi andiamo lì e ci restiamo fino a domenica sera.”
    Posso solo complimentarmi per la grande efficienza della mia segretaria; invito la mia ormai ex compagna a lasciare lo studio e vado con Tina a mangiare un panino veloce, visto che il tempo è passato e siamo al limite con gli appuntamenti del pomeriggio; quando chiudiamo lo studio, Tina mi chiede di passare da casa sua per prendere il necessario a stare fuori due giorni; le chiedo se non si adatterebbe ad usare, per due notti, qualcosa dal guardaroba di Antonietta; ci ripensa e decide di venire così com’è, senza farsi problemi.
    Andiamo a cenare nella ‘taverna’ di cui mi ha parlato; trovo un clima di grande amicizia dove lei si sente e viene trattata come una figlia, per un’amicizia decennale che lega i suoi al taverniere, persona squisita, ottimo cuoco ed uomo di sani e chiari principi; ci alziamo dalla tavola totalmente soddisfatti, del cibo e dell’umanità che abbiamo vissuto e respirato; Tina ha quasi evitato di bere; non è avvezza, e l’alcool le da alla testa anche in piccolissime dosi; le chiedo ancora una volta se è determinata a passare con me il week end; prima chiede a Tonio, il taverniere, se è aperto sabato e domenica; ricevutane conferma, lo avverte che forse avremo bisogno di pranzare e cenare da lui quel fine settimana; la guarda quasi complice e lei mi stringe il braccio e si accosta a me; lui le fa gli auguri.
    “Per favore, non mi fare più domande oziose; non ti chiedo di innamorarti di me; ti chiedo di farmi fare l’amore, anche di darmi solo sesso se non ce la fai a metterci amore; io ti voglio, ti ho fra le mani e non ti cedo a nessuno. Ti avverto di un’altra cosa, per non farti venire scrupoli assurdi; sei in assoluto il primo uomo della mia vita; lo volevo, l’ho deciso e lo faccio. La responsabilità è solo mia e me l’assumo fino in fondo, così, se temi di avere una qualsiasi grana perché mi violenti, dichiaro anche per iscritto che sono io colpevole della violenza, non tu che la subisci. Io ti amo e mi prendo per diritto tutto quello che desidero da anni. Tu taci e limitati ad ammirarmi; a farmi amare, ci penserò dopo; e puoi giurare che ci riuscirò.”
    “Tina, mi consenti adesso di dire qualcosa?”
    “Avvocato, lei ha la più ampia facoltà di pronunciare la sua arringa. Cominci pure.”
    “Vostro onore, non mi sono mai sentito sconvolto come in questo momento; questa giuria è in grado di decidere se mi sto innamorando? Considerato il contesto, taverna, amici, vino, atmosfera ecc., ci sono gli estremi per ritenere che sia stata preparata una trappola per indurre l’avvocato a innamorarsi? ... No?!?! Allora optiamo per l’accusa di magia e stregoneria … a meno che l’accusata non riconosca di averlo fatto solo per amore.”
    Per la prima volta, Tina si pianta davanti a me, mi stringe a se, si accosta col viso e mi sussurra.
    “Baciami, stupido; o vuoi che faccia io anche questo?”
    Per un attimo mi guardo in giro a scrutare le facce che ci spiano attente e forse ansiose; poi la bacio e mi sembra di andare in paradiso; qualcosa sembra scoppiarmi dentro ed uscire come fuochi di artificio multicolori; non credo che il bacio duri molto, certamente non quanto la sensazione che percepisco io, di una dolce eternità; ma mi sento stordito come uscissi da un ko sul ring o da un sogno meraviglioso che non accenna a sbiadire del tutto.
    “Per domani a pranzo, vi va bene una lasagna?”
    Guardo Tonio con occhi nuovi e gli rispondo immediatamente.
    “Se li condisci con questo affetto e con questa amicizia, mi vanno bene anche i sassi.”
    “Sono io che ti ringrazio per aver fatto felice la mia figlioccia.”
    “Perché dici che l’ho fatta felice?”
    “Perché non ho mai visto tanta gioia in lei, che merita sicuramente questa felicità e merita anche te; tu non so se la meriti altrettanto, ma sono certo che finirai per meritarla. Vi aspetto domani, con la stessa intensità che avete adesso stampata sul viso.”
    Non me ne sono accorto, ma devo avere veramente una faccia ben strana; me ne rendo conto mentre passo davanti ad uno specchio su cui è disegnata la pubblicità di un birra; ho il viso stralunato di certi ragazzi davanti ad una vetrina di pasticceria e, quando mi giro verso Tina, sento il profumo del suo corpo e vi sento quel non so che di casa, di letto, di borotalco, di candore che mi stordiscono; adesso ho voglia di averla, tutta per me, e di sentire che posso ancora costruire una storia bella e lunga , forse infinita, se ci riusciamo.


    rXXUWm9
  7. .
    Avevo pensato che anche stavolta finisse male per la fedifraga, ma alla fine è stato lui a cedere; anche se francamente non mi pare che abbia fatto un grande affare. Il concetto di sesso e amore lo trovo interessante anche se lo vedo più come una scusa per dare sfogo a libidini represse. D'ora in poi dovrò stare molto attenta quando vado a fare la spesa. :bacio:

    TUJaJ
  8. .
    Bellissimooooo! Ci sono tutti gli ingredienti per una telenovela alla brasiliana. Sono le improbabili soluzioni che alla fine suggerisci a farmi davvero impazzire di gioia...Leggerti è davvero un piacere mio Carissimo amatissimo Genio

    ChJGljq xNVqXTG
  9. .
    Alcuni me li hai mandati tu qualche tempo fa, altri me li son fatti dare da amici che li hanno scaricati dal sito, e altri sono semplicemente sul forum Geniv.
    I nuovi racconti se li pubblichi qui li leggo volentieri.


    B9Aotxz
  10. .
    Dal momento che li sto ripubblicando tutti, è ovvio che i tuoi racconti li adoro, non tanto per le scene di sesso selvaggio in cui dai sfogo a tutta la tua verve di scrittore abile nel descrivere sin nel dettaglio un coito altrimenti insipido; ciò che a me invece affascina è la storia in cui poi queste scene pornografiche si svolgono, e ovviamente tendo a immedesimarmi nei personaggi femminili nelle quali tuttavia non mi riconosco e nemmeno posso dire di riconoscere qualcuno che io conosco. Quella che tu mostri è una finestra di un mondo che io posso solo immaginare, e che tuttavia vorrei meglio conoscere, e tu me dai la possibilità attraverso i tuoi racconti; per questo, e solo per questo mi permetto di fare alcune osservazioni forse nel tentativo di dare una dimensione umana a quelle povere creature così tartassate e sottomesse.
    Però colgo sempre la morale sottintesa che relega la donna a un ruolo subordinato e solo rimanendo in quel ruolo ha la possibilità di godere della luce del sole.
    Poi ci sono donne che scrivono quanto le donne possano eguagliare se non superare gli uomini in ogni settore, ma poi nella realtà il mondo è quello che descrivi tu anche se in modo esasperato:
    Donne che si vendono per sembrare quello che non sono e per avere ciò che non meritano, usando semplicemente il loro essere femmina e il sapersi vendere bene, ma poi alla fine anche loro invecchiano e sono destinate a soccombere se sono state cicale e vivere di rendita se sono state formiche.
    La tua saggezza e la tua esperienza mi sono di grande conforto e in qualche modo oltre a divertirmi in modo fin troppo appassionato, mi fanno anche dialogare con un amico al quale posso dire soltanto "Grazie"


    MEu66LN
  11. .

    Non era uomo di molte parole, mio padre; lui non dialogava, non discuteva, non polemizzava, non dibatteva; lanciava dictat; la sua convinzione massima era stata sempre che, per dirigere una famiglia, doveva solo dare ordini e qualche volta bisognava coglierne il senso solo da un’occhiata; ed aveva perfettamente ragione, perché quella che chiamava famiglia era in realtà un clan di cui facevano parte tutti i parenti, gli assimilati, gli amici e gli amici degli amici.
    In altri termini, era un capoclan e davvero alcuni dei suoi accoliti non avevano bisogno di parole, quando dovevano agire secondo le sue intenzioni; era considerato mandante di moltissimi crimini, anche se non fu mai dimostrato una sola volta; ed io ero convinto profondamente della sua bontà e delle sue intenzioni di sostegno, di assistenza, di solidarietà; moltissimi, dentro il nostro quartiere ed oltre, ne erano convinti come me e lo adoravano come un santo.
    Furono dei dictat tutte le mie azioni sin dall’infanzia, persino studiare come un dannato e laurearmi prestissimo in legge, forse per tornare poi utile alla ‘famiglia’ quando se ne fosse presentata la necessità; fu un dictat anche decidere, quando avevo ancora meno di venticinque anni, che sarei stato l’erede naturale e dovevo cominciare ad occuparmi dei suoi affari, per il momento, almeno solo di quelli che potevano reggere a qualunque controllo di legalità.
    Per cominciare, ereditai la titolarità di alcuni locali che erano punto ineludibile di riferimento per tutta la città, quelli dove la comparsa anche di uno spinello poteva costare al malcapitato l’ostracismo a vita da tutti i locali che facessero riferimento a me; ma solo la droga era bandita categoricamente; per il resto, tutto rimaneva affidato al buonsenso dei singoli; sapevo bene, quindi, che nel ‘bar dei giovani’, punto di ritrovo di tutta la generazione dei bravi ragazzi, ci si divertiva molto.
    Era totalmente fuori dal mio genere di frequentazioni e ci entrai solo dopo che me ne fu assicurata, con un documento notarile, la proprietà e la gestione; neanche l’avvocato che me lo recapitò disse una sola parola; decisi di andare al bar e di conoscere dal vivo quella realtà; solo il direttore e alcuni banconisti conoscevano la mia vera identità; per tutti, ero un estraneo capitato per caso forse nel posto sbagliato.
    I ragazzi che ciondolavano per il locale erano i soliti perdigiorno figli di papà, per lo più studenti universitari, che consumavano le ore tra qualche bibita sorseggiata il più a lungo possibile, gli stupidi giochi goliardici e le chiacchiere senza costrutto sui massimi sistemi filosofici; le ragazze erano notevolmente belle, poco vestite e decisamente pronte a tutto, senza problemi di prospettive; tra tutte brillava Ornella, senz’altro la più bella, la più impudica, la più determinata.
    Mi puntò immediatamente, forse perché aderivo ad un suo modello di maschio da domare, alto, bello, elegantissimo nel mio abito firmato, abbronzato fuori stagione, alquanto più ‘vecchio’ di loro e decisamente ricco, a giudicare dall’insieme di auto, abbigliamento e disinvoltura; ‘questo me lo faccio subito’ la sentii sussurrare ad un’amica con cui divideva una bibita forse leggermente alcoolica; decisi di essere ‘il pollo’ e abboccai all’amo.
    Ci mise niente ad agganciarmi e portarmi nel bagno, dove mi abbrancò in un bacio di una sensualità che poche volte avevo sperimentato, anche con donne mature ed esperte; le curve meravigliose, che mi fece sentire su tutto il corpo, mi stimolarono una voglia inarrestabile; assaporai il seno florido e sodo e la feci gemere stritolandole i capezzoli come una ‘nave scuola’ mi aveva insegnato.
    Quando le inserii il medio in vagina, spostando la fettuccia del perizoma che indossava, le ‘insegnai’ a godere al primo tocco sul clitoride e le scatenai un inferno di orgasmi individuando il centro della sua libidine; dopo che ebbe esploso per tre volte il suo piacere, lasciai che prendesse in mano, ancora da sopra il pantalone, l’asta che le avevo tenuto a lungo fra le cosce, la tirò fuori e si lanciò nella fellazione più intensa che ricordassi.
    “Mettilo dentro!”
    Fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare staccando per un attimo la bocca dal sesso; la feci alzare i piedi, la girai e la piegai a novanta gradi contro la parete del bagno; un attimo dopo venti centimetri di carne pulsante le invadevano il canale vaginale e la cappella andò a urtare la cervice dell’utero; non riuscì a trattenere un urlo che soffocò con la mano; le chiesi se era protetta, mi disse di si e mi lanciai nella copula con furore; eiaculai assai prima di quando avrei voluto.
    Uscendo dai bagni, dopo che si era riassettata alla meno peggio, mi chiese se la portavo con me; restai per un attimo perplesso; non pensavo affatto di farmi carico di una donna in casa; le chiesi se non avesse un posto dove vivere; mi disse che condivideva una camera alla casa dello studente, ma che voleva approfondire con me una conoscenza troppo breve; mi pareva che valesse la pena passarci qualche giorno e me la portai al mio appartamento.
    Patti chiari; sarebbe rimasta con me finché si stava bene; quando uno dei due si fosse stancato, lei tornava alla sua camera a mezzadria; imparai sin dal primo momento che odiava le regole e non faceva mai né accordi né patti, ma solo quello che la testa suggeriva; io le stavo bene, evidentemente, perché per un paio di mesi si installò a casa mia e fece i suoi comodi, tutti, senza rispetto per niente e per nessuno.
    Anche io, superate le prime diffidenze, ci stavo bene ed accettai anche tutto quello che mi impose in nome della sua libertà; frequentava quel bar quotidianamente ed era l’anima di tutte le feste che riusciva a organizzare, dovunque tranne che a casa mia, tabù per le sue disinvolte esagerazioni; molte volte, quando passavo a prenderla al bar, dovevo aspettare che avesse concluso le sue copule in bagno, col primo che l’aveva intrigata; oppure vederla limonare su un divanetto con l’amico di turno.
    Ero troppo smaliziato ed educato ad un sistema di potere silenzioso, per provare un qualsiasi sentimento di gelosia o di rammarico; neppure mi dava fastidio l’atteggiamento snob dei suoi amici ‘della banda’, un gruppo di una decina di persone della sua stessa specie, che mi guardava come il povero cornuto che si faceva sfruttare dall’abilità di Ornella, garantendole vitto e alloggio in cambio di qualche buona copula, di quelle che a tanti offriva gratis.
    Ma la ragazza mi andava proprio a sangue e mi piaceva poterne disporre quando me ne veniva voglia; le avevo anche fornito i soldi per comprarsi i testi universitari, perché, nonostante la vita smodata che conduceva, era anche diligente e studiosa, assai prossima alla laurea in lingue che sognava; l’unico piccolo fastidio veniva dal fatto che sentivo spesso il gruppo parlare di grandi propositi di ‘avventure’ ai quali non erano in grado di far seguire nessun fatto.
    “Forse un’idea ce l’avrei io, se non avete limiti o prevenzioni.”
    Mi trovai ad esclamare una volta che di questo parlavano mentre eravamo seduti a due tavoli uniti, dieci in tutti me compreso, cinque maschi ed altrettante femmine; qualcuno fece battute stupide; Ornella li fulminò tutti; aveva intuito parecchio delle mie potenzialità, in quelle settimane di quasi convivenza.
    “Mimmo, che stai pensando?”
    “Niente di particolare, conosco un locale, diciamo particolare, dove si può fare quello che si desidera; se è di sesso che vi volete abbuffare, quello è il posto ideale per voi.”
    “Ci puoi introdurre tu?”
    “Sono amico della direttrice, diciamo che non mi nega niente … “
    “E’ stata o è una tua amante?”
    “Di colpo diventi gelosa?”
    “No, no; dicci invece cosa bisognerebbe fare … “
    “Andiamo un sabato sera, ci sfreniamo fin quando reggiamo e poi si torna a casa.”
    Tutti d’accordo; detto fatto, il sabato sera busso alla porta di Dorotea che ho avvertito; dico che i ragazzi vogliono divertirsi; chiede alle ragazze se sono d’accordo a farsi bendare per non riconoscere, se non da certi attributi, i loro partner; nell’atmosfera giocosa che si è creata, accettano tutte di calzare una maschera che le rende quasi cieche e vanno ad occupare le cinque camere che sono state loro assegnate; noi maschi ci sediamo in una sala comune.
    Una ragazza ci fa entrare a turno nelle camere delle ragazze e, alla fine, ciascuno di noi si è accoppiato con una delle compagne; io ho saltato la copula con Ornella; non mi andava di fare sesso; dopo quattro ore passate in anticamera per copulare con le cinque amiche di sempre, i ragazzi sono perplessi, nervosi e irati; faccio lo gnorri e glisso le domande; alla fine, le cinque vengono fuori alquanto provate; chiedono agli strabiliati amici cosa avessero per farsene ognuno due di fila.
    Arriva Dorotea e consegna delle banconote a ciascuna di loro; meraviglia generale; una chiede cosa significasse.
    “Quante copule hai fatto?”
    “Dieci; credevo che ognuno di loro fosse venuto due volte … “
    “No, loro sono venuti una sola volta; gli altri cinque erano clienti che hanno pagato cento euro per copulare; detratto il mio trenta per cento, vi restano i 350 che vi ho consegnato.”
    “Ci hai fatto prostituire?”
    La domanda è rivolta a me.
    “Conosci un’avventura più stimolante che fare sesso per tutta la sera e guadagnarci anche?”
    “Ma io non lo faccio per denaro!!!!!”
    “Per questo, l’avventura è più stimolante; ora hai un’esperienza in più che potresti sfruttare, volendo!”
    “Ragazzi, dobbiamo solo ammettere che l’ha combinata bella. Perché io ho copulato solo nove volte?”
    “Perché io non ho voluto fare sesso; io faccio l’amore, con le mie donne; tu stasera eri una prostituta e davi solo sesso.”
    “Touché! E’ il nostro capolinea?”
    “Io ti ci ho portato; tu hai superato il limite; i patti erano chiari; torni alla casa dello studente.”
    “Ti abbiamo sottovalutato; sei molto più del giovanotto che credevamo; complimenti; Dorotea, visto che con qualche copula si guadagna bene, da te, si potrebbero creare altre situazioni produttive?”
    “Per situazioni come queste dovrei inquadrarvi regolarmente con grosse conseguenze; Mimmo ha deciso questa serata e ho eseguito; ma è la prima ed unica volta che lo faccio.”
    “Punto primo; sei una potenza, che da ordini ad una direttrice … “
    “Ornella, guarda che è anche il proprietario del ‘nostro’ bar … “
    “Mi sa che ho strozzato la gallina dalle uova d’oro … “
    “Non te la prendere; non saremmo durati a lungo; è già tanto, qualche mese e qualche copula … “
    “Va bene, mammasantissima; possiamo pensare a raggranellare un po’ di soldi copulando qui invece che nel bagno?”
    “Stupida, ho giocato con la vostra dimestichezza col sesso; ma vi ho fatto mascherare perché non diventaste professioniste; non dovete nemmeno pensare di prostituirvi. Dora, a che punto sei con le accompagnatrici?”
    “Stai pensando ad una squadra di escort?”
    “Sono in cinque, universitarie, con dimestichezza con le lingue, belle, eleganti e colte; l’ideale, se hai bisogno di una squadra di qualità.”
    “Mimmo, se tu dici che si deve fare, io lo faccio … “
    “Ragazze, state a sentire; prostituirvi non è neppure da immaginare, avete assaggiato cosa significa, bestie che vi posseggono senza guardate in faccia; fare le escort richiede cultura, comportamento, garbo, eleganza, insomma le escort devono essere in grado di guidare personaggi di alto valore e poi anche di finirci a letto, ma non sempre e non per obbligo; non sono episodi frequenti ma sono molto ben remunerati; se ve la sentite, Dora vi può organizzare in squadra e convocarvi al momento … “
    “Mimmo, per caso mi offri la buonuscita da casa tua? … Cosa significa in concreto?”
    Dorotea è pronta a risponderle.
    “In tutta la regione operano decine di aziende e molto spesso ospitano delegazioni nazionali o straniere; le escort accompagnano i delegati nelle visite tecniche e in quelle turistiche, pranzano e cenano con gli ospiti; a richiesta, ci passano la notte e fanno sesso; la tariffa senza sesso la fisso io e la passo a voi trattenendo il trenta per cento; gli extra o li fisso io alle stesse condizioni o li trattate direttamente voi ma mi versate sempre la percentuale.
    Se incontrate il tipo giusto, ho visto vecchi americani lasciare fino a cinquemila euro di mancia ad una ragazza per la quale avevano perso la testa; ma sono casi unici.”
    “Ci dovremmo affidare a te come a una vecchia e cara amica?”
    “Ornella, tu sei stata con Mimmo due mesi; fa conto che io sia lui; ti tratterei con la stessa delicatezza; ti sei fidata di lui fino a prostituirti; fallo anche adesso e non avrai problemi; se fosse necessario, ti invento come la ‘escort del mistero’, viaggi con la maschera e si saprà del tuo ‘lavoro’ meno di quanto si sa delle tue copule nel bagno.”
    “Mimmo, devo ringraziarti per questa ipotesi di liberarmi dall’indigenza?”
    “Io sono come san Tommaso; se non tocco, non credo; fai un’esperienza e poi deciderai se ringraziarmi; ma io accetto solo amore, non sesso, ricordalo.”
    “Credi che io non abbia abbastanza sensibilità per distinguere il tuo amore dal sesso degli altri? Non siamo fatti per vivere insieme; ma tu sai, e me lo hai dimostrato, che a te ho dato solo amore; con la benda ti avrei trattato alla pari; se verrò a ringraziarti, sarà per quel pizzico d’amore che c’è tra noi.”
    “Quindi, tu Ornella ci stai; voi altre, ragazze, volete pensarci o rifiutate sin d’ora?”
    “No, che vuoi rifiutare; abbiamo bisogno di capire molte cose; ma, dopo questa esperienza, mi sa che dobbiamo ringraziare il tuo capo di averci portato al patibolo; mai morte è stata più utile; se riesci a costruire una squadra e a farci entrare nel giro ‘buono’ può essere solo motivo di grandi divertimenti … “
    “Ok; fra due settimane viene una delegazione dagli Stati Uniti; da quel che so, è gente che spende volentieri, che sbava sulle giovani donne italiane e tutti di un’età che sconsiglia grandi sforzi; decidete come e quando vederci, vi faccio incontrare alcune professioniste e perfezionate certe cose. Poi ci può essere anche il battesimo del fuoco. Adesso fatemi andare; è quasi l’alba.”
    Per due settimane hanno modo di confrontarsi con la direttrice e con alcune delle ragazze che già lavorano per lei come escort; poi sono convocate per il fine settimana come accompagnatrici ad una delegazione di ospiti stranieri; il lunedì mattina, Dorotea mi avverte che c’è stato un tentativo di fare le furbe; vado, sin dal primo pomeriggio, ad aspettare le ragazze al bar; noto in un angolo una bella ragazza, in abiti vecchi e stinti, che studia con accanimento.
    Appollaiato su uno sgabello al bancone, confabulo col direttore; mi rivela che Angela, così si chiama la ragazza, è nota fra i frequentatori come ‘la vergine’ perché pare che abbia giurato di accostarsi all’amore e al sesso solo quando incontrerà l’uomo che sogna; studia per laurearsi, quasi con accanimento disumano, tiene i libri e gli appunti nel suo ufficio perché la situazione a casa non deve essere florida; a suo avviso, non mangia da un paio di giorni; ha letto il suo diario e forse si è innamorata di me.
    Lo guardo basito e mi schernisco; mi riconferma che tutti i riferimenti sono chiari; fino a due mesi prima, il ‘principe azzurro’ non aveva connotati; da due mesi ha i miei, con molti improperi ad Ornella; incuriosito, mi accosto e cerco di attaccare bottone; forse non aspettava altro perché diventa disinvolta e mi parla delle ‘bravate’ dei suoi amici, ma soprattutto di quella che tutti mi attribuiscono; sa che sono figlio di un capoclan ma non si pone problemi; mi conosce come moralmente solido.
    “Ci verresti a cena con un personaggio torbido come me?”
    Mi guarda perplessa; indica il suo vestito.
    “Così conciata dove pensi di portarmi?”
    “Così agghindata dove va di solito?”
    “Al massimo, mangio qualcosa nella taverna a fianco; ma non sono molto ben accetta di recente … “
    “Hai fatto danni?”
    “Non ho pagato qualche piatto … “
    Chiedo al direttore del bar notizie sulla taverna; è in brutte acque; pensano di vendere; mando a chiamare il trattore; chiedo il prezzo del locale e ordino al direttore di rilevare la taverna, lasciando le cose come stanno.
    “Ora il debito ce l’hai con me; vieni a cena con me?”
    “Vuoi comprarmi con qualche piatto di pasta?”
    “E’ vero che sei innamorata di me?”
    “Si; il direttore non conosce il rispetto della privacy e ha letto il mio diario … “
    “Il direttore controlla tutto quello che entra nel suo ufficio; e mi ha fatto un grande favore; io non so amare; quindi non posso dirti che ti amo; te la senti di verificare con me se ci sono elementi per costruire un amore reciproco?”
    “Credi che amare senza dirlo sia un esercizio spirituale da clausura?”
    “No, credo che sia la speranza di qualcosa che sta per succederci.”
    “Sembri molto sicuro … “
    “Con le mie responsabilità, si fa presto a crescere e a conoscere gli uomini … “
    “Mi offri qualcosa da mettere sotto i denti?”
    “E’ vero che hai tanta fame? Che non mangi da due giorni?”
    “Forse da tre; non ricordo più; ho tanta fame, questo lo so … “
    “Vuoi che andiamo a mangiare adesso?”
    “No; mi hai invitato a cena, hai speso un patrimonio per farlo e dobbiamo aspettare; posso aiutarmi con qualche toast; però non sperare in un dopocena; quello non te lo concederò finché non sarò certa che sei tu quello che aspettavo … “
    “In certi ambienti, quelli come me si definiscono uomini d’onore; spesso lo sono; io ti prometto formalmente che, fino a quando non me lo chiederai tu apertamente e chiaramente, non ti sfiorerò nemmeno con un dito; se avessi bisogno di compagnia femminile, sai bene che non mi mancherebbe.”
    “Mi fai portare qualcosa da mangiare? Per ora ho fame di cibo … “
    Sorride e si disegnano sulle guance due fossette che trovo deliziose; dico al barman di portarle quello che chiede e mi dedico alle ragazze che stanno arrivando; sono letteralmente euforiche e mi circondano affettuose; quando mi trovo davanti Ornella, respingo le sue affettuosità.
    “Nei due mesi trascorsi insieme non hai capito niente?”
    “Cosa non avrei capito?”
    “Che non mi si prende per i fondelli ricorrendo ai mezzucci che già erano stati scoperti quando le vostre nonne imparavano l’abc del prostituirsi con intelligenza, fino a diventare spie famose … “
    “A parte il confronto con Mata Hari che può solo gratificarmi, mi spieghi il resto che è ermetico?”
    “Credevi davvero di barare usando l’utero come salvadanaio?”
    “Quelle erano mance personali!”
    ”I patti erano chiari; ma tu li calpesti, i patti; non arrivi neppure a capire che una casa costa indipendentemente da quello che ci fai; tu hai usato il potere e i mezzi del privè per guadagnare; l’accordo era che il trenta per cento restava a Dorotea; avete cercato di fregarla e pagherete per quello che avete fatto … “
    “Mimmo, non infierire; se ti intestardisci fai solo danni a tutti; cerca la mediazione!”
    “Angela, adesso mi aiuti anche a fare il lenone?”
    “Cerco di evitare un errore tuo e di rimediare a quello delle ragazze, sono certa che vogliono riparare e non ripeterlo più.”
    “Che volete fare? Vi tenete pochi euro e perdete il contatto col privè o rimediate con Dorotea, le chiedete scusa e vi accordate per la collaborazione?”
    “Anche sulle nostre vagine vuoi avere il controllo?”
    “Siete state voi che le avete messe sotto il nostro controllo; se non vi va, andate in pace con quello che avete incassato; già ho dovuto sacrificare altre ragazze in attesa, per fare spazio a quelle che credevo amiche; possiamo fare a meno di voi senza rimpianti; voi invece vivrete di rimpianti e di rimorsi perché siete state sleali e ingenue.”
    “Mimmo, abbiamo sbagliato a credere di essere più in gamba di Dorotea; ma non c’era volontà di offendere; andremo a parlare con lei e chiariremo; l’esperienza ci ha convinto; vedrai che ripareremo il guasto; dai, Ornella, andiamo a chiarire; possiamo anche chiederle se qualche volta possiamo andarci coi nostri ragazzi … non ci dirà di no.”
    “Ancora non l’hai capito che la testa che pensa e decide sta su quest’abito firmato, apparentemente fuori dal giro? Mimmo, credi che sarà benevola con noi la tua socia, anzi la tua dipendente?”
    “Se arrivi con questa arroganza, stai certa che non ti perdona e sei fuori … se parlate in amicizia e lealtà, Dora sa che mi siete quasi amici e vi tratterà di conseguenza … “
    “Scusa, Mimmo; sono incazzata con me perché ho buttato l’acqua col bambino; se ti dovesse capitare di avere nostalgia del mio amore … “
    “Vai con dio, amica cara; Angela, vuoi fare due passi?”
    “Dammi tempo di chiudere questo capitolo e sarò tutta per te, se non ti crea problema la povertà del mio abito … “
    “Se non ti offendi e accetti l’aiuto di un amico, sai bene, visto che sei la storia vivente del bar, che non nego niente anche agli sconosciuti; figurati cosa sono disposto a fare per un’amica o per un’innamorata … “
    “Va bene; entro certi limiti, accetto la tua amicizia e la tua disponibilità.”
    “E’ un bel passo, in meno di mezz’ora … “
    “Ti stai cominciando ad innamorare?”
    “E’ già innamorato, Angela, fattelo dire da una che lo conosce, checché lui ne pensi … “
    “Gli uomini li conosci, tu; e se dici che si sta innamorando, posso solo essere felice!”
    “Vuoi dirmi che domani rischi di non essere più ‘la vergine’?”
    “Non ti so dire niente; io sono innamorata; ma il mio principe deve amarmi più di me.”
    “Auguri a tutti e due.”
  12. .

    Stiamo tornando da una delle tante serate trascorse con gli amici di sempre; Simona, mia moglie, è particolarmente su di giri; entrati in casa, si precipita in bagno e si prepara rapidamente per la notte; io mi spoglio in camera, indosso il pigiama ed aspetto che lei abbia finito; si presenta con una camicia da notte vaporosa e trasparente, quella che indossa quando vuole avvertirmi che scoperemo alla grande; rapidamente faccio le mie cose e mi fiondo e letto; mi accoglie con passione.
    Mi tira sopra di se e mi avvolge in un abbraccio soffocante; mi blocca ulteriormente il respiro con un bacio al fulmicotone e mi si strofina addosso; abituato a quei momenti, le artiglio i capezzoli duri e la sollecito all’orgasmo che, come previsto, arriva immediatamente; mi abbasso a succhiarle i capezzoli e sfilo la camicia da notte, riempiendomi gli occhi e le mani del suo corpo pieno, sensuale, ricco nei punti giusti; passo la bocca sul ventre e le succhio la figa.
    Ha decisamente voglia di scopare alla grande; per farla sfogare, le pianto il cazzo immediatamente in figa e la cavalco come uno stallone; urla orgasmi in continuazione e alla fine si placa e sembra svuotata; mi stendo a fianco a lei, le prendo la mano e la porto sul cazzo ancora duro; comincia a masturbarmi con raffinata lentezza e finalmente si decide a parlare per spiegare una tanto forte ed improvvisa eccitazione.
    “Hai visto Giorgio come mi tampinava, questa sera?”
    “Ho visto anche quanto facevi per provocarlo a corteggiarti; hai deciso di scopartelo?”
    “Se così fosse, ne saresti turbato?”
    “Intendi dire, se tu ci scopassi alle mie spalle?”
    “Beh, tu mi sembra che un poco cornuto contento lo sia, visto come parli spesso di uomini che potrei scoparmi … “
    “Alt! Al tempo! Sono discorsi teorici che si fanno quando stiamo scopando … “
    “E se diventassero realtà?”
    “Beh, ti ho parlato anche delle scopate meravigliose che mi farei con le tue amiche. Anche quelle potrebbero diventare un fatto? Saresti anche tu una cornuta contenta?”
    “Che c’entra; tu con le mie amiche avresti vita facile e io non ti ho mai parato di questa possibilità … “
    “E quindi?”
    “Quindi, mi piacerebbe farti un bel paio di corna e poi fartene partecipe per scovare il cuckold che c’è in te … “
    “A me invece piacerebbe avere una storia bellissima e lunghissima che culminasse col nostro divorzio e una nuova vita … “
    “Bum! Le spari sempre grosse. Non subito, ma un cornetto prima o poi te lo faccio; poi te lo racconto e sono certa che godrai anche tu.”
    “Stai attenta; se accosti il fuoco alla paglia, l’incendio è sicuro. Ora dormi.”
    “Non vuoi sborrare?”
    “M’è passata la voglia. Dormi!”
    Il discorso ha lasciato il tempo che ha trovato; per un paio di settimane, l’argomento non torna fra noi, anche perché sto lavorando a un progetto importante per il quale è previsto un convegno sul lago di Como; ci dovrei andare con Sofia, la mia diretta superiora che da sempre mi fa una corte garbata e temo che l’occasione potrebbe portarmi ad avviare con lei una storia dagli esiti incerti; poiché so che Simona ne soffrirebbe, non ancora ho dato una risposta, ma propendo per rifiutare.
    Quel giovedì mattina Simona si sveglia particolarmente carica, avrebbe voluto scopare, ieri sera, ma io mi sono trattenuto al computer fino quasi a notte fonda e lei si è addormentata da sola, dopo essersi ammazzata di ditalini, da quel che mi pare di intuire dal volto segnato con cui va in bagno.
    “Ci sei rimasta male, ieri sera, che mi sono trattenuto tanto a lavorare?”
    “Beh … non mi ha fatto piacere; ho rimediato con le mani … “
    Ci ritroviamo nel pomeriggio, dopo il lavoro e lei tarda molto rispetto a me; quando entra in casa, io ho già mangiato qualcosa e sto in poltrona a smanettare come al solito sul computer; ha un’aria molto soddisfatta.
    “Ho una sorpresa per te, una vera sorpresa!”
    Mi fa alzare, mi abbraccia e porta la mia mano sotto la gonna sul perizoma; lo trovo grondante; ritiro il dito bagnato e lo annuso; è sperma.
    “Hai scopato?”
    “Si; te l’avevo promesso e ho mantenuto; ho fatto con Giorgio la più bella scopata che ricordi; ha un cazzo bellissimo, più grosso del tuo, e mi ha fatto godere come una scimmia … “
    Freno il desiderio di sbatterle la testa contro il muro.
    “Lo sai che mi voleva e che io volevo sperimentare; adesso, per verificare la mia teoria sul tuo essere cuckold, ti racconto tutto nei particolari. Dopo la chiusura, ci siamo trovati nei bagni; l’ho baciato a sorpresa; sai quanto sappiano essere avvolgenti e provocanti i miei baci; gli ho aspirato la lingua in bocca e l’ho succhiata come un piccolo sesso; gli ho piantato la figa contro il pube ed ho sentito gonfiarsi un cazzo molto promettente.
    Mi ha portata nel suo ufficio e ha chiuso la porta a chiave; ha cominciato a baciarmi dappertutto e mi ha spogliato in un lampo; la sua lingua sui capezzoli mi dava brividi in continuazione; mi sentivo davvero in paradiso; sai come divento quando mi illanguidisco per il piacere … le sue mani su tutto il seno, poi ad afferrarmi le natiche fino ad infilare un dito nel culo e poi in figa; sbrodolavo senza fine.”
    La interrompo per andare a fare una telefonata; si è stesa languidamente sul letto e sembra recuperare dalla figa tutto il piacere provato; ho chiamato Sofia e l’ho avvertita che l’indomani mi passi a prendere a casa perché parto con lei per il convegno a Como.
    “Lo sai che non ti voglio solo come coordinatore del progetto e come mio assistente personale, ma che voglio consumarti di passione? … “
    “Credi che sia un cretino? Domani comincia una vacanza di sesso che ricorderemo per sempre.”
    Riattacco e torno in camera; Simona si è denudata e continua a martoriarsi la figa con le dita.
    “Quando mi ha ficcato il cazzo dentro, mi sono sentita spaccare tanto era grosso ed è stato violento; ho cominciato ad avere orgasmi a ripetizione. Che fai? Non ti ecciti? Il tuo cazzo sembra morto. Ero convinta che ti saresti eccitato allo spasimo e che mi avresti scopata alla grande … “
    “Devo preparare la valigia grande; domani pomeriggio passano a prendermi per lavoro. Sono felice per te; volevi dimostrare che sei più attiva e più brava di me; volevi la prova che facevi diventare realtà quelle cose di cui ero buono solo a parlare. Complimenti. Sono cornuto e non difficoltà ad ammetterlo, ma non sono né contento né cuckold; mi dispiace per te ma ti avevo avvertito; hai dato fuoco al pagliaio; adesso l’incendio brucerà il matrimonio, Mi dispiace.”
    “Ma che dici? Avevamo parlato tanto della possibilità di fare certe cose … “
    “Si, con la piccola pregiudiziale, che tu hai calpestato, che quelle cose si facevano in due e nel massimo accordo; ero anche disposto allo scambio di coppie, al terzo nel matrimonio, alle orge, a quello che vuoi tu; hai scelto le corna e quelle spaccano. Io domani parto per una settimana di lussuria con Sofia; quando tornerò valuterò se mi interessi ancora come moglie, come amante o come femmina da letto; prepara le carte per la separazione. Io ora ho da fare.”
    Tiro giù la valigia grande e mi metto a ripiegare e ad accatastare abiti ed occorrente per una settimana fuori casa; lei si è seduta sulla poltrona dove mi aveva trovato, sta bevendo, contro ogni sua abitudine, e le lacrime scorrono irresistibili.
    “Doveva essere solo un gioco e tu dovevi farlo con me; io credevo davvero che parlassi da cuckold … Tu invece vuoi addirittura lasciarmi … “
    “Vatti a fare una doccia perché puzzi come una fogna; ti sei divertita un bel po’ con l’iperdotato; che cazzo te ne fai di un povero normodotato che non ti sa dare piacere?”
    “No, non puoi bestemmiare così; ho esagerato un poco il racconto; io ti amo; stiamo insieme da venti anni; non puoi distruggere così un vita … “
    “CHI L’HA DISTRUTTA? Io che tiro le somme di quello che tu hai fatto o tu che hai preteso di salire sulla cattedra della psicanalista che sentenzia la mia tendenza cuckold senza nemmeno sapere esattamente di che si tratta? Hai accostato il fuoco alla paglia e rischi di bruciarti. Io domani parto; a mente fredda, quando ritorno, stabiliremo se continuare la recita del matrimonio felice o se sceglierai di farti sbattere da chiunque .. “
    “IO NON MI FACCIO SBATTERE DA NESSUNO. Ho sbagliato a lasciarmi andare ad un capriccio ma non volevo né umiliarti né offenderti … “
    “Non mi vuoi raccontare anche le belle cosine che vi siete detti sul povero cornuto contento al quale avresti fatto raccogliere dalla tua figa la sborra che ti ha spruzzato dentro con tanta gioia?”
    “Quelle sono stupidaggini che si dicono in certi momenti … “
    “Ne sei certa? Puoi giurare che lui la pensa come te?”
    “Perché non ti scopi sua moglie, per pareggiare? Basta che le dica che mi sono fatta scopare io … “
    “Questo toccherà a te dirglielo, prima che lo sappia dalle millanterie del tuo amante; sarebbe ben grave se Matilde venisse a sapere da terze persone che tu e suo marito l’avete tradita schifosamente … “
    “Oh, mio dio, anche questa … non ci pensavo neppure …”
    “Mia nonna era solita dire che la testa che non pensa è una zucca vuota; per me una testa che non pensa è una zucca piena di merda e puzza da fare schifo … Questi adesso sono veramente e concretamente cazzi tuoi! Io ora me ne vado a godermi una settimana di sesso selvaggio sul lago di Como!“
    “Quindi, sei peggio di me!”
    “No; io quella proposta ero deciso a rifiutarla per non turbarti; tu hai voluto essere più realista del re; io te lo avevo anticipato che avrei risposto con cattiveria; ti sto avvertendo che lo faccio; tu sei stata infedele e adultera, ma anche sleale e traditrice; tu hai calpestato tutti gli impegni di fedeltà e di lealtà; io mi limito a mantenere le promesse.”
    Mi chiudo nello studio e passo il pomeriggio e la sera a curare i documenti da portare, i miei appunti e tutto il materiale del progetto; poco dopo mezzanotte, Simona si affaccia timidamente nello studio.
    “Se domani parti, non mi trovi più … “
    “Stronza, chi cazzo credi di minacciare? Me lo auguro che te ne vada; vuol dire che intanto faccio la proposta a Sofia di andare a vivere con lei, con ampia facoltà di sesso libero per tutti e due … “
    “Quindi mi stai lasciando?”
    “Sei perfettamente e completamente troia e stronza; sto partendo per un importante convegno di studi a cui pensavo di rinunciare per non turbare le tue certezze, prima che la certezza maggiore fosse quella più squallida e insopportabile; sto solo prendendo una decisione di lavoro prima condizionata dal matrimonio e che ora invece assumo con più libertà; sai da tempo del convegno, ti avevo parlato onestamente dei rischi; alla luce dei fatti, non rinuncio più alla carriera per essere il tuo cuckold.”
    “Ti prego, non ti chiedo di fare l’amore o di amarmi come sempre; ma dimmi che tornerai e riparleremo di quello che sta succedendo, con lucidità e con serenità; ho creduto di esserti superiore in creatività, ti ho tradito, sono venuta meno alla lealtà che ti avevo promesso; ma tu adesso vai a tradirmi, freddamente, lucidamente, senza volontà di offendermi come ho fatto io, ma vai comunque a passare una settimana con una bella donna che ti corteggia; non so se siamo pari; ma almeno, quando torni, ne parleremo?”
    “Te l’ho già detto; sei tu che, come sempre, leggi a modo tuo e prendi le decisioni che vuoi. Ho comunicato a Sofia che parto con lei e che sarò disponibile alle sue avances; tornerò fra una settimana e parleremo; non sono certo di voler ricucire il matrimonio; ma tra una settimana avrò idee chiare. Devo spiegartelo ancora?”
    “No … mi abbracci almeno un poco? Mi saluterai da marito in partenza?”
    “Te lo consentirà il tuo nuovo amante o vorrà requisirti perché ti ha assaggiato e ti vuole avere ancora? Non approfitterà della mia assenza per intrecciare una relazione vera?”
    “Ho fatto una stronzata, ma non ho un amante; sono ancora e sempre tua moglie, anche con questa grave colpa addosso. Passa una bella settimana di passione intensa; ma cerca di riportarmi l’uomo che mi ama, non quello che mi odia perché ho tradito la lealtà e la sua fiducia.”
    “Grazie per il viatico; cercherò di tenerlo bene a mente. Buonanotte.”
    “Buonanotte, amore mio.”
    La mattinata è dura da passare; la notizia clamorosa è la mia partenza con Sofia; tutti sanno che tra noi ‘gatta ci cova’ e le reazioni sono le più diverse; la peggiore è quella di Giorgio, alla quale Simona risponde con un gesto clamoroso; chiama in sua presenza la moglie e le racconta la vicenda; le dice anche che sono al corrente e che per risposta me ne vado a Como con la mia direttrice; la prega di non reagire male anche lei e le assicura che la loro amicizia non è in discussione; l’altra sembra convincersi.
    A calcare la mano, Sofia viene nel mio ufficio proprio quando c’è anche Simona; mi chiede se me la sento di viaggiare insieme senza autista; provocatoriamente, le rispondo che se vogliamo stare in pace è meglio non avere altre persone tra i piedi; naturalmente la risposta sconvolge tutti i convincimenti sull’adulterio che ho subito; prima di uscire dall’ufficio, mia moglie chiude la porta, mi abbraccia a viva forza e mi sussurra.
    “Qualunque cosa tu decida, sappi che ti amo e che sto già pagando a caro prezzo una ragazzata; so che sei abbastanza forte da perdonare; se ti riesce, ti chiedo di dimenticare, di tornare da me, dopo la vacanza. Ciao, unico amore mio.”
    Come era presumibile, Simona non se la sente di mangiare e le ore prima del viaggio sono un tormento indicibile.
    “Le volte che ti sei allontanato, prima di partire scopavamo perché dicevi che volevi portarti l’odore del mio corpo … “
    “Lo capisci che adesso porterei con me l’odore dello sperma che mi hai voluto far assaporare?”
    “Stronzo, lo sperma si è lavato con la doccia; l’amore è rimasto intatto ed è l’odore del mio amore che potrei darti adesso.”
    Sofia ha già strombazzato che è al cancello; la abbraccio e la bacio.
    “In fondo, sono veramente un debole, con te; e non riesco mai a farti pagare le colpe … “
    La lascio che piange e scappo via.
    Comincia per me una settimana difficilissima; già il viaggio risulta laborioso; per non affaticarci, ci fermiamo una notte in un motel sull’autostrada; la realtà è che Sofia freme dalla voglia di scoparmi; da quando sono entrato in azienda e lei era la mia giovane tutor, non ha mai smesso di chiedermi una storia d’amore, anche clandestino, ma che riempisse il vuoto della sua esistenza tutta dedita al lavoro; all’inizio, era ancor sposata con l’imprenditore che ne aveva costruito la carriera e la ricchezza.
    Poiché i loro rapporti erano già abbastanza tesi; era stata spesso tentata di ripagare il marito con le stese corna che lui le regalava a carrettate; il giovane neoassunto sarebbe stato l’ideale, come uomo nell’armadio; ma la sua coscienza e il consiglio dei suoi legali la dissuase dall’azzardare storie d’amore prima della sentenza di separazione; si trattenne e si limitò a favorire la mia crescita professionale; io intanto avevo conosciuto Simona, me n’ero innamorato e l’avevo sposata.
    Nel corso del tempo, avevo avuto notizie di molte storie che la riguardavano e, in particolare, di relazioni anche abbastanza lunghe che erano finite tutte; le ero molto affezionato e, se non avessi avuto la pregiudiziale della lealtà promessa a Simona e che rispettavo, certamente avrei intrecciato volentieri con lei una storia molto intensa, aiutata anche dal fatto che, diventata direttrice di un sezione fondamentale dell’azienda, mi aveva voluto suo primo collaboratore e aveva favorito la mia carriera.
    Negli ultimi tempi, poi, aveva espresso a chiare lettere, a molte persone, la sua passione per me e il desiderio di avermi come amante, anche clandestino; mi ero sempre schernito per non venire meno all’amore coniugale; questo episodio mi metteva nelle condizioni ideali per confessare anch’io una decisa propensione a vivere con lei una storia non banale né aleatoria; il viaggio sembrava il momento ideale.
    Quando ci ritirammo nella camera matrimoniale che aveva chiesto, non c’erano dubbi che sarebbe stata la nostra ‘prima notte’ e mi accostai con la serenità e la passione che avevo già sperimentato con mia moglie; il bacio che ci scambiammo aveva il sapore di un primo incontro tra adolescenti, con gli ormoni alle stelle e tanta voglia di farlo diventare il momento della grande confessione; le mani correvano all’impazzata sui corpi da scoprire.
    Quando fummo nudi, per la prima volta, l’uno davanti all’altra, non smettevamo di carezzarci con gli occhi, prima che con le mani e con le bocche; il desiderio era passione pura e voglia di impossessarsi dell’altro prima mentalmente e poi fisicamente; i seni abbondanti mi catturarono come il miele le api; la figa carnosa e umida attirava il mio dito prima che il mio cazzo; non ci demmo il tempo di studiarci; in un lampo fu supina sul letto e mi tirò su di lei per farsi penetrare con somma gioia.
    Ebbi un orgasmo violento e bruciante; lei esplose in un piacere senza precedenti; ci stendemmo sul letto, tenendoci per mano e carezzandoci con lussuria.
    “E’ vero che ti piace guardare la tua donna che scopa con altri?”
    “Chi ha detto questa stronzata?”
    “Pare che lo racconti tua moglie! Perché non la chiami e te lo fai confermare?”
    “Vuoi provocare’”
    “No, voglio capire se lei è una stupida o tu un attore impeccabile.”
    Feci il numero di Simona; doveva essere in ansiosa attesa di un mio cenno di interesse, perché mi rispose subito.
    “Simo, sono in un motel, a letto con Sofia e mi ha parlato di una voce che gira. Chi era il maschio che ti scopava quando io stavo a guardare da cornuto contento o, come pare che tu abbia detto, da cuckold? Attenta a come parli perché sei in vivavoce.”
    “E’ una stronzata che ho detto io senza rendermene conto; tu avevi accennato spesso all’ipotesi che io facessi l’amore con un altro, d’accordo con te, e poi ti raccontassi i fatti; ora so che parlavi per un gioco sessuale tra noi ed invece io l’ho raccontata a Giorgio come una tua vera esigenza; te l’ho detto, avevo la presunzione di essere più brava di te anche in queste cose e te lo volevo dimostrare; per questo mi sono fatta scopare da lui e volevo raccontartelo mentre tu mi leccavi la figa piena della sua sborra. E’ stata una cazzata che ti ha creato un casino di difficoltà. Se vuoi che divorziamo, non ci posso fare niente, è stata una stronzata e le conseguenze ora le paghi tu.”
    “Senti, ragazzina capricciosa e sprovveduta, io ne ho avuti molti di amanti; Andrea è il migliore in assoluto, perché sa amare, sa rispettare i miei sentimenti; ha una mazza che non trova molti concorrenti; la usa da dio e mi sta facendo vivere il paradiso di tutti i credenti; io te lo sequestro per questa settimana ma poi te lo riporto sano e salvo; non gli staccherò nessun pezzo mentre mi farò scopare, amare, possedere in tutti i modi; non buttare via un uomo così prezioso ed anche innamorato, mi pare.”
    “Sofia, gli ho fatto molto male mettendo in giro certe voci; se torna con me posso solo ringraziare la mia buona sorte; dagli amore e ne avrai raddoppiato; questo almeno è riuscito ad insegnarmelo, contro la mia presunzione; se riesce a tornare da me, sarò una donna diversa, più lucida e razionale; se decide di restare con te per sempre, posso solo farvi gli auguri.”
    “Non fare la prefica; tornerà da te; io al massimo ti ruberò qualche notte d’amore e lo costringerò a tradirti, di tanto in tanto, perché mi sta benissimo, in ufficio e a letto; ma la sua donna sei tu; se impari ad esserlo al top, hai davanti una vita felice, lasciatelo dire da una che è passata attraverso un divorzio a decine di amorazzi. Sappi però che questa settimana è tutta per me; me l’ha promesso e lui le promesse le mantiene. Buonanotte piccola; vuoi che ti saluti anche lui?”
    “No, fatti baciare come se baciasse me e la prossima scopata pensate di farla anche con me. Ciao, capo.”
    E’ l’inizio di una settimana di fuoco; le ore di luce sono impegnate tutte per lavorare sodo; siamo una bella coppia di funzionari, io e Sofia, e insieme facciamo squadra come si deve; ma è quando annotta che ci troviamo in un’intesa che raggiunge la perfezione; non amiamo prolungare le cene nei pub o nelle discoteche, anche per l’età non proprio verde; ma beviamo in camera l’ultimo bicchiere, prima di rilassarci nella fuga dalla realtà, in un mondo d’amore che forse ambedue avevamo sognato.
    Sofia ha ancora tanta voglia di godere e di vivere intensamente; ha attraversato molte esperienze ma un cazzo tra le sue mani diventa un gioiello prezioso del quale riesce a far brillare tutta la potenza, con le mani, masturbando sapientemente, con la bocca, praticando pompini da far perdere la testa, con i seni gonfi e carnosi tra i quali riesce a catturare qualunque randello per portarlo a sborrare con un elegantissima manipolazione, con la figa e con il culo che divorano il cazzo e lo svuotano.
    Andrea è abilissimo a preparare le scopate con lunghissimi cunnilingui in cui si è quasi specializzato; la sua lingua riesce a percorrere tutte le superfici della figa, grandi e piccole labbra, vagina e clitoride, strappando piacere a ogni passaggio; passa dalla figa al culo con rapida successione di piccoli colpi che fanno sentire gli urli della compagna fin quasi dalla hall; quando decide di infilare la mazza in un buco, riesce a far sentire la forza di oltre venti centimetri che spanano, insieme alla carezza dolce che esercitano sui tessuti molli.
    Quasi sempre fino alle prime luci dell’alba si lasciano andare a scopate inenarrabili, fatte di aggressioni e di solletichi, di passione e di tenerezza, di feroci penetrazioni e di languidi bacetti su tutto il corpo; Sofia sembra non stancarsi mai di sentirsi vellicata in ogni punto del corpo e di ricevere poi violenti colpi nel retto o nell’utero quando la mazza ritta di lui la penetra nel culo o in figa; Andrea si lascia andare alle leccate profonde prima di prendere l’iniziativa.
    La sorpresa li coglie il sabato mattina, ultimo del convegno, quando vengono avvertiti da un altoparlante che sono attesi alla reception; non aspettano nessuno e si guardano meravigliati; vanno insieme all’ingresso e rimangono sbalorditi quando scorgono l’inconfondibile figura di Simona ferma al bancone con un trolley leggero nella mano; la donna intuisce immediatamente, si precipita verso l’amica e l’abbraccia con fervore; prontamente, le forniscono un accredito; si stanno ancora stringendo appassionatamente, quando lui, ripresosi dalla sorpresa, riesce a raggiungerle.
    “Che diavolo ci fai tu qui?”
    “Ho visto il programma; ho capito che stamane avevate poco da fare e che domani tornate in macchina; ho preso un treno di alta velocità e sono qui; se mi volete con voi, staremo insieme; se a qualcuno la mia presenza dà fastidio o turbamento, prendo il primo treno di ritorno; volevo entrare nel cerchio magico del vostro amore; ci ho provato; vi voglio, tutti e due; se anche voi mi volete, passiamo insieme questi due giorni compreso il viaggio.”
    “Hai fatto benissimo, ragazza mia; era la scelta più bella che potessi fare; impareremo a dormire in tre nello stesso letto e Andrea deciderà cosa gradisce … ma forse anche noi due dovremo verificare quanto ci ‘facciamo sangue’; o ti spaventa un po’ di amore saffico?”
    “Se me lo dai tu e Andrea mi sta vicino, vengo anche all’inferno con voi; hai detto che dovevo lasciarti qualche briciola d’amore con mio marito. E se ce lo prendessimo insieme, quest’amore, quando ne abbiamo voglia? O non ti va giù che ancora una volta abbia cercato di prevenire i tuoi desideri?”
    “Se sei qui per dare sfogo alle tue segrete voglie, fa pure; se devo essere onesto, a questa ipotesi neppure ci avevo pensato; avere due donne nello stesso letto a scambiarci sesso e passione; questa credo che pochi possano immaginarla. Resta da vedere cosa riuscirete a combinare tra voi e con me, singolarmente e in coppia. Stasera facciamo le prove … “
    La cosa sembra funzionare; per Simona riserviamo una camera singola; non siamo neppure entrati nella camera grande, che le sue si avvinghiano in un abbraccio che dimostra quanto sia intenso il loro desiderio di sperimentare una diversa forma di amore; il bacio che si scambiano è degno di una passione sopita a lungo ed esplosa poi in tutta la sua virulenza; rimango sorpreso perché, in fondo, appena si conoscono; poi rifletto che Simona si sta lanciando nella novità con suo solito impeto.
    Sostanzialmente, è lo stesso stimolo che l’ha spinta a scopare con Giorgio; io avevo parlato in teoria di vederla scopare con un altro; lei, alla prima occasione, per dare la sensazione di essere più brava e di passare dal pensiero all’azione senza le riflessioni che io , a suo parere, tiravo in lungo, si era fatta sfondare e pretendeva anche di farsi leccare da me la figa piena di sborra; non aveva neanche preso in considerazione l’ipotesi, semplice e logica, di parlarne prima con me; voleva solo stupirmi.
    In questo caso, Sofia ha a malapena accennato, sull’onda dell’entusiasmo per la nuova ed imprevedibile situazione creatasi con il suo arrivo a sorpresa, ad un ipotetico rapporto saffico, di cui mia moglie aveva solo sentito parlare da me o in qualche conventicola di donne; travolta dall’immancabile desiderio di sbalordirmi, si lancia nell’avventura senza badare ad altro; lascia esplodere la sua libidine e la gioia del ‘giocattolo nuovo’ e afferra di prepotenza l’altra per imporre il suo diritto di moglie.
    Sofia non ha niente da farsi insegnare e, anche se non ho dati precisi, sospetto che qualche esperienza lesbica l’abbia già maturata e sia in grado di gestirla; di fatto, la frena e comincia a spogliarla con meticolosa determinazione; i seni abbondanti di Simona sono presto in piena luce; Sofia la spinge sul letto e si attacca ai capezzoli grossi e carnosi come all’ultima spiaggia; lecca e succhia come un’idrovora; l’altra non riesce neppure ad articolare parola, presa com’è dal ciclone dell’erotismo che la ‘capa’ utilizza con estrema sapienza e disinvoltura.
    Poi, quasi reagendo alla provocazione, è Simona a strapparle di dosso il tailleur, il reggiseno e lo slip, singendola supina sul letto; si fionda sulla figa già rorida e il suo viso si immerge fra le cosce; mi sono sistemato in disparte e non vedo tutto, ma ho la certezza che le sta strappando l’anima; sfruttando quello che ha imparato su di sé dai miei preliminari, sono certo che le sta succhiando il clitoride; sento l’altra che urla di piacere.
    Sofia si svincola, le salta addosso a 69 e insieme si succhiano per lungo tempo, si infilano fino a quattro dita in figa e nel culo, raggiungono orgasmi parossistici; provocatoriamente, prendo due spazzole dal bagno e le metto in mano ad ognuna; cominciano a penetrarsi coi manici, in figa e nel culo; esco dalla stanza e porto le mie cose in quella singola destinata a Simona, per significare che ormai di me non hanno bisogno; Sofia mi raggiunge qualche minuto dopo, appena coperta da una vestaglia.
    Mi chiede scusa con molta umiltà e mi propone di tornare con loro; non era sua intenzione lasciarmi fuori, ma Simona l’ha travolta; mia moglie sta quasi piangendo, dopo essersi accorta che ancora una volta mi aveva umiliato usando i miei insegnamenti a mio danno; mi spoglio, entro nel gioco assai passivamente e mi stendo sul letto accanto a loro; Sofia mi viene addosso e si impala sul mio cazzo ritto, alla cavallerizza.
    Simona resta ferma per un poco; sollecitata dall’altra, si viene ad accosciare sul mio viso; la lecco senza voglia, sfruttando abilmente tutta la tecnica per farla urlare ad ogni orgasmo; non riesco a venire e lascio che si scatenino; quando sono esauste per avere troppo sborrato, si scavalcano contemporaneamente e si stendono a fianco sul letto; riprendono a carezzarsi delicatamente, dimenticandosi di me.
    Esco dalla stanza quasi clandestinamente, rivestendomi alla meno peggio; entro nella camera singola, chiudo a chiave la porta, vado in bagno e mi sparo una sega sesquipedale, sborro violentemente contro le mattonelle bestemmiando a loro due e all’amore; mi preparo per la notte; faccio una telefonata e mi addormento come un bambino; alle sei, la sveglia mi butta giù dal letto; preparo in fretta la valigia, mi vesto di tutto punto e scendo nella hall, dove Petra mi sta già aspettando per partire.
    E’ un’imprenditrice svizzera nostra concorrente, una cinquantenne assai gagliarda della quale si lodano le grandi qualità lavorative e i grandi entusiasmi amorosi; ha avuto lunghe storie, ma, nel contempo, decine di amanti, chi stava con lei doveva accettarne la facilità di scopare dovunque, comunque e con chiunque le desse voglia; per tutta la settimana mi aveva fatto il filo promettendomi un posto di prestigio e una storia anche lunga se accettavo di essere complice della sua libidine sfrenata.
    Per tutto il tempo, ero rimasto fedele a Sofia e alla promessa tacita che, accettando il viaggio, le avevo fatto; dopo l’episodio del sabato sera, mi ero reso conto che non ce n’era più, sul versante italiano, sia per il matrimonio ormai fallito, sia per il lavoro che ancora mi riduceva al ruolo di assistente; la telefonata finale l’avevo fatta a Petra, per dirle semplicemente che ero libero da qualunque impegno e che ero disposto a vivere con lei una storia anche importante, alle sue condizioni.
    Coerente ai suoi impegni, mi aveva aspettato nella hall ad orario antelucano perché voleva essere a casa in fretta; con una macchina veloce come la sua, anche rispettando i limiti stradali, potevamo essere a destinazione nel pomeriggio; ci fermammo a pranzo lungo strada e scoprii una donna affascinante per modi, cultura, determinazione, carattere; mi sentii immediatamente travolto dal ciclone delle idee, delle fantasie, delle invenzioni e delle proposte che faceva a ruota libera.
    Mi assicurò il nuovo lavoro di direttore generale, garantendomi la firma del contratto appena a casa; mi accennò a viaggi che voleva fare per partecipare a particolari incontri di settore in veste di responsabile; lei sarebbe stata più volentieri solo l’amante, a patto che la facessi urlare, e molto; parlò di crociere, di mari stupendi, di spiagge immacolate; dovetti quasi fermarla.
    “Petra, che ne dici se dei sogni parliamo a letto, dopo aver fatto l’amore?”
    Fece l’unica scorrettezza che non avrebbe mai pensato di fare; bloccò la macchina sulla corsia di emergenza, sganciò le cinture e mi avvolse in un bacio che mi fece intendere quanto calore potevo e dovevo aspettarmi da quella figa; le infilai una mano tra i seni ed artigliai i capezzoli, che presi a titillare, una mia specialità con cui abbattevo tute le difese; sollevò la gonna e mi mostrò che non portava intimo; allungai una mano e la masturbai finché non roteò gli occhi al cielo, urlo forse una bestemmia ed esplose.
    Arrivammo finalmente a destinazione e non le diedi tempo per dominarmi; la spinsi sul divano del primo salone dove entrammo, mi sbottonai i pantaloni, tirai fuori il cazzo già durissimo per le provocazioni del viaggio e glielo spinsi fino a che urlò di dolore ‘piano, Andrea’; mi frenai e la scopai dolcemente, delicatamente, fu lei a prendermi le natiche e a spingere dentro la mazza fino a farsi male; alla terza sua sborrata, esplosi anch’io; vidi le stelline e l’arcobaleno; mi accasciai su di lei.
    “Ora so che non mi sono sbagliata; sei l’uomo che voglio!”
    Lo disse semplicemente, prese da bere e si avviò alla camera dove mi spogliò in un battibaleno; fui quasi più rapido di lei e ci fiondammo a letto; prima di decidermi di nuovo a penetrarla, stavolta mi abbandonai a tutta la mia conoscenza ed abilità di amante dei preliminari; leccai, succhiai, mordicchiai, accarezzai ogni punto del corpo e le strappai tutti gli orgasmi che potevo; dopo due ore di battaglia, si penetrò con violenza nel culo, standomi di faccia, e non smise finche non sborrammo insieme.
    Si assopì dolcemente; presi dall’armadio una vestaglia, non so se sua o di un amante precedente, e mi recai nel salone dove ci eravamo fermati; recuperai il mio portatile e scrissi una e mail che inviai contemporaneamente a Sofia e a Simona; non telefonai perché avevo disattivato il cellulare; non volevo che mi raggiungessero e sapevo già che l’indomani avrei avuto un nuovo apparecchio ed un nuovo numero.
    Lo riaccesi per un attimo; trovai una sfilza infinita di telefonate senza risposta e di messaggi delle due; si erano svegliate tardi, perché era domenica, e neppure si erano accorte che non c’ero; pensavano fossi nella singola; scesero pronte a partire e mi cercarono; furono avvertite che ero partito con la svizzera e il cielo cadde sulle loro teste; presero coscienza che l’avevano fatta grossa e non rimase loro che tornare a casa da sole; tutti i tentativi di comunicare erano risultati vani e dovettero attendere la sera tardi per leggere la mia e mail.
    “Cara Simona, la settimana si è conclusa, purtroppo male, ed io ho preso la mia decisione. Mentre ti scrivo, sono a Zurigo, a letto con Petra, una meravigliosa Milf svizzera, proprietaria di una bella fabbrica; mi sono appena fatto la più bella scopata della mia vita; Sofia ti dirà che è una grande troia; lo so per certo anch’io, come so che sarò sicuramente il suo amante privilegiato e mi trascinerà in avventure che neanche io riesco ad immaginare.
    So che viaggia molto e già mi parla di scorribande sessuali meravigliose, per tutto il mondo; ha bisogno di molti cazzi e mi ha chiesto di stare con lei, non da cuckold subalterno, come pretendevi tu, ma come complice alla pari; spero che la tua limitata intelligenza ti consenta di capire come si può essere concordi e trasgressivi; tu non l’hai ancora capito. Prevedo scopate stellari in situazioni che io stesso stento ad immaginare.
    Ti lascio con l’augurio che diventi abbastanza zoccola da sfogarti con tutti i cazzi che ti passeranno davanti; avrò qualche problema, ad ottenere il divorzio, con le leggi e la burocrazia italiana, ma sono certo di farcela, come è sempre stato; e sarò libero finalmente di parlare una lingua che l’atra capisca, senza gli equivoci imbecilli che hanno caratterizzato la mia travagliata vita con te; hai frainteso il senso dell’essere testimone delle tue scopate; hai equivocato sul sesso a tre, usando il mio cazzo per il tuo piacere, senza rispetto per me; spero che imparerai a scopare a tre, a quattro, in orgia, avendo coscienza di quello che vuoi e di quello vuoi dare; se non ce la farai, peggio per te.
    Ti dico addio per sempre, senza rimpianti e senza rimorsi; doveva andare così ed è meglio che sia finita.
    Cara Sofia, spero che l’esperienza fatta abbia riempito la tua voglia di portarti a letto anche me; se sei stata bene,ti consiglio di conservare nella memoria i momenti di lussuria, perché non ce ne saranno altri; se così non fosse, sai bene che ti basterà poco per dedicarti, soddisfatta una voglia, ad altri obiettivi; lascia stare i rapporti lesbici; non fanno per te; ma è solo una mia modesta opinione.
    Me ne vado con Petra, l’imprenditrice zurighese che mi faceva il filo; per ora, sono il Direttore Generale della sua fabbrica (una bella promozione, se sei onesta!) e per il momento mi ospita nel suo letto; pare che mi ci voglia tenere a lungo e fare cose turche con me. Non potevo perdere l’occasione per fare un cambio estremamente favorevole e decisamente intrigante; quasi certamente ci troveremo ancora, inevitabilmente, per convegni, convention ed altro; sarai con un altro (o con un’altra? Chissà!).
    Ma non proverò nessun rammarico; forse potremo ancora incontrarci da amici e salutarci senza aggressione. Addio.”
  13. .
    Molto bello, indubbiamente diverso dal tuo solito modo di scrivere. Niente vendette autodistruttive, niente violenze gratuite, ma una vera storia d'amore tra due persone che forse unite da due fallimenti paralleli che le vedevano unite a persone sbagliate, si scoprono prima solidali in un empatia che li unisce per poi scoprirsi intensamente innamorati.
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    Raffaella, detta Lella

    “Ciao, Lella, come va? Mi faccio una doccia veloce, poi ceniamo; ti devo anche parlare di una cosa importante!”
    Il bacio sulle guance è di prassi, tra me e mio marito, quando torna dal lavoro; come al solito, si fionda in bagno, si ficca sotto la doccia; poi, ancora in accappatoio, verrà in tavola per cenare; quasi sempre, prima ci abbandoniamo ad un caldo amplesso; sposati da solo due anni, ancora giovani e vogliosi, abbiamo una vivace interpretazione del sesso e ne facciamo largamente uso; ci concediamo anche molte e frequenti trasgressioni, con gli amici o con compagni occasionali.
    L’intesa è che copuliamo liberamente, con chi ci capiti, all’unica condizione che non ci sia niente che suoni come tradimento; per questo, ci lanciamo quasi sempre in avventure che ci vedono insieme, decisamente complici e innamorati, sicché anche fare libero sesso diventa un modo di esprimere il nostro reciproco ed intenso amore; se qualche occasione capita che non ci consenta di essere insieme, l’accordo è che avvertiamo appena possibile, anche il giorno dopo, se non si può prima.
    Lui è già nudo in bagno quando mi ricordo che doveva passare in concessionaria a prendere la garanzia per la cucina appena comprata; attraverso la porta gli chiedo se lo ha fatto; mi dice di prenderla nel borsello, che si ostina a portare incurante dei commenti e delle ironie; vado all’attaccapanni e, sotto la giacca, trovo appeso il suo indivisibile portadocumenti; mentre scavo per cercare la garanzia, mi capita tra le mani il suo telefonino; incuriosita, lo apro.
    Un diavoletto tentatore mi spinge a fare qualcosa che razionalmente non avrei mai fatto; conosco la password, lo apro e do una sbirciata; mi colpisce un video con una sigla strana; lo apro e mi appare un fallo che entra in una bocca aperta; non mi ci vuole molto a riconoscere il suo, lo individuerei tra mille, tanto mi ci sono affezionata; il campo si apre e la bocca risulta quella di Evelina, la mia amica che da sempre ha espresso il desiderio di farsi possedere almeno un volta da Aristide, mio marito.
    Il cervello mi si blocca per un momento e vedo nero; prelevo il foglio di garanzia, rimetto a posto il telefonino e richiudo; ma sono nervosa, anzi incavolata nera e non reggo allo stress; essere tradita così volgarmente era l’ultima cosa che potessi aspettarmi da lui, con la chiarezza che sempre c’è stata tra di noi; decido di uscire per sbollire la rabbia ed evitare una litigata che potrebbe nuocere al mio equilibrio mentale.
    Infilo la giacca, prendo la borsa e, prima di uscire, mi accosto alla porta del bagno e, attraverso il vetro, lo avverto che esco perché ho cose da fare ed un appuntamento al bar con le solite amiche; non ascolto nemmeno la sua risposta; so che mi starà facendo mille obiezioni, perché, se aspetto, possiamo uscire insieme; ma sono feroce e decido di mandarlo al diavolo; esco a coda ritta e cerco di dare ordine ai miei pensieri.
    Il solito diavoletto mi suggerisce che devo vendicare ‘l’offesa’ nella maniera più grave possibile e mi reco difilata al bar, dove so che incontrerò qualcuno con cui sfogare la mia rabbia; a mano a mano che avanzo, comincio a riflettere che forse può esserci una vendetta più sottile, ricambiare della stessa moneta e fare le corna anche a lui; ma, ancora peggio, penso che dovrei costruire una vendetta di cui si debba ricordare per tutta la vita, come per esempio fare sesso, davanti a lui, con Oreste.
    E’ il suo amico fidato, da una vita, che non ha mai nascosto che gli piaccio molto e che una seduta di sesso con me è l’ideale massimo dei suoi desideri; decido di inventarmi un modo per mortificarlo come lui ha fatto con me con quel video maledetto; telefono ad Oreste e gli do appuntamento al bar, dove mi raggiunge nel giro di pochissimo tempo; gli parlo di un’idea avuta con Aristide, di organizzare una bella copula a tre dai contorni particolari per renderla indimenticabile.
    Ha molti dubbi e li esprime chiaramente ma sono abbastanza abile nella dialettica e ci metto poco a convincerlo che abbiamo deciso un’occasione trasgressiva molto particolare in cui lui avrà un ruolo primario e dovrà copulare con me al massimo delle sue abilità; riesco a persuaderlo e a convincerlo che l’indomani sera, quando gli farò uno squillo, si dovrà presentare a casa nostra senza farsi notare e fare tutto quello che gli dirò.
    Passo con lui il resto della serata e tiro tardi prima di tornare a casa, verso le due, quando so che mio marito starà saporitamente dormendo perché si alza presto; entro cautamente in camera, ascolto il suo russare da sonno profondo, mi cambio in bagno e mi stendo accanto a lui; qualcosa mi rimprovera che sto facendo una enorme stupidaggine, non parlando con lui della scoperta; ma il fastidio di quel video è troppo vivo per consentirmi di ragionare.
    Si sveglia prestissimo e mi lascia ancora dormire; vado al lavoro e per tutta la giornata non mi faccio viva, anzi ignoro i suoi messaggi; ormai ho deciso che deve essere punizione e lo sarà, anche a costo di farmi male; ho il turno di mattina, al supermercato dove lavoro da cassiera, e mi trovo davanti tutto il pomeriggio libero per organizzarmi la serata che ho in mente; rientrata a casa, pranzo comodamente, mi dedico alle mie abluzioni e mi preparo ad una serata di sesso selvaggio.
    Aristide torna e compie i gesti rituali, bacio sulle guance e via sotto la doccia; quando esce in accappatoio, non gli lascio tempo per niente; gli dico che ho per lui una sorpresa, faremo l’amore in una maniera assolutamente speciale, lo porto in camera, bloccando ogni tentativo di parlare, lo faccio sdraiare sul letto e con uno scotch largo e solido gli imprigiono mani e piedi; un piccolo brandello gli tappa la bocca.
    Gli dico che stavolta sarò io a condurre il gioco e che dovrà e potrà solo accettare tutto quello che io deciderò di fare; mando lo squillo ad Oreste e mi spoglio; lascio aperta la porta e il portone d’ingresso; mentre aspettiamo, prendo il suo telefonino, apro il video incriminato e glielo mostro, si contorce in tutti i modi e cerca di parlare ma non può; sono inesorabile e lo avverto che adesso sarà lui a sperimentare quello che si prova ad essere traditi; oltretutto, lo sto avvisando prima, io.
    E’ chiaro che sta cercando di dirmi qualcosa; ma i suoni che emette sono solo versi gutturali; per un attimo, mi viene in mente che non ci siamo parlati esattamente da quando è entrato in doccia il giorno prima fino a quando è uscito dalla doccia adesso, che forse il qualcosa di cui voleva parlarmi era proprio la copula con Evelina; raccontata il giorno dopo, perché la sera prima dormivo, quando è rientrato, non costituirebbe tradimento; ma ormai sono lanciata e non mi fermo.
    Oreste entra silenziosamente in casa, raggiunge la camera e rimane per un attimo imbambolato di fronte alla scena; gli faccio segno che va tutto bene; si adegua e mi avvolge in un abbraccio da innamorato; perdo il senso del limite e mi prende il languore che conosco, quando sono molto eccitata; ricambio il suo bacio con grande passione e mi stringo a lui sensuale e flessuosa; avverto nettamente il sesso che mi preme sul ventre e mi rendo conto che è ben solido e grosso, come avevo sentito dire.
    Aristide è distrutto, si agita e strappa ferocemente i legacci che reggono all’urto; vedo che sta piangendo e godo perché il mio obiettivo era appunto quello di infliggergli una lezione terribile; in realtà, non provo niente per il suo amico e, in condizioni normali, una copula a tre con mio marito sarebbe stato un momento di grande sesso; ma l’immagine di lui che possiede Evelina senza avermi detto niente mi rende spietata.
    Comincio a spogliare lentamente il maschio e, quando gli tiro via il pantalone e il boxer, rimango per un attimo incantata di fronte a quella grazia di dio che mi si presenta, una mazza di una ventina di centimetri, grossa e nodosa, capace di contendere lo scettro a qualunque fallo, anche a quello di mio marito che comunque resta il più grosso tra quelli che ho assaggiato e in assoluto il mio preferito, perché amo lui e il suo bastone; non capisco cosa mi capiti.
    Oreste ha abbandonato, come me, qualunque senso di colpa o di rimorso; quando mi abbasso a prendere in bocca il suo mostro, mi accompagna la testa verso il basso e mi invita, a gesti e a parole, a leccare bene i testicoli e la radice, poi sono io a prendere l’iniziativa e lecco amorosamente l’asta per tutta la lunghezza; sembra quasi infinita, ma mi provoca dolci esplosioni i cui umori si vanno a scaricare nello slip, unico indumento che ho lasciato addosso.
    Quando le labbra sfiorarono la cappella, lo sento rabbrividire e inastarsi ancora di più, benché ormai non ne abbia; spinge delicatamente ma decisamente e io sento la cappella scivolare tra palato e lingua; la circondo di ghirigori sensuali, percorrendo la base e soffermandomi sul frenulo; avverto, dalle contorsioni involontarie, che gli piace ed insisto sulla leccata fino a far penetrare la punta della lingua nel meato urinario, con evidenti sferzate di piacere.
    Comincia a copularmi in bocca e spinge la mazza fino in fondo alla gola; già mi ero trovata nella necessità di arginare l’irruenza di una copula fastidiosa in gola e blocco con la mano l’asta oltre le labbra imponendogli penetrazione e ritmo; si lascia andare e facilita la mia fellazione, accompagnando soltanto con la mano il movimento della testa che titilla il membro stringendolo dolcemente.
    Rischia di eiaculare e non voglio che finisca così presto; gli strizzo i testicoli; capisce che deve frenarsi, mi prende per le braccia e mi fa alzare in piedi, mi spinge sul letto, a fianco a mio marito, mi divarica le ginocchia e si fionda sulla vulva, prendendo fra le labbra il clitoride che stringe tra i denti; ho un momento quasi di ribellione; da sempre, Aristide mi aveva abituata a lunghissime leccate che partivano dall’interno cosce e svariavano su tutto l’inguine.
    Tutte le volte che mi ero trovata a copulare con altri, era stato lui, con l’esempio o con il suggerimento, ad indicare al mio partner occasionale il modo migliore di titillarmi, con le mani o con la bocca per darmi il massimo godimento, prima di aggredire il centro del piacere; Aristide non è in grado di aiutarmi, con questo suo amico irruento; vedo che soffre a vedermi tormentata, ma mi sembra quasi di godere di più, per la sua sofferenza.
    Costringo l’altro a spostare l’obiettivo e a leccarmi meglio, dicendogli chiaramente quello che deve fare; si adegua e in poco tempo mi da sensazioni enormi di piacere leccandomi con cura le grandi labbra, poi le piccole ed infine titillandomi dolcemente il clitoride; mi giro a guardare mio marito, mentre gli orgasmi mi squassano il ventre, e gli sorrido provocatoria; si limita a stringere gli occhi, mentre le lacrime gli scorrono lungo le gote.
    Dopo una lunga e laboriosa ‘lavorazione’ del sesso, Oreste si sposta verso i seni e li palpa a lungo; fermandosi ogni tanto quasi a chiedermi conferma che si muove in modo giusto, mi succhia a lungo i capezzoli, li strofina fra le dita e ci passa sopra il sesso eccitandosi; stringo i globi intorno ed avvio una lenta spagnola; la punta mi arriva in bocca, come prevedevo, ed abbino alla copula tra i seni una fellatio anomala che gradisce profondamente.
    Poi si decide a penetrarmi; mi solleva i piedi fino a farseli girare intorno al collo e mi penetra con un solo colpo; gemo forte e a lungo, mentre mi lancio nell’amplesso che ben conosco, per averlo a lungo praticato con Aristide; mi cavalca per una buona mezzora, godendosi la vista della vagina penetrata dal suo membro superbo; raggiungo l’orgasmo un numero infinito di volte; ad ogni esplosione, guardo con sfida mio marito che, ormai distrutto, se ne sta ad occhi chiusi a soffrire.
    Poi Oreste mi fa ruotare mi mette carponi, per prendermi a pecorina; sento il sesso entrare come un ariete fino all’utero ed urlo di goduria; mi cavalca per una mezzora ancora; poi sfila il sesso dalla vagina, sputa sull’ano e, in un sol colpo, mi penetra nell’intestino; urlo, ma di dolore stavolta, e devo trattenerlo un poco, prima di adattarmi alla copula anale che porta avanti per un tempo che mi pare quasi infinito; è quasi inesauribile.
    Quando decido di farlo godere, stringo i muscolo rettali, abbraccio il sesso con lo sfintere e, in pochi copi, lo porto all’orgasmo; mi sento il ventre invaso da un fiume di sperma che raggiunge il punto più interno dell’intestino; la sensazione dl doppio godimento, mio e suo, mi produce il più bell’orgasmo della serata; si abbatte sulla mia schiena, schiantato dalla performance, e per un certo tempo se ne sta a prendere fiato; poi esce prudentemente dall’ano.
    Si sdraia al mio fianco, dal lato opposto ad Aristide, e prende a carezzarmi con dolcezza; ricambio e ci baciamo a lungo; sento la sua mazza riprendere vigore e rizzarsi di nuovo prepotente; decido allora di montarlo io, dopo avere subito per oltre due ore i suoi assalti; lo masturbo sapientemente per qualche minuto, lo pulisco con una delle salviette umidificate che abbiamo sulla testiera del letto per quella funzione; lo lecco a lungo; quando è duro abbastanza, gli monto addosso.
    Guidando sapientemente il sesso, me lo accosto alla vagina e comincio a farmi penetrare finché lo sento tutto dentro; poiché si è completamente ripreso, mi chiede come mai mio marito resti inerte e legato come un salame; senza smontare dalla sua mazza, prendo il telefonino di lui e gli mostro il video che aveva originato la vicenda.
    “Ah, questo è tutto? Lo sapevo che aveva copulato con Evelina; mi aveva detto che te ne avrebbe parlato! … “
    “Quando è successo?”
    “L’altro ieri sera; doveva parlartene ieri sera. Non l’ha fatto?”
    “Oh, mio dio, non gliene ho dato il tempo. Quindi era tutto regolare?”
    “Regolare perché?”
    “Siamo d’accordo che una trasgressione comunicata anche il giorno dopo non è tradimento … oh cristo, ieri non l’ho fatto parlare, stanotte sono tornata che dormiva, oggi non ho risposto ai messaggi. Ho fatto una stupidaggine enorme!”
    Mi preoccupo immediatamente di liberare Aristide dai legacci, sperando che non sia troppo tardi per rimediare ad un’imbecillità enorme; non dice una parola, quando è liberato anche dal bavaglio; mentre io mi scavalco dal randello del suo amico e corro a carezzarlo chiedendogli scusa, si veste come quando era entrato, prima di andare a fare la doccia; gli trotterello intorno sperando che mi risponda in qualche modo; ma è chiaro che è fuori di sé.
    “Ari, credimi, è stata una follia stupida, ma non volevo offenderti.”
    “Si, ti credo, non ti preoccupare … “
    “Senti, Ari, io mi sono fatto trasportare da tua moglie; credevo che tu fossi d’accordo; così mi aveva detto … Siamo ancora amici?”
    “Eravamo due buoni amici; adesso direi una sciocchezza, qualunque cosa ti dicessi. … Solo una cosa … Hai pensato, anche per un attimo, che potevi chiedermi se davvero ero d’accordo col suo progetto?”
    “No, mi dispiace; Lella mi è sempre piaciuta e questo mi ha fatto perdere il senso della logica; mi sono comportato da imbecille … “
    “… e mi hai fatto le corna; non credo che riuscirò mai a dimenticarlo, se anche mi riuscisse di perdonarti; era tuo dovere parlare con me, prima di agire … “
    “E’ vero, amore; anche io ho sbagliato a non parlare con te, prima di progettare una simile infamia … puoi perdonarmi?”
    “Che razza di domande!”
    “Che fai? Esci? Dove vai?”
    “Vado a prendere le sigarette … Chiedi a tua madre cosa disse tuo padre quando la lasciò definitivamente … “
    Non sono in grado di connettere; ho commesso un errore gravissimo ed ora dipendo dal perdono di un uomo che mi ama, anzi mi amava fino a due ore fa, ed ho calpestato come il più schifoso escremento di cane sul marciapiedi; non mi resta che sperare che non si sia troppo offeso e che davvero torni da me con le sigarette; vado in bagno, mi ficco sotto la doccia e cerco di lavarmi da dosso la vergogna che sento profonda.
    Quando esco, in accappatoio, Oreste è ancora lì, nudo, seduto sul letto, che cerca di dare ordine ai suoi pensieri; sul comodino, dal lato di Aristide, fa bella mostra di sé un pacchetto di sigarette quasi nuovo; Oreste guarda dalla stessa parte e vedo chiaro lo sgomento sul suo volto; faccio il numero di mia madre; lui mi chiede di mettere il vivavoce.
    “Mamma … non ho tempo per i convenevoli … quale fu l’ultima frase che disse mio padre prima di sparire dalla nostra vita?”
    “Buono, quello! Trovò la scusa più imbecille del mondo; disse che andava a prendere le sigarette e non l’ho più visto … “
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    Ho visto che i commenti li leggi, e quindi voglio farti sapere se ancora ce ne fosse bisogno che i tuoi racconti sono indubbiamente i migliori, scritti da una persona capace e molto preparata, ma anche con una vita vissuta, e di sicuro le esperienze anche di tipo sessuale ne ha avute, pertanto scrive a ragion veduta fatti e situazioni sicuramente portate all'estremo ma nonostante tutto colme di una grande umanità, anche se a senso unico, dal momento che le donne sono o delle ninfomani masochiste talmente stupide da rasentare la patologia oppure delle sante irreprensibili che si votano al martirio per il loro grande e unico amore. In questo racconto la figura di Francesca è davvero patetica quasi commovente. Stupisce il fatto che nonostante sia una persona molto acculturata, consapevole e innamorata del suo uomo decida improvvisamente senza una plausibile ragione di autodistruggersi al solo e unico scopo di nuocere a suo marito che a suo dire ama. Un racconto scritto bene come dire a punta di coltello, ma che mi ha lasciato l'amaro in bocca per come due donne chi in una maniera che nell'altra dipendano in maniera viscerale da un uomo che solo grazie alla sua patologica magnanimità le rende non libere, ma dipendenti senza alcuna possibilità per loro di poter veramente essere se stesse senza per questo autodistruggersi. Insomma una donna senza la sapiente guida di un maschio non saprebbe o potrebbe vivere in questo mondo e sarebbe destinata alla distruzione fisica e morale. Un filo conduttore che si riscontra in quasi ogni racconto: È questo il tuo modo di rendere le storie interessanti? O è il tuo modo di vedere le donne? Domanda prettamente intellettuale, senza voler entrare nella mente di chi le ha scritte.
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