Gli assi della caccia italiana

assi della Regia Aeronautica, Aeronautica Cobelligerante Italiana, Aeronautica Nazionale Repubblicana

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    Gli "Assi". Maestri dell' aviazione, carte vincenti e determinanti.

    Si dice ancor oggi "avere un asso nella manica" per far capire di avere a disposizione qualcosa che può cambiare la sorte a nostro favore. E di assi si parla spesso non solo nel gergo delle carte ma anche in aviazione. In realtà la definizione di asso è abbastanza recente. Intendo dire che comincia a prendere forma con il primo conflitto mondiale.

    La definizione è legata al numero di abbattimenti di velivoli nemici che un pilota riusciva a fare. Ogni nazione però teneva un limite diverso di vittorie per assegnare questo titolo ai propri campioni. E neanche il termine asso era in vigore. Gli inglesi usavano un termine che era diffuso in economia e i tedeschi chiamavano i loro piloti ultra vittoriosi con il nome di Uberkanonen, una specie di Top Gun.



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    Teresio Vittorio Martinoli (Novara, 26 marzo 1917 – 25 agosto 1944) è stato un aviatore italiano, uno dei maggiori assi della caccia italiana della seconda guerra mondiale con 22 (secondo altri autori, 23) abbattimenti individuali, dieci dei quali ottenuti nella Regia Aeronautica sui cieli di Malta, uno volando con l'Aeronautica Cobelligerante Italiana e quattordici collettivi. Morì in un incidente di volo nell'agosto del 1944. Gli fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

    Biografia
    Primi brevetti e scuola di addestramento

    Nato a Novara il 26 marzo 1917, Teresio Vittorio Martinoli fu costretto a rinunciare agli studi per la morte del padre, trovando lavoro come saldatore. Nel 1937 conseguì il brevetto di pilota di aliante, e l'anno successivo quello per il volo a motore.

    Nel 1939, arrivata la chiamata alle armi, seguì i corsi della Regia Aeronautica alla scuola di pilotaggio di Ghedi. Terminato l'addestramento ottenendo il grado di sergente pilota, venne assegnato alla 366ª Squadriglia, 151º Gruppo, 53º Stormo basato all'aeroporto di Torino-Caselle. Poco prima dell'entrata in guerra dell'Italia, gli giunse l'ordine di trasferirsi a Trapani, nella 384ª Squadriglia, 157º Gruppo.
    I primi successi sul "Falco"

    A bordo del suo caccia biplano Fiat C.R. 42 "Falco", il 13 giugno 1940 Martinoli ottiene la sua prima vittoria nei cieli sopra Tunisi, abbattendo un bimotore francese, probabilmente un Potez 630. Questo suo primo abbattimento è circondato da un alone di mistero in quanto non può essere confermato in nessun'altra documentazione, eccetto i molto precisi riferimenti nel suo libretto di volo. In seguito, Martinoli passò alla 78ª Squadriglia, 13º Gruppo, 2º Stormo, in Libia, anch'essa equipaggiata con Fiat C.R.42. Il suo secondo abbattimento ebbe luogo il 13 (secondo altri autori il 31) ottobre, mentre scortava un Savoia-Marchetti S.M.79 su Marsa Matruh. La vittima di Martinoli fu un Gloster Gladiator, quasi certamente dello Squadron 112. Il 112º, decollato dalla base di Sidi Haneish, in realtà quel giorno ebbe due perdite: il Gladiator pilotato dal Pilot Officer B. B. E. Duff e quello pilotato dal Flying Officer Lloyd Schwab. Ma, almeno inizialmente, la sua unità non accreditò a Martinoli l'abbattimento. Nel corso della battaglia aerea nei cieli sopra Marsa Matruh la Regia Aeronautica rivendicò l'abbattimento, oltre al Gladiator rivendicato da Martinoli, di altri dieci tra Gladiator e Hawker Hurricane, a fronte della perdita di un S.M.79 e di due C.R.42.

    Nel novembre del 1940 Martinoli ottenne una medaglia d'argento al valor militare.

    La sua terza, ed ultima, vittoria nel suo primo periodo di servizio in Africa fu ottenuta dopo essere stato trasferito al 4º Stormo, sua destinazione definitiva. L'aereo abbattuto, questa volta, era un bombardiere bimotore Bristol Blenheim, che precipitò nella zona di Bardia il 5 gennaio 1941. Martinoli non riuscì ad ottenere altre vittorie aeree prima del rientro della sua unità in Italia per essere riequipaggiata con il Macchi M.C.200 "Saetta", all'inizio del 1941.

    Sul "Saetta" Martinoli non conseguì alcuna vittoria, ma il numero dei suo abbattimenti salì drammaticamente nell'autunno di quell'anno quando il 9º Gruppo, 4º Stormo, al quale apparteneva, passò al Macchi M.C.202 "Folgore", velivolo dalle prestazioni decisamente migliori, ma che vedeva nella scarsità dell'armamento la sua vera debolezza. Le sole due mitragliatrici Breda-SAFAT calibro 12,7 mm, infatti, non potevano certo competere con le otto Browning da 7,69 mm (o i quattro cannoncini Hispano Mk II da 20 mm) che equipaggiavano l'Hurricane, il tipico aereo della RAF contro cui il "Folgore" si sarebbe spesso scontrato nei cieli nordafricani.
    A bordo del Macchi M.C.202 - Verso El Alamein

    Partiti da Gorizia, i nuovi Macchi M.C.202 del 9º Gruppo raggiunsero Roma-Ciampino, dove vennero accolti da Benito Mussolini e spediti in Sicilia, a Comiso, per operare negli attacchi sull'isola di Malta. E proprio Comiso il 19 ottobre fu oggetto di un attacco portato avanti da cinque Hurricane: i Macchi si levarono in volo e Martinoli riuscì ad abbattere due aerei avversari, realizzando la sua prima doppia vittoria e portando a cinque il suo bottino personale.

    Tre giorni dopo fu la volta di un altro Hurricane, e a novembre un secondo Blenheim. Durante l'inverno il 9º Gruppo si prese una pausa dai combattimenti, rientrando in missione nella primavera del 1942: maggio fu un ottimo mese per Martinoli, in forza alla 73ª Squadriglia, che nei cieli sopra Malta abbatté cinque Supermarine Spitfire ed un Curtiss P-40. Il 4 maggio, mentre scortava con altri quattro piloti del 9º Gruppo cinque CANT Z.1007bis, attaccò tre Spitfire che stavano aprendo il fuoco sui bombardieri. Due caccia della Supermarine vennero dichiarati abbattuti da Martinoli e dal sottotenente Alvaro Querci. La RAF ammise solo la perdita del Sgt. Jack McConnel (BR187/0) del 601 Squadron. Il 9 maggio Martinoli tornò su Malta con altri quindici piloti su Macchi M.C.202, di scorta a cinque CANT Z.1007bis. Trentatré Spitfire attaccarono la formazione. La RAF dichiarò l'abbattimento di tre bombardieri e un caccia. In realtà tutti gli aerei italiani rientrarono alla base, con solo un "Folgore" colpito da un proiettile da 20 mm. Martinoli rivendicò uno Spitfire abbattuto (insieme all'altro asso Franco Lucchini), ma la RAF non dichiarò perdite.[8] Due degli Spitfire attribuitigli su Malta però non gli vengono accreditati con certezza - uno addirittura non risulta apparire nemmeno nel suo libretto di volo.
    Rifornimento di un caccia Macchi M.C.202 su una pista in Africa settentrionale. Martinoli rivendicò numerose vittorie ai comandi di questo valido caccia.

    Nel mese di giugno, l'area operativa si spostò sul settore di Bir Hacheim, dove Martinoli abbatté altri tre P-40, più un'altra probabile vittoria non accreditata. All'attivo aveva ora quattordici abbattimenti certi, più tre probabili. È in questo periodo che riceve la sua seconda medaglia d'argento. Il teatro delle operazioni si spostò di nuovo sull'onda dei successi del Afrikakorps di Erwin Rommel, avvicinandosi sempre più ad El Alamein, dove l'asso italiano abbatte altri Spitfire e P-40, salendo a quota diciotto. Martinoli corse un grosso rischio il 9 ottobre, allorché abbatté uno Spitfire e ottenne una vittoria collettiva su un secondo caccia britannico, ma il suo aereo uscì dal combattimento piuttosto danneggiato. Il 23 ottobre fece precipitare il suo ultimo nemico in Nordafrica, probabilmente un P-40 del 260º Squadron caduto a Tell el-Dab'a, erroneamente identificato da alcune fonti come un Bell P-39 Airacobra. Ormai la campagna dell'Asse in Africa settentrionale si era arenata alle porte di El Alamein e le sorti del conflitto stavano per rovesciarsi a favore degli Alleati.
    Nuovamente in Sicilia con il "Veltro"

    Dopo la vittoria di Montgomery ad El Alamein, gli Alleati riconquistano terreno in Nordafrica e si preparano all'invasione della Sicilia (operazione Husky), primo passo per la conquista dell'Italia. Nel luglio del 1943, Martinoli fu impegnato nella dura lotta contro i bombardieri statunitensi che stavano bombardando l'isola nelle fasi precedenti allo sbarco, avvalendosi anche del nuovo M.C.205 "Veltro", un aereo dalle prestazioni di tutto rispetto, giunto però troppo tardi per poter in qualche modo alterare le sorti del conflitto.

    Il 4 luglio, mentre nei cieli della Sicilia si facevano sempre più vivi i bombardieri statunitensi che preparano il terreno per l'operazione Husky, Martinoli abbatté un P-39 Airacobra ed ottiene una vittoria collettiva su un bombardiere Boeing B-17 Flying Fortress. Conquistò così la sua ventesima vittoria individuale. Il 6 luglio danneggiò un Lockheed P-38 Lightning e uno Spitfire, ma verso sera, la base di Finocchiara venne attaccata da alcuni Martin B-26 Marauder, proprio mentre Martinoli era in procinto di atterrare: riuscì comunque ad uscire dall'aereo e a gettarsi nelle trincee, mentre i Macchi sulla pista vennero distrutti dall'incursione avversaria. Quattro giorni dopo, ovvero il 10 luglio, ebbe luogo lo sbarco alleato in Sicilia: solo la 74ª Squadriglia di Martinoli era stanziata a Finocchiara e poteva disporre di due soli Macchi ancora in grado di combattere.

    La situazione per le truppe italiane ormai è disperata: il 15 agosto Martinoli abbatté uno Spitfire sullo stretto di Messina, portandosi a quota ventuno vittorie, ma l'8 settembre Badoglio annunciò la firma dell'l'armistizio.
    Un P-39N Airacobra della Aeronautica Cobelligerante Italiana. Martinoli morì a causa di un incidente su questo aereo, uno dei più controversi velivoli impiegati dagli USA durante la guerra.
    L'armistizio e la tragedia

    Dopo l'armistizio di Cassibile, Martinoli decise di proseguire la guerra al fianco degli Alleati, nell'Aeronautica Cobelligerante Italiana: a novembre, in Jugoslavia, abbatté uno Junkers Ju 52/3m tedesco sopra Podgorica dopo una lotta con due Messerschmitt Bf 109 di scorta: è la sua ventiduesima ed ultima vittoria.[9]

    Il 25 agosto del 1944, all'età di 27 anni, il sergente maggiore pilota Teresio Vittorio Martinoli morì in un incidente durante un'esercitazione sui P-39 Airacobra forniti all'Aeronautica Cobelligerante. Verrà decorato con una medaglia d'oro alla memoria, che si aggiunge alle due medaglie d'argento al valor militare e alla Croce di Ferro di seconda classe tedesca

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    Franco Lucchini (Roma, 24 dicembre 1914 – Catania, 5 luglio 1943) è stato un ufficiale e aviatore italiano.

    Capitano della Regia Aeronautica, fu un eroe di guerra della seconda guerra mondiale decorato con la medaglia d'oro al valore militare alla memoria.

    Con 22 abbattimenti fu tra i migliori assi della Regia Aeronautica Italiana durante Guerra civile spagnola e la Seconda guerra mondiale. Secondo alcune fonti, il bilancio bellico assommerebbe a 26 vittorie aeree individuali (e ulteriori 52 condivise con altri piloti), inclusi i 5 abbattimenti ottenuti in Spagna..

    Biografia

    Franco Lucchini nacque a Roma il 24 dicembre 1917. La sua passione per il volo fu stimolata dai racconti di due amici di famiglia come Gian Giacomo Chiesa, direttore della scuola di pilotaggio di Cerveteri, e il colonnello Bertolini, comandante dell'aeroporto di Furbara, poi caduto nei cieli d'Etiopia. Lucchini entrò a far parte della Regia Aeronautica come ufficiale di complemento nel 1935. Ottenne il brevetto di pilota militare presso la Scuola Aeronautica di Foggia nel luglio 1936 e venne in seguito assegnato alla 91ª Squadriglia Aeroplani da Caccia del 4º Stormo.
    Guerra civile spagnola

    Nel 1937 Lucchini decise di partire volontario per la guerra civile spagnola. Il 22 luglio si imbarcò a Ostia su un cargo diretto a Cadice. Fu assegnato alla 19ª Squadriglia, 23º Gruppo Caccia Aviazione Legionaria, basato a Torridoe ed equipaggiato con caccia biplani Fiat C.R.32.

    Durante il conflitto civile spagnolo, a Lucchini vennero accreditare 5 vittorie aeree, nel corso di 122 missioni di volo. Fu a sua volta abbattuto due volte, la seconda – il 22 luglio 1938 – dai Polikarpov I-16 di scorta, dopo aver fatto precipitare un bombardiere Tupolev ANT-40 (Tupolev SB-2). Lanciatosi con il paracadute, venne fatto prigioniero ma riuscì a scappare nel febbraio 1939. Le sue vittorie in Spagna gli valsero la promozione al ruolo di ufficiale di ruolo effettivo ed una Medaglia di Argento al Valor Militare. Tuttavia il numero dei suoi abbattimenti in Spagna è - secondo alcuni storici - sovrastimato, forse nell'intento di farlo apparire, davanti all'opinione pubblica, come il “Baracca della seconda guerra mondiale”. Secondo alcune fonti, in effetti, in Spagna, Lucchini avrebbe ottenuto solo una vittoria confermata, oltre ad altre in collaborazione con altri piloti.

    Al termine della guerra civile Lucchini rientrò al suo reparto d'origine per poi passare alla 90ª Squadriglia dello stesso Stormo Caccia nell'aprile 1940.
    Seconda guerra mondiale

    La 90ª Squadriglia, dopo essere stata riequipaggiata con il nuovo caccia Fiat C.R.42, venne inviata in Africa settentrionale, dove l'11 giugno 1940 Lucchini volò per la prima missione di guerra a protezione di Tripoli. Il 21 giugno, attaccava uno Short Sunderland, già attaccato senza risultato da un altro Fiat C.R.42 e da due C.R.32 al largo di Tobruk. Lucchini colpì il grosso aereo inglese, lasciandolo con due motori che fumavano. Non ne rivendicò la distruzione ma due giorni dopo, dalla base navale di Bardia comunicavano che un aereo di quel tipo era stato trovato affondato, con pesanti danni e solo un membro dell'equipaggio sopravvissuto, anche se ferito. Pur essendo una vittoria di Lucchini, l'abbattimento fu attribuito anche agli altri tre piloti.

    Nella grande battaglia aerea del 4 agosto 1940 sulla Ridotta Capuzzo, Lucchini, tenente della 90ª Squadriglia, abbatteva un Gloster Gladiator con 385 colpi, nei pressi di El Adem, molto probabilmente quello pilotato dal Flight Lieutenant Marmaduke Pattle "Pat", destinato a diventare uno dei più grandi "assi" alleati , con circa 50 aerei abbattuti (e con il più alto numero di velivoli italiani abbattuti nella seconda guerra mondiale) che del suo abbattitore notò come fosse un eccezionale tiratore, in grado di calcolare con grande accuratezza la traiettoria dei proiettili e quella dell'aereo avversario. Durante questo primo ciclo operativo in Nord Africa, a Lucchini furono accreditate 3 vittorie aeree individuali e 15 in collaborazione, nel corso di 94 missioni e 13 combattimenti aerei.

    Fu decorato con una seconda Medaglia d'argento al Valor Militare e due Medaglie di Bronzo al Valor Militare.

    Agli inizi del 1941 la 90ª Squadriglia venne inviata in Italia per essere riequipaggiata con i nuovi caccia Macchi M.C.200 e successivamente, il 16 giugno 1941, a Trapani in Sicilia per partecipare alle operazioni contro l'isola di Malta. Il 27 giugno 1941 abbatteva un Hawker Hurricane, e successivamente condivise molte altre vittorie con i suoi compagni.

    Nel settembre 1941, Lucchini nuovamente decorato con una Medaglia di Argento al Valor Militare e, nel dicembre dello stesso anno, venne nominato comandante della 84ª Squadriglia. Poco dopo la promozione, l'unità venne inviata ad Udine per essere riequipaggiata con i caccia Macchi M.C.202. Il 3 aprile 1942, il 4º Stormo iniziava a tornare in Sicilia, dove era stato basato nel novembre e nel dicembre del 1941, con l'arrivo del 10º Gruppo, proveniente da Roma-Ciampino, a Castelvetrano. L'unità, forte di 26 nuovi Macchi M.C.202, era guidata proprio da Lucchini, al momento accreditato dell'abbattimento di 14 aerei nemici, più uno in collaborazione. Il 9 maggio Lucchini guidò su Malta altri 15 piloti su Macchi 202, di scorta a cinque CANT Z. 1007bis. Trentatré Spitfire attaccarono la formazione. La RAF dichiarò l'abbattimento di 3 bombardieri e un caccia. In realtà tutti gli aerei italiani rientrarono alla base, con solo un "Folgore" colpito da un proiettile da 20 mm. Lucchini (come l'asso Teresio Martinoli e un altro pilota), rivendicò un Supermarine abbattuto, ma la RAF non dichiarò perdite.

    Il 22 maggio 1942 l'intero 4º Stormo, dopo aver riequipaggiato i suoi caccia con filtri di aspirazione tropicalizzati, venne nuovamente inviato in Nord Africa, presso Martuba per partecipare all'offensiva italo-tedesca dal generale Erwin Rommel contro le truppe inglesi. Il 4 giugno, Lucchini rivendicava l'abbattimento di un P-40 nel cielo di Bir Hacheim. Il 17 giugno abbatteva un altro P-40 su Sidi Rezegh.
    Un Macchi M.C.202 del Museo Storico dell'Aeronautica Militare a Vigna di Valle. Lucchini ottenne la maggior parte delle sue vittorie aeree pilotando questo eccellente caccia della Macchi.

    Il 10 luglio 1942, guidava altri 10 Macchi 202 dell'84a Squadriglia, prima di scorta a dei C.R.42 del 158º Gruppo nell'area di El Alamein, e poi in una missione di caccia libera. Lucchini avvistò una formazione di 15 P-40 e portò la sua formazione all'attacco. I Curtiss formarono un cerchio difensivo Lufbery. Dopo trenta minuti, esaurite le munizioni, i Macchi tornarono alla base. Lucchini rivendicò l'abbattimento di un P-40 (altri sette vennero dichiarati abbattuti dai piloti della sua formazione e della 90ª Squadriglia). Il 2 settembre, alle 06:00, Lucchini è in volo con altri 17 Macchi del 10º Gruppo guidati dal Maggiore Giuseppe D'Agostinis in una missione di caccia libera. Incontrarono due formazioni di 18 Douglas Boston e una di 12, scortati da trentacinque Spitfire sull'area di Bir Mseilikh. Nel combattimento che ne seguì Lucchini dichiarò l'abbattimento di un Boston e di uno Spitfire. Gli operatori del radar tedesco Freya il 20 ottobre tardarono ad identificare una numerosa formazione di aerei alleati e Lucchini, con altri 13 piloti del 4º Stormo, intercettarono 24 Boston e Lockheed Hudson ancora in azione su Fuka, scortati da 30 P-40s e 20 Spitfire. Lucchini danneggiò un Hudson (l'intero 4º Stormo rivendicò l'abbattimento di 24 aerei nemici) ma il suo M.C.202 fu danneggiato da un colpo di cannoncino da 20mm e fu costretto a compiere un atterraggio di emergenza. Il 24 ottobre 1942, Lucchini venne ferito ad un braccio e alle gambe durante una missione di volo. Inviato immediatamente presso l'ospedale di Fuka venne poi rimandato in Italia per un periodo di convalescenza. Durante questo secondo turno in Africa Lucchini meritò una Croce di Ferro di seconda classe conferita dagli alleati tedeschi per il coraggio dimostrato in azione.

    All'inizio del 1943 la sconfitta italo-germanica in Nord Africa portò al rischieramento del 4º Stormo in Italia per cercare di contrastare eventuali sbarchi sulle coste siciliane da parte delle forze alleate. Tra i mesi di gennaio e giugno il reparto venne parzialmente riequipaggiato con i nuovi caccia Macchi M.C.205. Lucchini rientrò in servizio nel marzo 1943 e venne promosso al comando del 10º Gruppo.

    Il 5 luglio 1943 Lucchini, ai comandi di un Macchi M.C.202, decollava alle 10:25, con altri 26 M.C.202 e M.C.205 del 4º Stormo per intercettare 52 bombardieri scortati da decine (tra i 20 e i 50) caccia Supermarine Spitfire, diretti a bombardare gli aeroporti attorno a Catania. Il Capitano Lucchini comandava il 10º Gruppo, formato dall'84a, la 90a e la 91a Squadriglia. Sulla verticale di Gerbini, Lucchini, dopo avere abbattuto un caccia di scorta (la sua 26ª vittoria) attaccava la formazione di B-17, che incontrava per la prima volta. Dopo avere danneggiato diversi bombardieri il caccia di Lucchini era visto precipitare, con il tettuccio chiuso, a pochi chilometri ad est di Catania. Il corpo di Lucchini fu ritrovato due giorni più tardi.

    Alla sua morte, Lucchini era stato decorato con cinque Medaglie d'argento al valore militare, una Medaglia di bronzo al valore militare, tre Croci di guerra al valor militare e una Croce di Ferro tedesca di seconda classe. Era stato citato sul Bollettino di Guerra il 5 settembre 1942 e il 6 luglio 1943. Le sue vittorie erano state ottenute in 70 combattimenti aerei nel corso di 262 (secondo altri 294) missioni di combattimento.

    Nel 1952 venne decorato alla memoria con la Medaglia d'Oro al Valor Militare postuma. La sua salma riposa presso il Sacrario dell'Aeronautica Militare presso il cimitero del Verano, Roma

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    Leonardo Ferrulli (Brindisi, 19 gennaio 1918 – Scordia, 5 luglio 1943) è stato un militare e aviatore italiano.

    Era un pilota della Regia Aeronautica, Medaglia d'Oro al Valor Militare. Gli sono accreditati 21 aerei abbattuti, uno durante la guerra di Spagna e gli altri durante la seconda guerra mondiale. Le sue vittorie, ottenute tra gli altri su Hawker Hurricane, Curtiss P-40 e Supermarine Spitfire, sono state conseguite ai comandi del biplano Fiat C.R.42 e dei monoplani Macchi M.C.200 e Macchi M.C.202.


    Nord Africa

    In forza, allo scoppio della seconda guerra mondiale, alla 91ª Squadriglia del 10º Gruppo, 4º Stormo C.T., basata in Cirenaica, Ferrulli ottenne la sua prima vittoria il 19 dicembre 1940, ai comandi di un Fiat C.R. 42, abbattendo un Hurricane nel cielo di Sollum. In Nord Africa abbatté altri cinque Hurricane e un Bristol Blenheim. Dopo l'attacco alla Jugoslavia, Ferrulli, con il 10° (equipaggiato con i Macchi M.C.200 consegnati dal 54º Stormo), viene trasferito in Sicilia per un ciclo di operazioni contro Malta. L'11 luglio 1941, rischia di essere abbattuto sull' “isola-fortezza”. Con i piloti del suo gruppo, Ferrulli partecipa all'attacco contro la base maltese di Micabba. È uno dei gregari del Comandante di Gruppo, tenente colonnello Carlo Romagnoli. Dopo l'attacco alla base, sul mare, Ferrulli, vedendo il collega Devoto inseguito da due Hurricane, vira, insieme a Franco Lucchini, per aiutarlo. Ma sopraggiungono altri quattro o cinque caccia nemici. Si sviluppa un violento combattimento aereo. I tre Macchi si disimpegnano a stento, filando a pelo d'acqua, inseguiti per 30-40 chilometri dai caccia inglesi, che alla fine virano e rientrano alla base. Ferrulli ha il velivolo colpito da molte raffiche e gravemente danneggiato, ma non è ferito. L'azione su Micabba viene considerata un successo e viene citata sul bollettino di guerra n.402. Alla fine del 1941, il 4º Stormo era stato equipaggiato con il nuovo Macchi M.C.202 e Ferrulli nel corso dell'anno seguente abbatté otto P-40 e uno Spitfire e nel dicembre 1942 fu promosso Sottotenente.
    L'ultimo combattimento

    Ferrulli ottenne le sue due ultime vittorie, nel cielo della Sicilia, il giorno stesso della sua morte: il 5 luglio 1943, poche ore dopo che il suo amico e altro grande "asso", Franco Lucchini era stato abbattuto non lontano dalla sua base. Ferrulli decollò alle 14 e 20 con il Tenente Giorgio Bertolaso e il Sergente Giulio Fornalé, anch'essi della 91ª Squadriglia, per intercettare una imponente formazione di bombardieri quadrimotori americani Boeing B-17 Flying Fortress diretta a bombardare Gerbini, scortata da caccia Lockheed P-38 Lightning e da una ventina (una trentina, secondo altre fonti ) di Spitfire degli Squadron 126 e 1435. Ferrulli fu visto abbattere un B-17 e un bimotore da caccia P-38 Lightning prima di essere attaccato dagli Spitfire di scorta. Colpito, Ferrulli, assicuratosi che il proprio velivolo non entrasse in collisione con le abitazioni civili e onde evitare vittime innocenti, si lanciava con il paracadute dal suo Macchi danneggiato, ma era troppo basso e urtò il suolo morendo a Scordia (CT) sacrificando la sua giovane vita e salvando quella di centinaia di cittadini scordiensi. La camera ardente fu allestita di tutta fretta presso la "Casa del Fascio" di Scordia. Ad abbattere quello che era, in quel momento, il pilota italiano con il maggior numero di vittorie aeree, fu un anonimo pilota alleato: probabilmente il Pilot Officer Chandler (JK139/V-X), che dichiarò di aver danneggiato un Macchi, durante quel combattimento aereo, oppure il Flight Sergeant F. K. Halcombe (JK368/V-J) del 1435 Squadron, che asserì di aver colpito un Messerschmitt Bf 109, spesso scambiato per un Macchi, data la somiglianza dei due aerei. Anche il Flying Officer Geoff White (JK611/MK-M) del 126 Squadron abbatté un Macchi, ma la sua vittima sembra essere stato il Sergente maggiore Corrado Patrizi dell'84ª Squadriglia che si salvò lanciandosi dal suo Macchi M.C. 205 con il paracadute.

    A Ferrulli fu conferita una Medaglia d'oro al Valor Militare postuma, che andava ad aggiungersi alle sue precedenti decorazioni, che includevano tre Medaglie d'Argento al valor militare

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    Franco Bordoni-Bisleri (Milano, 10 gennaio 1913 – Chiavari, 15 settembre 1975) è stato un militare e aviatore italiano.

    Era un pilota della Regia Aeronautica, decorato al valor militare e corridore automobilistico. Durante la seconda guerra mondiale gli furono accreditati 19 aerei abbattuti tra Bristol Blenheim (quattro), Hawker Hurricane, Curtiss P-40 (sei), B-26 e B-17 "Fortezze volanti" (sei). Le sue vittorie sono state conseguite ai comandi del biplano Fiat C.R.42 e dei monoplani Macchi M.C.202 ed M.C.205.



    Biografia

    Franco Bordoni-Bisleri nacque a Milano. Suo nonno era Felice Bisleri (1851-1921) che aveva creato il marchio dell'amaro Ferro China Bisleri, il cui logo era un leone rampante e la scritta "Robur" che divenne il suo soprannome, dipinto sulla maggior parte degli aerei da lui pilotati. Franco studiò al Collegio San Carlo una delle scuole private più esclusive della sua città natale. Ancor prima di diplomarsi aveva già raggiunto una certa notorietà come pilota di auto da corsa. Divenne pilota civile nel 1936, ma non riuscì a superare la visita medica per arruolarsi nella Regia Aeronautica a causa di una stenosi nasale. Riuscì, tuttavia, ad ottenere uno speciale permesso, rilasciato dalle autorità militari, che gli permetteva di partecipare ad attività militari. Grazie a questa licenza, nel 1937 fu assegnato alla Scuola di Bombardamento, e, in seguito, allo Stormo "Egeo". Infine ottenne il grado di sottotenente nel 3º Stormo Caccia nel 1938 e fu congedato. Fu richiamato in servizio nel giugno 1940, quando l'Italia dichiarò guerra alla Francia, ed assegnato alla 95ª Squadriglia del 18º Gruppo, sempre nel 3º Stormo, equipaggiato con i C.R.42 e basato sull'aeroporto di Albenga. Nel settembre del 1940, il suo Gruppo, il 18º, fu aggregato al 56º Stormo ed inviato, il mese seguente, con il Corpo Aereo Italiano, in Belgio, per partecipare alla fase finale della Battaglia di Inghilterra. Qui si ritrovò gomito a gomito con altri futuri assi della Regia come Luigi Gorrini e Giuseppe Ruzzin, ma non fu coinvolto in combattimenti.
    Nord Africa

    Dopo il suo ritorno in Italia, fu inviato con il 3º Stormo in Libia. Qui, sempre in forza alla 95ª Squadriglia, il 10 marzo 1941 decollava su allarme con il Maresciallo Felice Longhi, dall'aeroporto di Uadi Tamet, per intercettare un Bristol Blenheim britannico. Dopo un inseguimento di più di 100 km, a settemila metri, l'aereo inglese veniva finalmente abbattuto. Era la sua prima vittoria aerea, ma per alcuni autori fu ottenuta in collaborazione con Longhi o è da attribuire al maresciallo.
    Un Fiat C.R.42 della Regia Aeronautica. Pilotando uno di questi agilissimi biplani della Fiat, Bordoni il 10 marzo 1941, otteneva la sua prima vittoria aerea, abbattendo un Bristol Blenheim britannico, dopo un inseguimento di più di 100 km, a settemila metri di quota.

    Il 14 aprile, un mese dopo, pilotando un C.R.42, attaccava - insieme a dei Fiat G.50 del 155º Gruppo Aut. C.T. - gli Hurricane Mk.1 del Fighter Squadron 73 che a loro volta si erano lanciati sugli Junkers Ju 87 Stuka in azione sulla baia di Tobruk. Ne seguiva un breve ma violento combattimento aereo, durante il quale, Bordoni-Bisleri abbatteva l'Hurricane del Pilot Officer Lamb. Secondo altri autori Bisleri abbatté l'Hurricane Mk. I V7553 "TP-E" del Flight Sergeant Herbert Garth Webster (RAF No. 519739), che restò ucciso. La mattina del 17 aprile, partiva di nuovo su allarme - sempre su Fiat C.R.42 - ed intercettava un Bristol Blenheim, che aveva attaccato l'aeroporto di Derna e lo abbatteva a 40 chilometri ad est della località africana.

    Il 2 giugno, Bordoni-Bisleri abbatteva altri due Blenheim, vicino a Bengasi, dopodiché venne promosso tenente. "Nel 1941 - ricordava, dopo la guerra - il C.R.42 era un buon aereo, facile da pilotare, robusto e maneggevole, ma non aveva sufficiente velocità ed armamento. Era possibile combattere contro i Gladiator, i Blenheim ed i Wellington, ma contro altri aerei, era completamente surclassato."

    Rimpatriato in agosto, il 18º Gruppo veniva riequipaggiato con i G.50, ma, quando venne spostato in Grecia, era già stato dotato di Macchi M.C.200. Nel corso di questo servizio operativo, tuttavia, il gruppo non incontrò nessuno aereo nemico. Nel luglio 1942, tornò in Nord Africa con il 18º Gruppo, di nuovo inquadrato nel 3º Stormo, per sostenere l'ultima offensiva dell'Asse. La sua unità veniva utilizzata soprattutto in attacchi al suolo.

    All'inizio dell'ottobre 1942, il 3º Stormo iniziava a ricevere i primi Macchi M.C.202 come rimpiazzi per i M.C.200 perduti e il numero degli abbattimenti di Bisleri cominciò a salire. Tra il 20 di quel mese ed il 7 novembre abbatteva sei Curtiss P-40 ed un Douglas Boston, quest'ultimo sopra Fuka. In effetti, quel giorno gli Alleati persero un Martin 187 Baltimore su Daba ed un Martin Maryland del 203 Squadron, uno dei quali potrebbe essere l'aereo rivendicato da Bordoni-Bisleri.
    Un Macchi M.C.202 nel Museo Storico dell'Aeronautica Militare a Vigna di Valle - Pilotando questo eccellente caccia, tra il 10 ottobre ed il 7 novembre 1942, l'asso del 3º Stormo abbatteva sei Curtiss P-40 ed un Douglas Boston.

    Il 26 ottobre, in particolare, Bisleri, con altri undici piloti del 3º Stormo e sette del 4º, attaccava una grande formazione di trenta Curtiss P-40 Kittyhawk e diciassette Spitfire, di scorta a dodici Boston e sei Baltimore, nell'area di Fuka e Daba. Bordoni dichiarò l'abbattimento di uno dei P-40 della Desert Air Force, che si schiantò durante un atterraggio di emergenza a 15 km a sud-est di Fuka, probabilmente quello pilotato dal Flying Officer J. G. Meredith che però, secondo altri fonti, fu vittima del Tenente Vittorio Squarcia (73ª Squadriglia).

    Bisleri abbatté un altro P-40, il 30 ottobre, su El Qattara, nell'area di El Alamein, mentre tornava da un volo di ricognizione. Il 1º novembre, con il suo gregario, Tenente Caetani, attaccava 15 P-40 sulla strada Sidi el Barrani - Marsa Matrouh. Bordoni-Bisleri abbatté due P-40 Caetani un altro. Per questa impresa i due furono decorati con la Medaglia d'argento al valore militare (la terza, per Bordoni-Bisleri).

    Tre giorni dopo, il 4 novembre, Bordoni-Bisleri, con il Capitano Mario Pinna della 74a Squadriglia e il Sergente Maggiore Francesco Cuscuna della 75a Squadriglia intercettarono tre P-40 Kittyhawk. Vicino al loro aeroporto di Abu Smeit, Bordoni-Bisleri abbatté un caccia Curtiss che, istanti prima, aveva colpito Pinna, ferendolo gravemente e costringendolo a lanciarsi con il paracadure. Ironia della sorte, dopo essere uscito incolume da tanti combattimenti aerei, Bisleri si feriva in un incidente automobilistico il 19 novembre e venne rimpatriato su una nave ospedale.
    Italia

    All'inizio dell'estate ottenne, dal comandante Tito Falconi, uno dei tre Macchi M.C.205 "Veltro" assegnati al 3º Stormo (gli altri due vennero affidati all'asso Luigi Gorrini e al maresciallo Guido Fibbia) ed il 30 luglio 1943, pilotando il suo M.C.205, con altri piloti del suo Gruppo, intercettava nel cielo di Roma una formazione di B-17, scortata da P-38. Bordoni-Bisleri abbatteva uno dei quadrimotori da bombardamento americani (vittoria numero 13) sopra Pratica di Mare (secondo alcune fonti questa vittoria fu ottenuta con la collaborazione del Sergente Mantelli), sparando 800 colpi da 12.7 mm.
    Un Macchi M.C.205 della Regia Aeronautica. Ai comandi del "Veltro" Bordoni ottenne numerose vittorie durante l'estate 1943.

    Nel corso di due altre missioni di combattimento, l'11 agosto, faceva precipitare altri due B-17. Il primo cadde in mare, al largo di Civitavecchia, e il secondo fu abbattuto da 8 500 metri e precipitò a nord-est del lago di Bracciano. Ai comandi di uno dei Macchi M.C.202 ancora in dotazione al 3º Stormo, il 19 agosto rivendicava l'abbattimento di un B-26 al largo della costa di Ostia, vicino Roma. Il giorno seguente veniva promosso comandante dell'83ª Squadriglia e il 21 agosto, sempre ai comandi di un 202, sparando 630 colpi da 12.7 mm faceva precipitare un B-17 vicino alla stazione di Pomigliano d'Arco, mentre si aprivano tre paracadute. Il 5 settembre 1943, tre giorni prima dell'armistizio di Cassibile, ai comandi di un Macchi M.C. 205, faceva precipitare il suo settimo bombardiere americano, un B-17, al largo di Civitavecchia. Era la sua ultima vittoria aerea. Concluse il conflitto con 19 abbattimenti accreditati. "Dodici sulla Libia e gli ultimi sette erano bombardieri americani."
    Dopo la guerra

    Nell'immediato dopoguerra, Bordoni-Bisleri divenne presidente dell'industria di famiglia e presidente del Club Aeronautico di Milano. Continuò a gareggiare con le automobili sportive, diventando uno dei più quotati piloti dilettanti europei, guidando soprattutto Maserati, contraddistinte dal logo Robur, con un leone rampante, lo stesso riportato sulle etichette del liquore. Vinse nel 1953 il campionato italiano vetture sport.

    Il 15 settembre del 1975, Bisleri rientrava, dopo aver incontrato Papa Paolo VI a Roma, nel corso di una commemorazione di paracadutisti, organizzata dall'Aero Club di Milano di cui era presidente. Sul SIAI Marchetti F.260 da lui pilotato, erano il figlio di 10 anni ed un amico, Gianni Allegri. Vicino a Chiavari, in Liguria, l'aereo di Bisleri si ritrovò a volare in pessime condizioni meteorologiche e precipitò sul monte Anchetta. Tutti gli occupanti perirono nello schianto. "Robur" aveva allora 62 anni. La sua morte trovò una larga eco sulla stampa, anche se poco fu scritto del suo passato di "asso" della Regia Aeronautica

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    Adriano Visconti di Lampugnano (Tripoli, 11 novembre 1915 – Milano, 29 aprile 1945) è stato un militare italiano.

    Durante la seconda guerra mondiale fu un asso dell'aviazione italiana e comandante del 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni".

    Biografia

    Adriano Visconti di Lampugnano nacque a Tripoli, figlio di Galeazzo Visconti di Lampugnano e Cecilia Dall'Aglio, emigrati in Libia in seguito alla colonizzazione italiana del 1911. Si arruolò nella Regia Aeronautica come allievo del Corso REX dell'Accademia Aeronautica il 21 ottobre 1936 e conseguì il brevetto di pilota militare presso la scuola d'aviazione di Caserta. Proseguì il suo addestramento sul Breda Ba.25 e sull'IMAM Ro.41 e, nel 1939, fu assegnato alla 159ª Squadriglia del 50º Stormo d'Assalto (reparto specializzato nell'attacco al suolo).

    Nel giugno del 1940, allo scoppio della guerra, Visconti fu trasferito con il suo reparto in Africa settentrionale, presso l'aeroporto di Tobruk, dove combatté volando sui Breda Ba.65 e sui Caproni Ca.310. Nel periodo giugno-dicembre 1940 fu decorato con due Medaglie di Argento al Valor Militare ed una Medaglia di Bronzo.

    Nel gennaio 1941 Visconti fu trasferito alla 76ª Squadriglia del 54º Stormo Caccia Terrestre dove venne addestrato al volo sul caccia Macchi M.C.200, svolgendo poi servizio operativo sull'isola di Malta e nei cieli africani con il Macchi M.C.202. Il 29 aprile 1943, nel corso dell'ultimo grande scontro aereo prima della caduta della Tunisia, l'allora tenente Visconti guidò dodici Macchi M.C.202 del 7º Gruppo all'attacco di sessanta tra Supermarine Spitfire e Curtiss P-40. Visconti abbatté un P-40, mentre altri quattro furono accreditati ad altri piloti del 54º Stormo.

    Visconti fu proposto per la concessione di una Medaglia d'Argento al valor militare che venne concessa il 10 giugno 1948, tre anni dopo l'assassinio dell'asso italiano.

    In seguito, promosso al grado di capitano, divenne comandante della 310ª Squadriglia Caccia Aerofotografica, specializzata nell'aero-ricognizione ed equipaggiata con Macchi M.C.205 in una speciale versione modificata a Guidonia.

    Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 Visconti aderì alla Repubblica Sociale Italiana e partecipò attivamente alla costituzione dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana al comando della 1ª Squadriglia e, dopo essere stato promosso al grado di maggiore nel maggio 1944, del 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni".
    Messerschmitt Bf 109 G-10 dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana a Malpensa. Visconti portò in combattimento caccia di questo tipo, negli ultimi mesi di guerra, rivendicando anche degli abbattimenti

    Fino alla fine della guerra Visconti combatté difendendo l'Italia settentrionale dagli attacchi dei bombardieri anglo-americani utilizzando diversi tipi di aerei: Macchi M.C.202, M.C.205 e Messerschmitt Bf 109G-10. Il primo combattimento su quest'ultimo tipo di velivolo ebbe luogo il 14 marzo. Visconti, comandante del 1º Gruppo, con altri 16 Messerschmitt, intercettò, sul lago di Garda, una formazione di B-25 Mitchell del 321th Bomber Group, che rientrava dopo il bombardamento del ponte ferroviario di Vipiteno. I P-47 Thunderbolt di scorta (del 350th Fighter Group) attaccarono a loro volta i Messerschmitt italiani. Nel corso del combattimento, Visconti attaccò frontalmente il Thunderbolt del 1/Lt. Charles C. Eddy, rivendicandone l'abbattimento, ma lo stesso comandante del 1º Gruppo fu colpito e ferito al volto dalle schegge del proprio parabrezza e costretto a lanciarsi. Il 15 marzo l'ANR attribuì a Visconti la vittoria e la segreteria inoltrò la pratica per richiedere il "Premio del Duce", le 5.000 lire che spettavano all'abbattitore di un monomotore. In realtà il P-47 dell'americano Eddy rientrò alla base di Pisa con il velivolo danneggiato ed era di nuovo operativo il 2 aprile successivo in un'altra missione.
    La resa del 1º gruppo

    Il 29 aprile 1945, a Gallarate, Adriano Visconti firmò la resa del suo reparto, il 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni" controfirmata da rappresentanti della Regia Aeronautica, del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), del Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) e da 4 capi partigiani (tra i quali Aldo Aniasi "Iso", poi sindaco di Milano e quindi deputato e ministro). L'accordo (poi tradito) garantiva la libertà ai sottufficiali ed agli avieri del Gruppo, l'incolumità personale di tutti gli ufficiali, nonché l'impegno di consegnarli alle autorità militari italiane o alleate, come prigionieri di guerra.

    I 60 ufficiali e le 2 ausiliarie vennero condotti nella caserma del "Savoia Cavalleria", già sede dell'Intendenza della Guardia Nazionale Repubblicana allora occupata dalle brigate garibaldine "Redi" e "Rocco". I prigionieri erano stati sistemati in un primo stanzone quando un partigiano ordinò a Visconti di seguirlo. Il sottotenente Valerio Stefanini, aiutante di Visconti lo seguì. Intorno alle 14:00, mentre gli ufficiali venivano condotti in un altro stanzone dove erano state approntate brande, furono udite due raffiche improvvise. Secondo l'attaché della Luftwaffe al Ministero dell'Aeronautica Repubblicana, colonnello von Ysemburg, allora presente, i due, Visconti e Stefanini, furono colpiti alle spalle da raffiche di mitra. Visconti fu finito con due colpi di pistola alla nuca. Ai restanti prigionieri venne successivamente comunicata la notizia dell'avvenuta esecuzione.
    Il sottotenente Valerio Stefanini che fu ucciso insieme a Visconti

    A sparare fu un partigiano di nazionalità russa, guardaspalle del partigiano Aldo Aniasi "Iso", comandante della brigata garibaldina "Redi". Il partigiano venne quindi incriminato e subito prosciolto in quanto l'omicidio fu considerato legittimo atto di guerra, essendo avvenuto prima dell'8 maggio 1945, data della fine ufficiale delle ostilità in Europa.

    Visconti fu sepolto nel Cimitero di Musocco a Milano nel campo 10, detto Campo dell'Onore insieme a centinaia di aderenti alla Repubblica Sociale Italiana caduti di quei tragici giorni, molti rimasti anonimi[senza fonte].
    Riconoscimenti

    Nel National Air and Space Museum di Washington (USA) è stata sistemata, su segnalazione dell'Ufficio Storico dell'USAF, una foto di Visconti come "asso" dell'Aeronautica italiana.

    Presso il "Museo Storico Aeronautico Scientifico e Tecnologico Forze Armate" a Fiume Veneto è presente un monumento dedicato ad Adriano Visconti di Lampugnano e agli uomini che servirono sotto il suo comando nell'ANR.

    All'interno del Museo Storico Aeronautico del FVG è conservata la divisa originale del Maggiore Adriano Visconti.

    Una fotografia di Visconti, definito asso della caccia italiana, è inoltre sistemata nel museo di Ellis Island (NY) Usa.

    Compare come personaggio, assieme ad altri celebri aviatori Italiani quali Francesco Baracca e Arturo Ferrarin, nel film d'animazione giapponese Porco Rosso, del 1992, opera di Hayao Miyazaki.

    Di Adriano Visconti si parla ampiamente in quattro film documentari, per la regia di Claudio Costa:

    Volando con Visconti (2010): dedicato alla memoria di Adriano Visconti e Valerio Stefanini, in cui il tenente pilota Cesare Erminio, che combatté nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana con Visconti, racconta la sua esperienza di guerra a fianco del suo amico e comandante. Negli extra del DVD c'è una testimonianza del fratello di Valerio Stefanini, Aldo, sulla morte di Visconti e del suo giovane luogotenente.
    Aquile senza corona (2011: intervista a un ex volontario della Repubblica Sociale Italiana, Mario Montano, che racconta come conobbe Visconti a Campoformido. (Il documentario fu ritirato dal regista perché Montano non risultò attendibile come testimone).
    Il cacciatore del cielo (2011): l'asso della Regia Aeronautica Luigi Gorrini ha raccontato la sua esperienza bellica nell'ANR, descrivendo la figura di Adriano Visconti.
    Dai pulcini di Quarantotti alle comete di Visconti (2012) Gino Pizzati sergente Maggiore, che combatté con Visconti, narra molti fatti accaduti nel periodo in cui l'Aeronautica Nazionale Repubblicana fu attiva, in particolare quando il gruppo di Visconti andò in Germania per il corso di pilotaggio sui BF 109 e sui Me 163 Komet.

    Abbattimenti
    Gli sono accreditate ufficialmente 10 vittorie aeree nella Regia Aeronautica (1940-1943), numero riportato da Visconti stesso nel suo libretto di volo. Il 1º Gruppo caccia gliene riconobbe invece 14.[10] Secondo alcuni sarebbero invece 26 vittorie aeree:[11] 19 ottenute combattendo nella Regia Aeronautica e 7 nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana (1943-1945).

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    Luigi Gorrini (Alseno, 12 luglio 1917 – Alseno, 8 novembre 2014) è stato un militare e aviatore italiano.

    Fu uno degli ultimi grandi assi dell'aviazione della Regia Aeronautica, insignito di Medaglia d'oro al valor militare a vivente. Durante la seconda guerra mondiale gli sono stati accreditati 19 aerei abbattuti, 15 con la Regia Aeronautica e 4 con l'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ma alcuni autori gliene attribuiscono 24), e 9 danneggiati, tra Curtiss P-40, Spitfire, P-38 Lightning, P-47 Thunderbolt e B-17 "Fortezze volanti". Le sue vittorie sono state conseguite ai comandi del biplano Fiat C.R.42 Falco e dei monoplani Aermacchi C.202 Folgore e Aermacchi C.205 Veltro. Gorrini è stato il principale asso sui Veltro, con i quali abbatté ben 14 aerei nemici e ne danneggiò sei.


    Biografia

    Nacque ad Alseno, provincia di Piacenza, il 12 luglio del 1917. Dopo l'infanzia sì arruolò nella Regia Aeronautica a 20 anni, nel 1937. Terminato il corso di pilotaggio presso la Scuola di Specializzazione di Castiglione del Lago, Gorrini fece richiesta di essere assegnato al 3º Stormo Caccia Terrestri, inquadrato nella 2ª Divisione Aerea "Borea" con sede presso l'aeroporto di Torino-Mirafiori. Il 17 giugno del 1939 ottenne il trasferimento al reparto ed integrato all'85ª Squadriglia del 18º Gruppo con il grado di sergente pilota. Servì con questa unità fino all'armistizio di Cassibile, l'8 settembre 1943. Poi entrò nelle file dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR) fin quasi al termine del conflitto.
    Nord Africa e Grecia
    Fiat C.R.42 della Regia Aeronautica - Pilotando uno di questi agilissimi biplani della Fiat, Gorrini ottenne la sua prima vittoria aerea, abbattendo il 16 aprile 1941, nel cielo di Derna (Libia), in Cirenaica, uno dei primi Bristol Blenheim appena giunti nel teatro del Mediterraneo e danneggiandone un altro.

    Gorrini arriva in Nord Africa nel gennaio 1941 ai comandi di un Fiat C.R.42 Falco. "Il CR 42 - ricorda il pilota di Alseno - era una macchina già superata. Un biplano di tela, senza corazze, con apparecchi radio e impianti d'ossigeno malfunzionanti. Era un gran bell'apparecchio in quanto a maneggevolezza, armato da 2 mitragliatrici da 12,7, mitragliatrici efficaci, ma gli inglesi ne avevano 8, anche se di calibro 0,30". Nonostante i limiti del C.R.42, è proprio con questo biplano che Gorrini, in Libia, ottiene la sua prima vittoria aerea, il 16 aprile 1941. Mentre è in volo di protezione nel cielo di Derna, in Cirenaica, intercetta due dei primi cacciabombardieri bimotori Bristol Beaufighter appena arrivati nel teatro del Mediterraneo, diretti verso il campo N 1 di Ftheja, base della sua 85ª Squadriglia. La pattuglia inglese è quasi fuori tiro, ma Gorrini, apre il fuoco da 7-800 metri. Colpisce la punta dell'ala destra del Beaufighter di testa, mentre serra rapidamente la distanza, grazie alla velocità accumulata con la picchiata. L'altro velivolo si allontana con una brusca virata mentre il primo Bristol è ormai sul campo di Ftheja. Da 250 metri Gorrini lo centra con due successive raffiche e l'aereo britannico precipita subito a sud del campo. Gli viene quindi attribuito un abbattimento individuale e un "danneggiato". I colpi sparati sono 1100. Il 29 maggio, Gorrini, di nuovo in volo di protezione, avvistò due bombardieri Bristol Blenheim sul porto di Bengasi. Dopo una picchiata di tremila metri attaccò l'aereo di testa. Sparò una raffica da da 500 metri colpendo il capo pattuglia, nonostante il fuoco difensiso dei due bimotori nemici. Il Bristol di testa, ripetutamente colpito, cadeva nelle acque del porto. Si mise allora all'inseguimento dell'altro Blenheim, scaricandogli tutti i colpi che gli rimanevano, ma il bimotore inglese riusciva ad allontanarsi indenne. Rimpatriato col suo reparto, il 29 agosto è a Caselle Torinese per iniziare l'addestramento sui nuovi caccia monoplani, il Fiat G.50 Freccia e l'Aermacchi C.200 Saetta. Per continuare l'addestramento, Gorrini e il suo 18º Gruppo si trasferirono prima a Mirafiori e successivamente su Ciampino Sud, dove l'addestramento sui nuovi caccia si concluse il 10 dicembre, quando la sua unità, equipaggiata con i Macchi C.200, volò prima a Lecce e poi alla nuova base di Araxos, in Grecia. Durante l'inverno 1941-42, Gorrini compie voli di scorta a convogli tra l'Italia e la Grecia. Il 17 dicembre, nella zona aerea attorno al porto di Argostoli, a Cefalonia, intercetta due Bristol Blenheim completamente dipinti di nero. Attacca quello di testa colpendolo ripetutamente e poi mitraglia l'altro. I due Blenheim, si separano scomparendo tra le nuvole e a Gorrini viene accreditato un aereo probabilmente abbattuto e il danneggiamento del secondo. Gorrini non ha altre occasioni di scontro con velivoli alleati e rimpatria con il 18°, il 25 aprile 1942. Tornati in Italia, Gorrini e gli altri piloti del 18° vennero addestrati a pilotare il C.200 nella configurazione di cacciabombardiere. L'addestramento durò fino a metà luglio, quando la sua unità volò in Nord Africa per raggiungere l'altro Gruppo del 3º Stormo, il 23°, sull'aeroporto avanzato di Abu Haggag. Da quella base avanzata, Gorrini svolge missioni di scorta per naviglio dell'Asse e attacchi al suolo, con le nuove bombe "Mazzolino". Quando, in ottobre, il 4º Stormo Caccia Terrestre, ormai logoro, venne arretrato, consegnò i suoi Aermacchi C.202 Folgore al 3º Stormo. Così, dal 20 di quel mese, il 18º Gruppo poteva riprendere i compiti di reparto da caccia. "Finalmente, con il Macchi 202 avevamo un aeroplano competitivo. Certo che quando ci gettarono, durante l'offensiva, addosso nugoli di P-40 e di Spitfire, anche questa macchina non poteva fare molto. Lo Spit era un osso molto duro... aveva un mucchio di mitragliatrici, più due cannoncini da 20 mm ed era inoltre più veloce. Il 202 gli era decisamente inferiore in velocità ed armamento". Il 2 gennaio 1943, l'intero 3º Stormo, equipaggiato con i Macchi C.202 ceduti dal 4º Stormo, decollava per affrontare due formazioni di Douglas DB-7 Boston e B-25 Mitchell, scortati da Spitfire e P-40. Nella battaglia aerea che ne conseguiva, Gorrini abbatteva un Curtiss P-40E Kittyhawk della R.A.F., che precipitava ad Ovest di Sirte. Subito dopo, attaccava e danneggiava uno Spitfire che inseguiva un altro Macchi. Gorrini aveva sparato in totale 880 colpi ma anche il suo aereo era stato colpito: c'erano 12 buchi sulla sua fusoliera.
    Rifornimento di un caccia Macchi M.C.202 su una pista in Africa settentrionale - Ai comandi di questo agilissimo caccia, Gorrini ottenne ripetute vittorie aere in Libia.

    Nove giorni dopo, mentre è di scorta, con altri piloti del 3º Stormo, a C.200 caccia-bombardieri in azione su aeroporti britannici nella zona dello Uadi Tamet, abbatte uno degli Spitfire della squadriglia dell'asso britannico Flying Officer Neville Duke del 92° Squadron e ne danneggia un altro. Durante la ritirata delle forze dell'Asse, sempre più spesso il 3º Stormo era chiamato a missioni di scorta e di attacco a terra. Nella mattina del 26 febbraio, Gorrini decolla per scortare una formazione di Junkers Ju 87 Stuka diretti ad attaccare forze armate alleate nella zona di Ksar-Ghilane e, successivamente, per mitragliare truppe nemiche a terra. Nel pomeriggio, con il tenente Melis ed altri due piloti della sua squadriglia, intercetta quattro aerei alleati su Kebili, in Tunisia. Nel combattimento che ne segue, Gorrini rivendica l'abbattimento di un Hawker Hurricane Mk.IID, armato di cannoni Vickers da 40 mm.
    La difesa di Roma

    All'inizio del 1943, Gorrini è uno dei piloti incaricati di trasferire i caccia francesi preda di guerra Dewoitine D.520 in Italia, destinati alla difesa della madre patria. "Trasferii diverse dozzine di Dewoitine D. 520 da vari aeroporti francesi e dalla fabbrica di Tolosa", ricordava Gorrini. "A quel tempo, quando volavamo ancora con il Macchi C.200, era una buona macchina, anche se non eccezionale. Paragonata al "Saetta" era superiore solo in un punto: il suo armamento con il cannone da 20 millimetri Hispano-Suiza HS 404." Gorrini, che dal febbraio 1943 aveva ottenuto quattro vittorie confermate e una non confermata, ottiene, all'inizio dell'estate, uno dei tre Macchi M.C.205 "Veltro" assegnati al 3º Stormo (gli altri due sono affidati all'asso Franco Bordoni Bisleri e al maresciallo Guido Fibbia), rivela le sue non comuni doti di pilota da caccia durante la difesa di Roma.

    La sua serie di vittorie aeree ha inizio il 19 luglio del 1943, giorno del primo bombardamento nella storia di Roma. Gorrini, quel giorno, entra in azione con altri 37 colleghi piloti del 3º Stormo contro i 930 bombardieri e caccia di scorta dell'US Air Force impegnati nell'Operazione Crosspoint. Decolla da Cerveteri con la sua 85ª squadriglia, su un Macchi M.C. 202. Al largo di di Ostia, attacca la prima formazione di B-17 Flying Fortress. "L'ho visto cadere, non saprei l'ora precisa perché il combattimento era roba di minuti, ho fatto tre o quattro attacchi contro questo quadrimotore, ho provato a sparargli anche davanti, a tre quarti, e un bel momento l'ho visto andar giù… È caduto nella zona tra Sezze e Littoria." Secondo altre fonti, il 19 luglio, abbatte, nel corso di una sola missione, un bombardiere quadrimotore Consolidated B-24 Liberator ed un caccia bimotore Lockheed P-38 Lightning (un altro P-38 danneggiato). L'indomani si ripete: "In un altro combattimento, il giorno dopo, martedì 20, un altro è caduto sull'aeroporto di Nettuno… Era un B-17, aveva ancora il carico di bombe. Io gli ho tagliato un'ala dopo due passaggi, però stavolta avevo il M.C. 205, e ho visto un bel momento la sua ala destra staccarsi dalla fusoliera e i motori che giravano e l'ala che andava via e così è andato in vite." Subito dopo veniva attaccato da un P-38 di scorta: "Ho scartato, lui mi è passato davanti al muso… e con tutte le armi, mitragliere e cannoncini da 20, gli ho piantato un rafficone. È scoppiato…"
    Un Macchi M.C.205 della Regia Aeronautica, 1943. Gorrini è il pilota con il maggior numero di vittorie aeree ai comandi del "Veltro". Pilotanto l'ultimo ed il più avanzato caccia ad elica della ditta di Lonate Pozzolo, egli abbatté 14 aerei nemici e ne danneggiò altri sei.

    La caduta del governo fascista non ha decisivi effetti sul morale della Regia Aeronautica. "Dopo il 25 luglio, a dispetto dell'arresto di Benito Mussolini, il morale della mia unità restava alto e la mia personale disponibilità all'azione era totale. Nonostante i rovesci subiti in quel periodo, il nostro Stormo era l'unico ancora pienamente operativo per il combattimento. La mia sezione era stata destinata alla difesa di Roma. La maggior parte degli uomini della Regia Aeronautica non era interessata alla politica o ai partiti. Essi erano innamorati del volo e determinati a difendere la terra natale e dare la loro vita, se necessario, nel tentativo di arrestare il bombardamento delle città italiane.",
    B-24 Liberator - Gorrini abbatté diversi di questi quadrimotori USA durante la Difesa di Roma

    Il 13 agosto, Roma subisce il secondo dei due più pesanti bombardamenti della sua storia. Gorrini e i pochi altri piloti della 83ª e 85ª squadriglia posti a difesa della "città santa" si levano in volo dalle "strisce" di Palidoro, per intercettare i 409 - tra bombardieri e caccia di scorta - velivoli della Dodicesima Air Force. A 20 chilometri al traverso di Anzio, a 7.000 metri, intercetta la prima formazione di B-17 con i P-38 di scorta. Gorrini, su un Macchi M.C. 205, attacca uno dei quadrimotori rimasto defilato rispetto agli altri. Dopo diversi attacchi, il B-17 precipita: "Andò a cadere in mare tra Nettuno e Littoria, ma non potei seguirne la caduta perché mi attaccavano dall'alto i Lightning." Gorrini riesce a disimpegnarsi, ma durante la sua seconda sortita contro la terza ondata di bombardieri, viene attaccato dai caccia di scorta ed è costretto a lanciarsi da 2.000 metri sulla zona Littoria-Sezze, dove atterra incolume. Secondo altre fonti, sempre il 13 agosto, al largo di Ostia, fa precipitare un altro B-24, ma viene colpito dai mitraglieri del bombardiere e deve lanciarsi con il paracadute su Sezze). Il 26 agosto abbatte un Supermarine Spitfire e, il giorno dopo, sotto i colpi dei cannoncini da 20 millimetri del suo Macchi M.C.205, cadono due B-24 che attaccavano Cerveteri. Uno dei cannoncini Mauser, surriscaldato, esplode danneggiandogli un'ala ma, nonostante esaurisca il carburante, sul fiume Volturno, riesce a pilotare il suo caccia come un aliante, fino alla base tedesca di Pratica di Mare. Tre giorni dopo, il 29 agosto, abbatte due P-38 e ne danneggia altri due. Il giorno seguente distrugge un altro quadrimotore B-17 e viene citato nel bollettino di guerra.

    Il 31 agosto, ultimo combattimento sotto le insegne della Regia Aeronautica. Decollato dall'aeroporto di Palidoro con la sua 85ª squadriglia, si scontra a 8.500 metri, nel cielo di Napoli, con i Supermarine Spitfire di scorta a uno stormo di bombardieri U.S.A. Abbatte un Supermarine Spitfire (altri tre caccia britannici vengono dichiarati abbattuti dalla sua squadriglia) e danneggia un altro P-38 ma il suo aereo viene colpito e deve compiere un atterraggio di fortuna. Seriamente ferito, viene ricoverato in ospedale, dove lo sorprende l'8 settembre.
    La Repubblica Sociale

    Alla data dell'armistizio di Cassibile, Gorrini aveva sostenuto 132 combattimenti, conseguito 15 abbattimenti sicuri e 9 probabili, era stato ferito due volte, era stato citato più volte sul bollettino di guerra ed era stato proposto 6 volte per decorazioni, ottenendone 2.

    Gorrini, come altri 6.996 altri volontari, risponde all'appello del tenente colonnello Ernesto Botto e raggiunge il Nord Italia per continuare a combattere contro gli alleati.
    « Dopo aver volato per tre anni fianco a fianco con i piloti tedeschi, sulla Manica, in Nord Africa, Grecia, Egitto, Tunisia e - infine - sulla mia patria, avevo fatto amicizia con alcuni di loro, in particolare dello JG 27... non volevo fare la banderuola, per dire così, e forse sparare sui miei amici tedeschi. Inoltre, volevo proteggere le città del Nord Italia dai bombardamenti indiscriminati per quanto possibile. »
    (Luigi Gorrini)

    Il 23 dicembre 1943 si arruola nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana, nel 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni". Il 30 gennaio di quel mese, nel cielo di Grado, ai comandi di un 205 abbatte un P-47 "Thunderbolt" del 325° Fighter Group di scorta a bombardieri americani della 15ª Air Force. La mattina seguente intercetta e fa precipitare nella laguna di Comacchio un P-38 da ricognizione basato a Bari Palese. L'11 marzo abbatte ancora un quadrimotore B-17. Il 6 aprile, a nord di Zara, Gorrini fa precipitare il suo secondo P-47 - appartenente al "Checkertail clan" - ma viene a sua volta abbattuto da un Thunderbolt, riuscendo a salvarsi col paracadute. Gorrini ottiene la sua ultima vittoria due mesi dopo, il 24 maggio 1944. Quel giorno decolla con il tenente Vittorio Satta, sempre su M.C.205, per intercettare, sul quadrante di Parma-Fidenza, una formazione di B-24 diretti a sud. Nel cielo di Colorno, i due piloti dell'A.N.R. attaccano i due bombardieri americani di coda. Gorrini colpisce in pieno, al primo passaggio, il "suo" Liberator, i cui motori si incendiano e il cui carrello si abbassa per i danneggiamenti subiti, ma Satta viene attaccato da due P-47 che lo abbattono prima che Gorrini possa intervenire. Ed è sempre proprio uno di questi caccia pesanti a colpirlo e ferirlo gravemente, il 15 giugno 1944. "Il mio ultimo combattimento fu quando venni abbattuto - ricorda ancora nell'intervista ad Andrea Benzi - era la V volta, a Reggio Emilia, con il 205. Ho sempre avuto nella RSI a disposizione il 205, qualche volta il Fiat G.55 Centauro. Ci diedero l'allarme molto in ritardo e partimmo, ma non riuscimmo a fare quota a sufficienza e ci piombarono addosso: mi hanno abbattuto a Fogliano. Ho aperto il paracadute, ma nella caduta a terra ho battuto violentemente la schiena (mi fa ancora male) e persi conoscenza: intorno ci avevo i contadini con il forcone che forse mi credevano un inglese o un americano. Arrivò il maggiore Visconti a prendermi e con la sua auto mi portò dal nostro medico, il quale mi visitò e mi fece ricoverare all'ospedale a Reggio. Il medico a Reggio mi fece avere una licenza: ero ridotto male, vicino ad un esaurimento nervoso, e me ne andai a casa. Quando tornai stava tutto per finire." Gorrini non volerà più, durante la guerra. La sua carriera di pilota da caccia finisce qui.
    Un Fiat G.55 con la livrea ANR nel Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle. Gorrini, durante il suo servizio con l'ANR pilotò anche questo eccellente caccia da superiorità aerea

    Egli stesso sintetizzò la sua carriera così: "212 combattimenti, 24 vittorie aeree individuali, 5 lanci con il paracadute."

    Nel corso del conflitto gli sono state assegnate due Medaglie di bronzo al Valore Militare e la Croce di Ferro tedesca di prima e seconda classe. Nel 1958 gli viene assegnata la Medaglia d'oro al valor militare, unico pilota dell'ANR ad aver ricevuto la più alta onorificenza delle forze armate italiane. Nonostante l'iniziale opposizione del Comando Alleato, riuscì a entrare nei ranghi della neonata Aeronautica Militare. La sua ultima unità fu il 50º Stormo, ma per la nomina ad ufficiale dovette attendere il pensionamento, nel 1979.

    Come avviene per ogni pilota, alcuni degli abbattimenti di Gorrini, sia pure suffragati da testimonianze, non sono confermati dai registri delle forze aeree coinvolte. Come è noto, inoltre, tutti gli abbattimenti dei piloti italiani sono ufficiosi, in quanto la Regia Aeronautica - a differenza delle forze aeree alleate e tedesca - non teneva registri ufficiali delle vittorie dei propri piloti, preferendo attribuire gli abbattimenti all'intero gruppo.

    Nel 2011 è stato realizzato un film documentario sull'esperienza bellica di Gorrini, dal titolo Il cacciatore del cielo diretto da Claudio Costa.

    Ha vissuto nel paese natale fino alla morte avvenuta nel 2014 all'età di 97 anni

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    Ugo Drago(Arborio, 3 marzo 1915 – Roma, 22 aprile 2007) è stato un aviatore italiano, considerato un asso e pluridecorato durante la seconda guerra mondiale.
    Indice



    Seconda guerra mondiale

    Svolse per breve tempo l'attività di insegnante di educazione fisica Il 27 giugno 1938 ottenne il brevetto di volo civile che gli permise di accedere all'Accademia della Regia Aeronautica. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, promosso nel frattempo sottotenente, Ugo Drago, inquadrato nel 150º Gruppo Caccia Terrestre, partecipò fin dal 10 giugno 1940 alla campagna contro la Francia, nella Battaglia delle Alpi Occidentali ottenendo il 13 giugno la Croce di guerra al valor militare.

    Nel corso della seguente Campagna italiana di Grecia raggiunse la fatidica quota di 5 abbattimenti (il primo fu del 2 novembre 1940) che lo fecero entrare nel novero degli assi italiani. Il 14 novembre fu decorato con la Medaglia d'argento al valor militare. Il 31 dicembre 1941 fu promosso tenente e nel gennaio 1942 fu trasferito in nord Africa dove compì ben 124 missioni anche se non ebbe occasione di scontrarsi con velivoli avversari. Ciononostante ottenne una seconda Medaglia d'argento al valor militare e una croce di ferro tedesca di seconda classe.

    Quando iniziò l'invasione americana della Sicilia, il reparto di Drago equipaggiato con i nuovi Messerschmitt Bf 109, da poco trasferitosi a Sciacca, partecipò attivamente alla campagna, in particolare Drago ottenne due vittorie abbattendo due Supermarine Spitfire entrambi il 9 giugno 1943 ma venendo a propria volta abbattuto. Completata l'occupazione della Sicilia il 150º Gruppo fu trasferito al nord nell'Aeroporto di Torino-Caselle e nel settembre l'intero gruppo fu spostato a Ciampino. Da qui l'8 settembre Drago prese parte a quella che fu l'ultima missione del Gruppo prima dell'armistizio e il tenente Giovanni Chiale effettuò l'ultimo abbattimento ufficiale di un aereo nemico da parte della Regia aeronautica prima dell'armistizio di Cassibile.
    2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei" (1943-1945)

    Alla proclamazione dell'armistizio Drago si trovava a Ferrara e fermato da soldati tedeschi fu preso prigioniero essendosi rifiutato di arruolarsi nella Luftwaffe e inviato in un campo di prigionia, ma durante il viaggio, ancora in territorio italiano, riuscì ad evadere. Dopo la costituzione dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana il 23 settembre Ugo Drago si arruolò volontariamente venendo inquadrato nel 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei"

    Drago assunse poi il comando della 1ª Squadriglia “Gigi Tre Osei” al momento dotata di velivoli Fiat G.55 Centauro. Il 24 maggio fu intercettata una grossa formazione statunitense composta da Lockheed P-38 Lightning e Consolidated B-24 Liberator, nello scontro che seguì due aerei nemici furono abbattuti, uno ciascuno dal tenente Ugo Drago e dal sergente maggiore Luigi Feliciani. Nel giugno la squadriglia fu dotata di Messerschmitt Bf 109 con i quali svolse la prima operazione bellica il 22 giugno 1944. Il 24 giugno Drago ottenne la prima vittoria nella nuova formazione abbattendo un Republic P-47 Thunderbolt facente parte dell'Armée de l'air francese. Alcune fonti gli attribuiscono un abbattimento di un Consolidated B-24 Liberator il 20 luglio mentre seguì un nuovo abbattimento il 21 dello stesso mese. Un altro P-47 fu abbattuto il 26 luglio sopra Piacenza. Il 25 agosto l'aeronautica repubblicana affrontò una grave crisi provocata dalla Luftwaffe che di fatto sciolse i reparti aerei italiani per farli confluire nella “Legione aerea italiana” da porre sotto il diretto controllo tedesco del comandante Maximilian Ritter von Pohl. Il 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei" subì il sequesto dei propri aerei che furono trasferiti a Maniago. A causa di questi eventi l'attività bellica si bloccò fino al 2 ottobre quando ottenne nuovi aeroplani Messerschmitt Bf 109.
    Ugo Drago ai tempi del suo servizio con l'aviazione civile (immagine da I Messerschmitt del Comandante Drago, Eclettica Edizioni, 2016). Notare la firma del pilota sotto la fotografia.

    Il 19 ottobre 1944 la squadriglia poté tornare a combattere. Il 1º novembre Drago fu promosso capitano e il 16 novembre abbatté un North American P-51 Mustang nei pressi di Aviano. Un altro abbattimento seguì il 26 dicembre. Nel 1945 il capitano Drago riuscì ad abbattere ancora due P-47, un North American B-25 Mitchell e un Lockheed P-38 Lightning.
    Dopoguerra

    Al termine del conflitto si trasferì in Argentina dove insegnò come istruttore di volo per i Fiat G.55 e G.59 acquisiti dalla Fuerza Aérea Argentina. Ritornò in Italia nel 1953 e venne assunto in Alitalia come pilota di linea. Anche in questa veste ebbe modo di ben figurare, erano infatti anni in cui i piloti avevano ampia discrezionalità nella scelta di quote e percorsi di volo e Ugo Drago riuscì nel 1967 ad aggiudicarsi un informale record sulla rotta Roma-New York percorsa con un Douglas DC-8 in 6 ore e 21 minuti. All'introduzione in Alitalia del Boeing 747 Jumbo venne abilitato anche a quel modello.

    È morto a Roma 22 aprile 2007.

    Edited by <geniv> - 11/2/2017, 00:01
     
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    Mario Visintini(Parenzo, 26 aprile 1913 – Monte Bizén, 11 febbraio 1941) è stato un militare e aviatore italiano.


    Decorato con la medaglia d'oro al Valor Militare, fu, in ordine di tempo, il primo degli assi dell'aviazione della Regia Aeronautica, ed il pilota con in assoluto il maggior numero di abbattimenti in Africa orientale tra tutte le forze belligeranti, nonché l'asso di biplani da caccia con il maggior numero di abbattimenti della seconda guerra mondiale, durante la quale ottenne sedici vittorie aeree confermate e cinque probabili, sotto le insegne della Regia Aeronautica, che si assommano alla vittoria aerea ottenuta durante la guerra civile in Spagna, con l'Aviazione Legionaria.

    A causa della perdita dei registri della 412ª Squadriglia basata a Massaua, alla quale apparteneva, ricostruire le sue sedici vittorie non è facile. Nel corso di cinquanta combattimenti aerei, abbatté almeno cinque Blenheim britannici, un numero anche maggiore di Wellesley e quasi certamente tre Gladiator. A questi numeri si devono aggiungere quelli relativi agli aerei distrutti al suolo durante i mitragliamenti degli aeroporti di Gadaref, Goz Regeb e Agordat, che - secondo fonti britanniche - costarono alla RAF e alla SAAF "decine di aerei distrutti" (per l'esattezza trentadue aerei incendiati da solo ed in cooperazione).[11] Tutte le sue vittorie furono conseguite ai comandi del biplano Fiat C.R.42.

    Visintini fu il primo pilota italiano da caccia della seconda guerra mondiale ad ottenere notorietà come asso. Le sue imprese in Africa Orientale infatti vennero ampiamente pubblicizzate in Italia, dove gli venne dedicato anche il volume Il pilota solitario del libro Eroi e avventure della nostra guerra, pubblicato nel 1942. Per la sua meticolosità ed abilità venne soprannominato il "cacciatore scientifico". Era il fratello dell'incursore della Xª Flottiglia MAS Licio Visintini.


    Biografia

    Mario Visintini nacque in Istria, a Parenzo, il 26 aprile 1913. Il suo vero cognome era Visentin (frequente cognome veneto), ma fu italianizzato in Visintini.

    Respinto alla visita medica sostenuta per entrare all'Accademia Aeronautica, si iscrisse ad un corso per piloti civili a Taliedo, vicino Milano, ottenendo il brevetto di pilota civile sul Caproni Ca.100, che gli permise di entrare a far parte della Regia Aeronautica come allievo pilota ufficiale di complemento. Ottenne il suo brevetto militare nel dicembre 1936, o nel settembre 1937, a Grottaglie sul Breda Ba.25 e sul Fiat C.R.20. Fu quindi assegnato, come sottotenente, alla 91ª Squadriglia, 10º Gruppo, 4º Stormo, con sede presso l'aeroporto di Gorizia. Qui si addestrò sui Fiat C.R.30 e Fiat C.R.32.
    Spagna

    Nel novembre 1937, Visintini si offrì volontario per andare a combattere nella guerra civile spagnola. Qui, come membro della 25ª Squadriglia del XVI Gruppo, "La Cucaracha", partecipò a numerosi combattimenti aerei ed abbatté un aereo sovietico Polikarpov I-16 il 5 settembre 1938, su Venta de los Camposines. Nell'ottobre 1938 (secondo altre fonti nel novembre 1939), Visintini ritornò in Italia e al 4º Stormo.

    Durante la sua permanenza in Spagna aveva volato per 330 ore e ottenuto una vittoria confermata. Per il suo servizio nel paese iberico fu decorato con la medaglia d'argento al Valore Militare e fu arruolato come effettivo nella Regia Aeronautica. Dopo il suo ritorno si addestrò a pilotare il Fiat C.R.42, ma anche il Caproni Ca.133 e il trimotore Savoia-Marchetti S.M.79. Nel gennaio 1940 fu promosso tenente per meriti di Guerra.
    Africa Orientale Italiana
    Un Fiat C.R.42, Africa Settentrionale 1940. Visintini ottenne tutte le sue vittorie ai comandi di questo manovrabile biplano.

    Il 5 aprile di quell'anno, viene trasferito nell'Africa Orientale Italiana (AOI) e assegnato alla 413ª Squadriglia. Prima dello scoppio della guerra, nel giugno 1940, venne di nuovo trasferito, stavolta alla 412ª Squadriglia, che era basata in Eritrea ed era equipaggiata con Fiat C.R.42. Questa unità poteva vantare un buon numero di piloti provenienti dal 4º Stormo e produsse, in soltanto un anno di operazioni, ben cinque assi. Il 14 giugno 1940, quattro giorni dopo l'entrata dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, Visintini ottenne la sua prima vittoria: attaccò un paio di Vicker Wellesley del 14 Squadron, diretti a bombardare Massaua, e abbatté quello (matricola K7743) pilotato dal Pilot Officer Reginald Patrick Blenner Plunkett, che restò ucciso nello schianto del suo aereo: la prima delle sedici vittime del pilota istriano in Africa orientale.
    Un Vickers Wellesley Mk I - Visintini conseguì la prima delle sue vittorie in Africa orientale ai danni di uno di questi aerei

    Visintini ne abbatté un altro (matricola L2652), sempre dello stesso Squadron, giunto in ricognizione su Decamerè, il 3 o 4 luglio, pilotato dal ventiseienne Flight Officer Samuel Gustav Soderholm (RAF No. 40194), che restò ucciso nello schianto. Il primo settembre, un Wellesley (L2669), sempre del 14 Squadron, pilotato dal Sergeant Norris, stava svolgendo una missione di fotoricognizione sopra l'isola di Harmil, quando venne intercettato da caccia decollati da Massaua e dovette compiere un disastroso atterraggio di fortuna. L'equipaggio fu preso prigioniero. Ad abbattere il Wellesley furono Visintini ed altri due piloti. Nel mese di luglio sempre Visintini dichiarò l'abbattimento di altri aerei, ma le date sono sconosciute. Il 29 luglio fu decorato con la medaglia d'argento al Valore Militare.

    La mattina del 30 settembre, tre Blenheim I del 45 Squadron attaccarono Gura, ma lì furono intercettati da C.R.32 e C.R.42. Il Blenheim L6665, pilotato dal ventottenne Squadron Leader George Justin Bush (RAF No. 37061) venne abbattuto: tutto l'equipaggio restò ucciso (oltre a Bush, il ventenne Observer Sergeant John C. Usher – RAF no. 580912 – e il ventunenne Wireless Operator/Air gunner Sergeant James Corney DFM –RAF no. 541684). L'abbattitore di Bush fu molto probabilmente il tenente Visintini, considerato che egli dichiarò l'abbattimento di due aerei proprio su Gura in quel giorno.

    Il 18 ottobre 1940, Visintini attaccò l'aeroporto nemico di Gadaref, mitragliando e incendiando, con i compagni, undici velivoli al suolo. Il 12 dicembre, Visintini ed altri quattro piloti della 412ª Squadriglia, di scorta a un S.M.79, attaccarono l'aeroporto di Gaz Regeb, base di una squadriglia (B Flight) del 237 Squadron, sul quale furono distrutti quattro Hawker Hardy (K4053, K4308, K4055 e K4307) parcheggiati ai lati dell'aeroporto.[11] Durante quest'azione l'aereo del comandante della 412ª Squadriglia, capitano Antonio Raffi, venne colpito dal fuoco antiaereo della Sudan Defence Force e costretto ad un atterraggio d'emergenza dietro le linee nemiche. Visintini atterrò vicino all'aereo del proprio comandante e – liberatosi del paracadute – lo fece salire nel suo abitacolo. Poi, sedendo sulle sue ginocchia, decollò, incendiando l'aereo incidentato per non farlo cadere in mano nemica e tornando regolarmente ad Asmara. Per questa azione, il 16 gennaio 1941 venne promosso capitano per merito di guerra. Il nove febbraio, con un altro attacco al suolo, sull'aeroporto di Agordat, vennero distrutti cinque velivoli nemici.
    Un Hawker Hart canadese in manovra - Visintini distrusse al suolo alcuni di questi aerei nemici

    Il giorno della sua ultima vittoria fu anche quello della sua morte. L'11 febbraio, Visintini rivendicò l'abbattimento di un Hawker Hurricane su Cheren. L'aereo abbattuto molto probabilmente faceva parte del 1 SAAF Squadron, che quel giorno inviò undici aerei di pattuglia sulla stessa area. Due degli aerei sudafricani si scontrarono con dei Fiat C.R.42. L'Hurricane del Lieutenant S. de K. Viljoen fu costretto ad un atterraggio di fortuna in territorio britannico. Il giorno dopo tentò di decollare, ma l'aereo si incidentò. Anche due aerei italiani erano stati costretti dal cattivo tempo ad atterrare nella zona di Sabarguma. Rientrato al campo per rifornirsi, Visintini ripartì alla ricerca dei due piloti italiani finché, a causa del cattivo tempo, andò a schiantarsi contro Monte Bizén, su Nefasit, trovando la morte. Il gesto gli valse la Medaglia d'oro al Valor Militare alla memoria. In precedenza aveva già ottenuto la Medaglia d'argento e di bronzo al Valor Militare. I suoi più famosi avversari in Africa Orientale furono il sudafricano Ken Driver, con nove vittorie aeree, e Jack Frost, con otto, entrambi piloti di Hurricane.

    Le vittorie di Visintini, come quelle di tutti gli altri piloti italiani, sono ufficiose, in quanto non esiste a tutt'oggi una lista ufficiale degli assi italiani.

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    Mario Bellagambi (Firenze, 14 settembre 1915 – Firenze, 25 luglio 2001) è stato un generale, aviatore e militare italiano.

    Pilota della Regia Aeronautica assegnato alla specialità Caccia, partecipò alla Guerra civile spagnola e alla seconda guerra mondiale dove divenne un asso dell'aviazione con 14 vittorie. Decorato di tre Medaglie d'argento al valor militare e della Croce di Ferro di I e II classe tedesca.
    Biografia

    Nacque a Firenze il 14 settembre 1915, e nel corso del 1934 conseguì il brevetto premilitare presso l'aeroporto di Peretola (Firenze), pilotando un velivolo da addestramento Caproni Ca.100. Nel 1936 conseguì il brevetto di pilota militare presso la scuola di pilotaggio di Grottaglie volando su velivolo Fiat CR. Asso. Nei primi mesi del 1937 fu assegnato alla 362ª Squadriglia, 24º Gruppo 52º Stormo Caccia Terrestre dove volò a bordo dei caccia Fiat C.R.32 fino all'aprile del 1938.

    In quello stesso anno partì volontario per la Spagna, assegnato ai reparti da caccia dell'Aviazione Legionaria. In terra iberica entrò in servizio nella 32ª Squadriglia del VI Gruppo "Gamba di Ferro", comandata dal maggiore Tito Falconi, equipaggiata con i C.R.32 e di stanza sulla base di Escatron. Partecipò a numerose operazioni, prendendo parte a 11 combattimenti aerei contro i caccia dell'aviazione repubblicana prima di essere assegnato alla Squadriglia autonoma mitragliamento "Ocio che te copo" comandata dal maggiore Ferruccio Vosilla dislocata sulla stessa base di Caspe dove era di stanza il XVI Gruppo Caccia "La Cucaracha" comandato dal Tenente Colonnello Arrigo Tessari. Il reparto d'assalto conseguì notevoli successi, ma ai suoi piloti venivano riconosciuti solamente gli abbattimenti in collaborazione con i piloti di altri reparti da caccia.

    Nell'aprile 1939 rientrò in Italia venendo riassegnato alla 362ª Squadriglia, 24º Gruppo del 52º Stormo C.T. che era stato trasferito dall'aeroporto di Ghedi a quello di Ciampino Sud, svolgendo una notevole attività acrobatica ai comandi del capo pattuglia comandante Antonio Vizzotto. Tale attività si protrasse fino all'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940. subito dopo la dichiarazione di guerra ci fu il trasferimento con i nuovi velivoli Fiat G.50 Freccia da Ciampino all'aeroporto di Sarzana, sul fronte occidentale. Gli aerei svolsero attività su allarme contro eventuali incursioni provenienti dalla Francia fino alla proclamazione dell'armistizio.

    Con lo scoppio della guerra con la Grecia, il 28 ottobre dello stesso anno, fu trasferito in Albania, assegnato alla 354ª Squadriglia del 24º Gruppo Autonomo C.T. comandato dal Tenente Colonnello Leotta. Operando dai campi d'aviazione di Tirana, Berat e Devoli, prese parte ad operazioni di vigilanza, decollo su allarme e scorta ai bombardieri provenienti dagli aeroporto dell'Italia meridionale. Durante questo ciclo operativo ingaggio combattimento contro i caccia PZL P.24 della Ellinikí Vasilikí Aeroporía e i caccia Gloster Gladiator e Hawker Hurricane della Royal Air Force.

    Nel luglio del 1941 il suo Gruppo fu assegnato all'Aeronautica della Sardegna, basato sull'aeroporto di Monserrato, ricevendo in dotazione velivoli Fiat C.R.42 Falco. Prese parte a numerose missioni di scorta agli aerosiluranti Savoia-Marchetti S.79 Sparviero e Savoia-Marchetti S.M.84 che operavano nel canale di Sardegna spingendosi fino alla costa tunisina. Dopo un intenso ciclo operativo fu trasferito alla 364ª Squadriglia del 150º Gruppo Caccia destinato ad combattere in Africa settentrionale italiana. Il reparto, equipaggiato con i Aermacchi C.200 Saetta, combatte intensamente operando dagli aeroporti di El Agheila, Bengasi e Martuba in operazioni di intercettazione, crociere di vigilanza, mitragliamenti e scorte ai bombardieri. e durante questo ciclo gli fu riconosciuta una vittoria aerea.

    Rientrato in Italia con il 150º Gruppo nel gennaio del 1943, l'unità venne basata a Ciampino per essere riequipaggiata con i caccia Aermacchi C.202 Folgore, concorrendo alla difesa della Capitale dalla incursioni aeree alleate.[16] In aprile il 150º Gruppo fu schierato sull'aeroporto di San Pietro di Castelvetrano, Sicilia, equipaggiato i caccia tedeschi Messerschmitt Bf 109G-4.[16] Al termine del periodo addestrativo il Gruppo fu schierato sull'aeroporto di Sciacca,[16] da dove svolse un intenso ciclo operativo avendo occasione di ingaggiare combattimento con i caccia americani North American P-51 Mustang e Republic P-47 Thunderbolt. In questo ciclo operativo sui cieli della Sicilia, Pantelleria e Malta gli furono assegnati alcuni abbattimenti di velivoli nemici in collaborazione con gli altri piloti del reparto.

    La firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943 lo colse sull'aeroporto di Torino-Caselle, ed egli decise di aderire alla neocostituita Aeronautica Nazionale Repubblicana entrando a far parte del 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei". comandato dal colonnello Vizzotto,, di stanza presso l'aeroporto di Bresso. Verso la fine dell'anno riprese a volare sfruttando la disponibilità di alcuni velivoli Fiat G.55 Centauro, Reggiane Re.2000 e Aermacchi C.202 Folgore. Nel marzo 1944 il Gruppo[20] divenne ufficialmente operativo sotto il comando del tenente colonnello Aldo Alessandrini, ed egli assunse il comando della 2ª Squadriglia "Diavoli Rossi". Dopo un breve periodo in cui volò sui G.55 il Gruppo fu riequipaggiato con velivoli Messerschmitt Bf.109 Gustav sulla base di Cascina Vaga (Pavia). Il reparto operò poi dalle basi di Villafranca, Aviano e Osoppo, schierando alternativamente su quelle di Ghedi, Lonate e Thiene.

    Il 2º Gruppo terminò la sua attività bellica con il trasferimento da Aviano a Villafranca e ad Orio al Serio alla vigilia del 25 aprile 1945, ed a Orio al Serio apprese dalla fine della guerra. A quell'epoca era decorato con tre Medaglie d'argento al valor militare, con la Croce di ferro di I e II classe ed era accreditato di 14 vittorie aeree, due ottenute con la Regia Aeronautica e dodici con l'A.N.R.

    Sottoposto a processo di epurazione fu allontanato dall'aeronautica militare, ma rientrò in servizio attivo dopo quasi quattro anni con il grado di Capitano. Il 1 ottobre 1949 fu inviato alla Scuola di guerra aerea di Firenze dove seguì il corso per la promozione a Ufficiale Superiore che terminò il 15 marzo 1951. Dopo aver conseguito l'abilitazione al pilotaggio dei velivoli Fiat G.59 e P-51 Mustang presso la Scuola di Grottaglie fu assegnato al 51º Stormo Caccia Terrestre di Treviso. Presso tale reparto volò anche sui P-47D Thunderbolt fino alla fine del 1952, quando arrivarono i primi cacciabombardieri-ricognitori a reazione Republic F-84G Thunderjet su cui svolse una intensa attività di volo. Effettuata ad Aviano la comversione al pilotaggio dei nuovi aerei assunse il comando del 20º Gruppo, assumendo successivamente quello della pattuglia acrobaticaformata all'interno della 51ª Aerobrigata per ottenere poco dopo l'incarico di formare una pattuglia acrobatica nazionale denominata "Guizzo" partecipando alla inaugurazione ufficiale della nuova base aerea di Istrana avvenuta il 20 giugno 1954.

    Trasferito alla 3ª Aerobrigata Cacciabombardieri-ricognitori di stanza sull'aeroporto di Villafranca il 14 settembre 1956, volò sui ricognitori Republic RF-84F Thunderflash svolgendo mansioni di Capo Ufficio Operazioni e Comandante del Reparto volo fino al novembre 1958.

    Il 10 novembre 1958 entrò in servizio presso la 56ª Tactical Air Force di Vicenza in qualità di Capo del 3º Reparto Tecnico Logistico, ed alla fine del 1959 passò nuovamente alla 51ª Aerobrigata di Istrana dove svolse l'incarico di capo ufficio operazioni e successivamente di Vicecomandante fino all'agosto 1961, quando assunse il comando dell' Aerobrigata e delle basi aeree di Istrana e Treviso. In tale periodo volò sugli intercettatori ognitempo North American F-86K Sabre e anche sui Fiat G.91R. Il 27 giugno 1963 lasciò il Comando della 51ª Aerobrigata trasferito sulla base di Martina Franca come comandante del 3° S.O.C.

    Nel settembre del 1964 lasciò il comando del 3° S.O.C. per essere inviato come addetto militare presso l'ambasciata italiana di Tokyo Rimase in Giappone fino al 5 novembre 1967 quando rientrò in Patria. Dopo un breve periodo fu messo a disposizione, promosso Generale di brigata aerea, e al raggiungimento del limite di età posto in posizione ausiliaria. Si spense a Firenze il 25 luglio 2001

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    Luigi Baron(Castelfranco Veneto, 10 luglio 1917 – Udine, 6 febbraio 1988) è stato un pluridecorato asso dell'aviazione italiano durante la seconda guerra mondiale.
    Indice


    Biografia

    Nato a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, il 10 luglio 1917, ultimo di cinque figli, di una famiglia benestante. La mamma svolgeva la professione di ostetrica e aveva studiato all'università di Padova, mentre il padre Antonio, era un calzolaio. Dopo aver frequentato le scuole medie superiori decise di arruolarsi nella Regia Aeronautica conseguendo il brevetto di pilota militare nel 1939. In gioventù fu campione Veneto di ciclismo e pugile a livello dilettantistico. Entrato in aviazione come sottufficiale, venne inviato in Africa Orientale per prestare servizio presso la 412ª Squadriglia Autonoma Caccia Terrestri, affiliata al 4º Stormo di base in Italia, posta al comando del capitano Antonio Raffi. Il 10 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna, e le quattro squadriglie caccia poste a difesa dell'Impero furono immediatamente impiegate in azione. Alle 04:35 del 30 giugno cinque Vickers Wellesley appartenenti al No. 223 Squadron decollarono da Summit per attaccare il deposito carburanti dell'AGIP a Massaua, Eritrea. La formazione inglese fu sottoposta ad un intenso fuoco contraereo, e successivamente attaccata da una formazione italiana composta da un caccia Fiat C.R.32 e due Fiat C.R.42 Falco. In tale occasione egli reclamò ed ottenne la sua prima vittoria. L'8 luglio cinque Wellesley del No.47 Squadron attaccarono il campo d'aviazione di Otùmlo, ma furono intercettati da due CR.42 pilotati da Baron e Mario Visintini che ne danneggiarono uno. Il 12 luglio vi fu una nuova incursione su Otùmlo da parte dei Wellesley dei No.14 e 47 Squadron, con Baron e Visentini che ne abbatterono uno in collaborazione.

    Il 22 luglio da solo abbatté un altro Wellesley sull'isola di Harmil, e il 23, sempre in collaborazione con Visintini, attaccò uno dei cinque Wellesley del No.223 Squadron impegnati in un'incursione su Archìco danneggiandolo gravemente. Il 4 agosto la caccia italiana intercettò una formazione di cinque Wellesley del No.14 Squadron impegnati in una nuova incursione su Archìco. I piloti Baron e Visintini colpirono duramente un Wellesley che si danneggiò irreparabilmente in fase di atterraggio, venendo definitivamente radiato. Il 1º ottobre tre caccia italiani, pilotati da Baron, Visintini e dal tenente Raimondo Di Pauli, intercettarono un Wellesley impegnato in una missione di ricognizione su Massaua. L'aereo inglese dovette effettuare un atterraggio di emergenza sull'isola Harmil, e fu catturato quasi intatto. Poco tempo dopo Visintini e Baron furono trasferiti presso l'aeroporto di Gurà. Il 30 settembre intercettano in coppia uno dei nove bombardieri Bristol Blenheim inviati a bombardare la base di Gurà. Colpito a uno dei propulsori l'aereo si schiantò al suolo causando la morte dell'intero equipaggio. L'abbattimento del Blenheim gli fu riconosciuto come vittoria in compartecipazione. Il 2 ottobre i Blenheim del No.45 Squadron vennero impiegati in una nuova incursione su Gura, ed in questa occasione egli ne abbatté due..

    Nelle prime ore del 16 ottobre il Flight Lieutenant Mitchell della No.430 Flight, ai comandi di un Vickers Vincent, attaccò il campo d'aviazione di Tessenei. I comandi italiani, ormai a conoscenza di dove era basato l'aereo, operativo nei dintorni della Lago Tana, predisposero un'incursione al fine di distruggere il campo d'aviazione avversario. Alle 5:25 del 17 ottobre un bombardiere Savoia Marchetti S.79 Sparviero ai comandi del generale Piacentini, guidò una formazione di sei caccia della 412ª Squadriglia che dovevano effettuare un attacco a volo radente sull'aeroporto avversario di Ghedaref. Una volta arrivato sul posto il bombardiere sganciò le sue bombe senza causare danni apparenti, ma l'attacco effettuato dai caccia portò alla distruzione di 8 Vickers Wellesley appartenenti al No.47 Squadron e due Vickers Vincent della No.430 Flight. Il tentativo inglese di contattare una Flight di aerei da caccia basati ad Azzoza venne preventivamente sventata dal taglio delle linee telefoniche. I piloti italiani reclamarono la distruzione di 11 velivoli avversari, un deposito munizioni ed un camion, senza riportare alcuna perdita.

    Il 24 ottobre abbatté un ricognitore Westland Lysander su Metemma, seguito il 27 dello stesso mese da un caccia Gloster Gladiator sempre sulla stessa area. Il 25 dicembre nuova vittoria a spese di un Gladiator, abbattuto su Gallabat, ed il 22 gennaio 1941 conseguì una ulteriore vittoria a spese di un Gladiator su Gheru. L'11 febbraio il No.1 Squadron della South African Air Force inviò una formazione di 11 velivoli Hawker Hurricane, suddivisi in pattuglie, nella zona di Cheren. Due di loro incontrarono una formazione di 3 caccia C.R.42. che, per evitare il combattimento, entrarono immediatamente in una densa formazione di nubi. L'aereo pilotato dal tenente Servaas de K. Viljoen si perse e dovette atterrare, a corto di carburante, presso un villaggio in territorio controllato dai britannici. Tornato ad Agordat a piedi il suo velivolo venne successivamente recuperato e riparato. Due dei tre caccia italiani, appartenenti alla 412ª Squadriglia, a causa delle condizioni meteo atterrarono nella zona di Sabarguma, fra Massaua e l'Asmara, mentre il terzo rientrò alla base. Il velivolo in questione era pilotato dall'asso Mario Visintini, che una volta effettuato il rifornimento decollò nuovamente alla ricerca del fido gregario sergente Baron, che credeva disperso. Purtroppo a causa delle nubi basse, dei forti venti e della scarsa visibilità l'aereo di Visintini si schiantò sulle pendici del Monte Bizén, nei pressi di Néfasit, ed il pilota decedette sul colpo. Una volta rientrato alla base egli scoprì l'amara verità, e una volta tornato in azione conseguì altre tre vittorie, tutte su Cheren.

    Il 25 marzo sostenne l'ultimo combattimento aereo sui cieli di Cheren., quando nel pomeriggio di quel giorno una formazione di caccia Hurricane del No.1 SAAF Squadron[20] attaccarono due caccia C.R.42 della 412ª Squadriglia. I velivoli italiani cercarono di rientrare alla base, ma i più veloci Hurricane li costrinsero ad accettare il combattimento. Il primo velivolo, ai comandi del sergente Pietro Morlotti,[20] fu abbattuto ed il pilota rimase ucciso. Il secondo, ai comandi di Baron,[20] venne anch'esso colpito, ma prima di precipitare si lanciò in collisione contro il velivolo attaccante, conseguendo così la sua dodicesima vittoria. Il caccia inglese precipitò al suolo ed il pilota,[20] tenente Robin Pare,[21] rimase ucciso. Con l'aereo gravemente danneggiato e lui seriamente ferito, in quanto una pallottola che gli aveva letteralmente fatto esplodere il polpaccio. riuscì a lanciarsi con il paracadute atterrando vicino alle linee italiane, dove fu immediatamente soccorso. A causa della grave ferita rimase per un lungo periodo ricoverato in ospedale, una crocerossina, la signorina Giuseppina Panicci nobilissima figura di patriota, gli salvò la gamba dalla gangrena. Una volta ristabilitosi si tenne nascosto per lunghi mesi nel sottoscala dell'abitazione della stessa crocerossina, insieme ad altri compagni, per evitare di essere catturato dagli inglesi. Quando il governo britannico acconsentì al rimpatrio dei civili italiani dall'Africa Orientale, vennero organizzate alcune missioni umanitarie con grossi piroscafi portanti le insegne della Croce Rossa. Durante una di queste missioni egli riuscì ad imbarcarsi a bordo del Duilio, sotto falso nome, come malato di mente. Al suo arrivo in Italia nessuno ne conosceva le imprese, e gli furono conferite una Medaglia d'argento, una Medaglia di bronzo, e la Croce di guerra al valor militare e in seguito la Croce di Ferro di II classe. “Veramente un po' poco, per chi come Baron, aveva all'attivo 2 Blenheim abbattuti con una sola raffica”.

    Descritto da chi lo conosceva bene come un tipo “semplice ed umile, sempre pronto alla battuta e che non amava vantarsi ma preferiva un allegra compagnia ed un buon bicchiere di vino ai ricordi nostalgici”, finì di fatto per vedere quasi dimenticato il suo straordinario palmares di combattente, negli anni di rimozione che seguirono il termine del conflitto.

    Nel primo dopoguerra ritornò in servizio presso l'Aeronautica Militare, e tra il 1950 ed il 1955 fu istruttore di volo presso l'Accademia Aeronautica di Lecce volando sui caccia North American P-51 Mustang. Trasferito temporaneamente sulla base di Campoformido conobbe una ragazza, che faceva la parrucchiera, e la sposò nell'aprile 1956. L'anno dopo la coppia ebbe una figlia, Rossella.[22] Dopo il congedo lavorò come istruttore di volo presso l'aeroclub di Gorizia, di cui nel 1970 divenne presidente al posto di Raffaele Chianese che si era ritirato dall'attività di volo. Si spense ad Udine il 6 febbraio 1988 lasciando la moglie Fides, la figlia Rossella e i due nipoti Stefano e Pierluigi.

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    Costantino Petrosellini (Roma, 17 aprile 1921 – Roma, 21 gennaio 2015) è stato un aviatore italiano.

    È stato un asso della Regia Aeronautica, accreditato di cinque abbattimenti di aerei alleati.
    Biografia

    Arruolatosi nella Regia Aeronautica nel 1938, entrando nella Regia Accademia Aeronautica di Caserta. Dopo aver frequentato le scuole di volo di Pisa e Foligno, ottenne il brevetto di pilota militare nella primavera del 1940. Con il grado di Sottotenente pilota di complemento venne inizialmente assegnato alla 41ª Squadriglia del 63º Gruppo Osservazione Aerea, basata sull'aeroporto di Campoformido ad Udine con il grado di Sottotenente di complemento.
    Seconda guerra mondiale

    Pilota del ricognitore biplano IMAM Ro.37, con appena un centinaio di ore di volo alle spalle e nessuno specifico addestramento al combattimento, compì le sue prime missioni di guerra nell'aprile del 1941, durante le operazioni contro la Jugoslavia, operando mitragliamenti e spezzonamenti su linee ferroviarie e stazioni nemiche.

    Nel luglio dello stesso anno iniziò l'addestramento sul caccia Aermacchi C.200 Saetta e fu assegnato alla 92ª Squadriglia, 8º Gruppo del 2º Stormo Caccia Terrestre. Poco dopo il reparto fu mandato in Africa settentrionale, aggregato alla 5ª Squadra aerea, per le operazioni contro gli inglesi. In Africa settentrionale prese parte alla battaglia per la riconquista di Tobruk, alla seconda battaglia della Sirte, alla battaglia di El Alamein, ed agli scontri di Sidi El Barrani e Sollum durante le fasi della ritirata italo-tedesca verso la Tunisia. Ottenne la sua prima vittoria in un combattimento aereo il 26 ottobre 1942 nei pressi di Tobruk, in Libia, ai danni di un Martin Maryland della Royal Air Force che stava effettuando una ricognizione fotografica. Danneggiato il velivolo egli si affiancò al pilota neozelandese invitandolo ad atterrare, ma il mitragliere di coda dell'aereo inglese aprì il fuoco contro di lui. Con un secondo, deciso attacco, lo abbatté. La sua seconda "vittima" (il 1º dicembre 1942) fu un caccia Curtiss P-40 Kittyhawk che lo aveva appena attaccato mentre mitragliava una colonna motorizzata britannica. Grazie alla maneggevolezza del suo M.C.200 e alla sua abilità di pilota, riuscì a superare in virata il pilota britannico e ad abbatterlo sul mare.

    Rientrato in patria il 6 dicembre del 1942 eseguì missioni operative sul Mediterraneo in difesa aerea della flotta da battaglia ancorata nella rada di La Spezia. Decollando dalla base di Sarzana ingaggiò furiosi combattimenti contro le formazioni di bombardieri anglo-americani. Il 21 giugno del 1943, mentre era di pattuglia sulla base militare navale di La Spezia, fu inviato dagli operatori della "guida-caccia" a sud di Livorno per contrastare un attacco nemico a navi italiane. Avvistati due cacciabombardieri Bristol Beaufighter della R.A.F., li attaccò a pelo d'acqua, abbattendone uno e costringendo l'altro alla fuga. Il 28 luglio, nei pressi di Pisa, intercettò un bombardiere leggero Martin Baltimore inglese, e dopo un lungo inseguimento riuscì ad abbatterlo. Il 3 settembre ottenne la sua quinta ed ultima vittoria. In volo su La Spezia, alla quota di 7 500 metri, intercettò uno stormo di 24 B-17 "Fortezze volanti" e con due attacchi in verticale, uno in picchiata e uno in cabrata, abbatté uno dei quadrimotori. Fu questa la sua vittoria aerea più significativa, non soltanto perché una delle ultime ottenute dalla Regia Aeronautica, ma quasi certamente l'ultima per il caccia M.C.200.

    Grazie ai suoi cinque abbattimenti confermati divenne ufficialmente un asso della Regia Aeronautica. L'ultimo combattimento prima dell'armistizio dell'8 settembre avvenne contro uno stormo di B-17 intercettato partendo da Latina. L'8 settembre stava per partire in una missione contro la flotta americana in navigazione nel basso Tirreno, missione giudicata impossibile da concludere causa l'elevata scorta aerea americana alle proprie navi che aveva convinto tutti gli aviatori a lasciare una lettera di addio per le famiglie, quando l'intercettazione di radio Tripoli diede la notizia della firma della resa, confermata nei fatti dalla brusca partenza degli aviatori tedeschi dalla base, Petrosellini volo' a Decimomannu dove convergevano gli aviatori rimasti fedele al governo Badoglio, per poi decollare verso la Sicilia in mano alleata, entrando infine a far parte dell'Aeronautica Cobelligerante Italiana. Tra il 1943 e il 1945, volando a bordo di caccia Aermacchi C.202 Folgore, Aermacchi C.205 "Veltro" e cacciabombardieri Reggiane Re.2002 Ariete eseguì attacchi al suolo contro le forze Tedesche operanti nei Balcani, decollando dalle basi del Molise e della Puglia. In quell'epoca divenne comandante della 94ª Squadriglia, 8º Gruppo, del 5º Stormo Cacciabombardieri di stanza a Leverano.

    Transitato nell'Aeronautica Militare Italiana tra la fine del 1945 e il 1951 operò presso il Reparto Volo Stato Maggiore, effettuando attività di volo su velivoli plurimotori su rotte nazionali ed internazionali. A partire dal 1951 divenne Comandante del Reparto Volo della Scuola Aviogetti di Amendola. Tra il 1953 e il 1956 fu presso il Reparto sperimentale di volo, effettuando il Corso Piloti Collaudatori presso il "Centre d'Essais en vol" di Bretigny. Fu il primo pilota collaudatore del prototipo di caccia leggero supersonico italiano Aerfer Sagittario 2. Nel 1954, durante il Corso Collaudatori, superò per la prima volta la velocità del suono sul prototipo del Dassault MD 454 Mystère IV e successivamente fu il primo pilota italiano a superare la barriera del suono in volo orizzontale su velivolo Super Mystère B-1. Nel corso della sua carriera ha pilotato 80 tipi diversi di aerei, effettuando oltre 20.000 ore di volo.
    Pilota civile

    Nel 1956 lasciò l'Aeronautica Militare con il grado di Tenente Colonnello, diventando pilota civile presso la compagnia Alitalia. Fu Comandante istruttore su velivoli Convair 340, Convair 440 e Douglas DC-6, e poi Comandante sui Sud Aviation Caravelle, Douglas DC-8 e Boeing B-747 Jumbo Jet Divenuto Capo settore della linea Polare (sulla base di Anchorage), ebbe modo di effettuare la valutazione BAC/AMD-BA Concorde in vista dell'acquisto, mai concretizzato, di un aereo da trasporto supersonico civile, da parte dell'Alitalia. Lasciata la compagnia di bandiera nel 1981 si ritirò a vita privata, ricoprendo numerosi incarichi di prestigio tra i quali: Vice Presidente dell'Istituto Italiano di Navigazione (CNR), Presidente Commissione Tecnica (Conferenze IFALPA), Consigliere Nazionale e Vicepresidente Nazionale dell'Associazione Arma Aeronautica. Nel corso della sua carriera ha pilotato 80 tipi diversi di aerei, effettuando oltre 20.000 ore di volo.

    Nel 2011 Petrosellini ha rilasciato una lunga intervista da cui è stato tratto il documentario Quando Pedro Volava, diretto dal regista Claudio Costa. Nel film Petrosellini ripercorre la sua lunga carriera, dai tempi della Regia Aeronautica, fino ai giorni in Alitalia.
    Vittorie
    Durante la Seconda guerra mondiale ottenne complessivamente 5 vittorie confermate, risultando decorato con 3 Medaglie d'argento al valor militare, due Croci di guerra al valor militare, e una promozione per meriti di guerra.
     
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    Luigi Giannella (Barletta, 10 maggio 1914 – Bari, 17 gennaio 2007) è stato un aviatore italiano.

    Pilota pluridecorato di grande esperienza della Regia Aeronautica, fu un Asso dell'aviazione italiana durante la seconda guerra mondiale, riportando al suo attivo 12 vittorie individuali e 14 in collaborazione.


    Biografia

    Nacque a Barletta il 10 maggio 1914, figlio di Vito. Animato da una grande ed irrefrenabile passione per il volo si arruolò nella Regia Aeronautica divenendo pilota militare. Assegnato inizialmente alla 92ª Squadriglia, 8º Gruppo del 2º Stormo Caccia Terrestre, passò poi in forza alla 84ª Squadriglia, di cui fu anche comandante, del 10º Gruppo del 4º Stormo Caccia Terrestre. Durante la seconda guerra mondiale combatte nei cieli di Jugoslavia, Malta, Africa settentrionale e Sicilia. Al termine del conflitto risultava decorato con tre Medaglie d'argento, una Croce di guerra al valor militare e con la Croce di ferro di seconda classe tedesca, insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, e citato all'ordine del giorno sul Bollettino di Guerra n.1137 del Comando supremo del 6 luglio 1943. Le sue imprese furono celebrate sui quotidiani dell'epoca, e gli furono ufficialmente accreditare 12 vittorie indivisuali e 14 in collaborazione, conseguite volando a bordo dei caccia Aermacchi C.200 Saetta, C.202 Folgore e C.205 Veltro. Decimo pilota nella classifica degli assi italiani della seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il 19 novembre dello stesso anno fu collocato in congedo con il grado di Capitano. In seguito terminò la carriera militare con il grado di colonnello, spegnendosi a Bari il 15 gennaio 2007.

    Il 17 gennaio 2008 la rotonda che fronteggia Piazza Armando Diaz sul Lungomare di Bari è stata intitolata con il suo nome

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    Gianlino Baschirotto (Montagnana, 15 agosto 1914 – Vicenza, 1986) è stato un aviatore italiano.

    Pilota di grande esperienza della Regia Aeronautica, fu l'unico aviatore italiano a potersi fregiare due volte del titolo di asso dell'aviazione, conquistati durante la Guerra civile spagnola e nel secondo conflitto mondiale
    Nacque a Montagnana il 15 agosto 1914, attratto dal mondo dell'aviazione fin da giovane conseguì la licenza di pilota presso il locale aeroclub di Campoformido. Si arruolò volontario nella Regia Aeronautica, frequentando il Corso Sottufficiali. Nel 1935 conseguì il brevetto di pilota militare sull'aeroporto di Aviano, venendo assegnato successivamente all'88ª Squadriglia,[2] 6º Gruppo, del 1º Stormo Caccia Terrestre[3] basato sull'aeroporto di Campoformido. Nei primi mesi del 1936 operò brevemente in seno alla 15ª Squadriglia del neocostituito 6º Stormo, ritornando quindi al suo reparto di origine. Nell'agosto 1936[4] partì volontario[5] per la guerra di Spagna, partecipando a numerose missioni belliche volando a bordo dei caccia Fiat C.R.32. Inquadrato nella 2ª Squadriglia del XVI Gruppo Caccia “La Cucaracha” dell'Aviazione Legionaria[4] basata sull'aeroporto di Tablada, operò a fianco di celebri piloti tra cui il sottotenente Adriano Mantelli,[4] e il sergente Bruno di Montegnacco[4][6]

    Usando il nome di copertura "Eduardo Giri", conseguì l'abbattimento di 5 aerei, a cui vanno aggiunti altre 6 vittorie ottenute in collaborazione con altri piloti. Per il coraggio dimostrato in terra iberica venne insignito di due Medaglie d'argento al valor militare e una Medaglia di bronzo al valor militare, ottenendo nel 1938, al suo rientro in Italia, la promozione a Sergente maggiore in servizio permanente effettivo per merito di guerra. Durante la seconda guerra mondiale combatté nei cieli di Malta, del Mediterraneo centrale e dell'Africa settentrionale dove riceve la promozione a Maresciallo. Il 25 maggio 1942 ormai Maresciallo pilota, volando a bordo di un caccia Aermacchi C.202 Folgore,[7] abbatte due caccia inglesi Curtiss P-40 Tomahawk nella stessa missione, venendo decorato con la Croce di Ferro di II classe direttamente dalle mani del Feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel a Martuba. Il 10 giugno conseguì una nuova "doppietta" abbattendo due caccia Hawker Hurricane nello stesso giorno. Dopo la battaglia di el Alamein, dal dicembre 1942[2] eseguì da Pantelleria[2] e poi da Decimomannu, estenuanti missioni di scorta al traffico aereo per la Tunisia e di scorta agli aerosiluranti sull'Algeria, volando a bordo del nuovissimo caccia Aermachi C.205 Veltro. Alla data dell'armistizio dell'8 settembre 1943 vantava ulteriori 6 aerei abbattuti[8] in 292 missioni, oltre a 3 vittorie in collaborazione, decorato con altre due Medaglie d'argento al valor militare ottenute “sul Campo”.

    Nel 1947, dopo la lunga pausa seguita alla dichiarazione dell'armistizio, venne richiamato in servizio nell'Aeronautica Militare Italiana preso il 1º Stormo basato sempre a Campoformido. Promosso al grado di Sottotenente per meriti di guerra, fu tra i primi piloti della neonata formazione acrobatica, creata poco dopo la fine della guerra, equipaggiata con il caccia Supermarine Spitfire Mk.IX. Rimase in servizio nell'Aeronautica Militare fino al 1970, avendo modo di pilotare anche velivoli a reazione come i cacciabombardieri De Havilland Vampire, Republic F-84G Thunderjet e Republic F-84F Thunderstreak di produzione statunitense. Si ritirò dal servizio col il grado di Colonnello, spegnendosi a Vicenza nel 1986.[9] Secondo la sua volontà venne sepolto nel cimitero della sua città natale, dove gli è stata intitolata la locale aviosuperficie, inaugurata nel 1999.

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    Claudio Solaro (Crusinallo d'Omegna, 10 febbraio 1914 – ...) è stato un generale e aviatore italiano.

    Pluridecorato Asso dell'aviazione da caccia, è accreditato di 10 abbattimenti durante la seconda guerra mondiale.
    Nacque a Crusinallo d'Omegna, in provincia di Novara il 10 febbraio 1914, si arruolò nella Regia Aeronautica entrando in Servizio Permanente Effettivo (S.P.E.) il agosto 1936. Partito volontario, con il grado di Sottotenente, per combattere nella Guerra civile spagnola, fu assegnato alla 26 ª Squadriglia,[1] appartenente al XVI Gruppo “La Cucaracha”,[1] equipaggiata con i caccia Fiat C.R.32.[1] Il agosto 1938 reclamò l'abbattimento di un caccia Polikarpov I-16 "Rata" della FARE.[2] Il 30 ottobre del 1938 fu abbattuto sopra il territorio controllato dal nemico. Paracadutatosi con successo fu catturato e imprigionato, venedo rilasciato solo nel febbraio del 1939. Rientrato in Italia nel mese di settembre, il mese successivo fu promosso Tenente "per meriti di guerra", ed assegnato alla 70ª Squadriglia,[3] 23º Gruppo,[4] del 3º Stormo Caccia Terrestre,[4] equipaggiata con i caccia Fiat C.R.42.[3] All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 10 giugno 1940, il 3º Stormo fu schierato al confine meridionale con la Francia per partecipare alle operazioni belliche.[5] Il 15 giugno prese parte alla grande operazione di attacco contro gli aeroporti francesi. Dopo l'armistizio con la Francia il 3º Stormo rientrò a Torino-Mirafiori,[5] mentre il 23º Gruppo divenne Autonomo,[5] e il 9 luglio si trasferì in Sicilia[5] per prendere parte alle operazioni contro l'isola di Malta.[3] Il 28 luglio assunse il comando della 70ª Squadriglia, incarico che mantenne fino al 1943, ed il 16 novembre l’intero 23º Gruppo fu trasferito in Africa settentrionale italiana. Il 23 dello stesso mese abbatte un caccia Hawker Hurricane su Fifla, il 26 dicembre partecipò all’abbattimento di un Hurricane e di un Gloster Gladiator nel cielo di Sollum. Il 4 gennaio 1941 rivendicò l'abbattimento di un bombardiere Bristol Blenheim su Bardia, ed il 16 febbraio venne promosso al grado di Capitano per merito di guerra.

    Il 4 aprile il 23º Gruppo fu trasferito in Sicilia per essere riequipaggiato con i caccia monoplani Aermacchi C.200 Saetta.[5] Il 28 novembre ottenne una nuova vittoria abbattendo un Bristol Blenheim nel canale di Sicilia. All’inizio del 1942 il 23º Gruppo si rientrò in seno al 3º Stormo (equipaggiato con i caccia Aermacchi C.202 Folgore),[6] ritornando in Africa settentrionale nel corso dell'estate. Dal 31 luglio al 20 ottobre conseguì 9[7] vittorie individuali[8] e alcune altre in compartecipazione.[7] Sia il 5 settembre che il 10 novembre fu costretto ad un atterraggio di emergenza in seguito ai danni riportati dal suo aereo in combattimento, uscendone illeso entrambe le volte. Nel gennaio[9] del 1943 il 3º Stormo fu l'ultima unità a lasciare il cielo di Tripoli, ritirandosi dalla Libia alla Tunisia[6] e successivamente rientrando in Patria nel mese di marzo.[9] All'atto dell'armistizio dell'8 settembre era accreditato di 11 vittorie individuali,[10] 14 collettive, 1 probabile e 20 aerei distrutti al suolo, e decorato con 2 Medaglie d'argento,[11] tre di bronzo al valor militare,[11] della Croce di guerra al valor militare e della Croce di Ferro di 2ª Classe tedesca.[11] Dopo la fine della guerra rimase in servizio attivo, partecipando attivamente alla rinascita dell'Aeronautica Militare Italiana, prestando servizio sia in unità operative che presso il Quartier generale di Roma. Al momento del congedo aveva il grado di Generale di squadra aerea.

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    Ennio "Banana" Tarantola (Como, 19 gennaio 1915 – Cesenatico, 30 luglio 2001) è stato un aviatore italiano.

    Sergente della Regia Aeronautica, fu un asso della seconda guerra mondiale decorato con la medaglia d'argento al valore militare.
    Biografia
    I primi anni di attività

    Ennio Tarantola nasce a Como il 19 gennaio 1915. Il soprannome di "Banana", con cui era noto in tutta la Regia Aeronautica, era dovuto alla sua attività di venditore di questi frutti esotici con un carrettino in piazza Cavour, per conto della ditta Colombo-Poggi. Innamorato del volo, all'età di diciassette anni frequenta una scuola di volo per alianti, dove consegue il brevetto. Successivamente decide di entrare nella Regia Aeronautica, per divenire pilota militare. Frequenta la Scuola Militare di Volo di Milano-Malpensa, dove consegue il brevetto militare.[1] Tarantola, pilota giovanissimo, fu assegnato con il grado di Sergente pilota alla 151ª Squadriglia del 6º Stormo di base a Campoformido, e quindi alla Scuola Caccia.
    La Guerra Civile Spagnola

    Allo scoppio della Guerra civile spagnola, benché con solo 110 ore di volo alle spalle,[2] decide di aggregarsi all'Aviazione Legionaria italiana raggiungendo la Squadriglia "Cucaracha" inquadrata nel XVI Gruppo Caccia Terrestri.[2] Sulla coda del suo biplano da caccia Fiat C.R.32, dipinge la scritta autoironica "Pivello". Ma il 20 gennaio 1938 abbatte, proprio con un Fiat, il suo primo aereo avversario, il pari ruolo Polikarpov I-15 Chato della Fuerzas Aéreas de la República Española. Durante la sua permanenza in terra di Spagna compie 400 ore di volo, e rientra in Italia nell'ottobre del 1938 decorato con due Medaglie d'Argento al Valor Militare.[2] In patria riprende servizio presso la 155ª Squadriglia, 3º Gruppo, 6º Stormo C.T, equipaggiata con i soliti Fiat CR.32.[2]
    L'inizio della Seconda guerra mondiale

    Allo scoppio della seconda guerra mondiale il suo reparto vien trasferito in Sardegna, sull'aeroporto di Monserrato, da dove inizia a compiere lunghe ricognizioni marittime che lo fanno gravemente ammalare.[3] Al suo rientro in reparto si ritrova destinato a prestare servizio sotto il comando del capitano Giuseppe Cenni, operando ai comandi di un cacciabombardiere Junkers Ju 87, soprannominato dagli italiani Picchiatello, della 239ª Squadriglia, 97º Gruppo Bombardamento a Tuffo.[3] Per circa otto mesi, dal marzo all'ottobre del 1941, vola su questa versione italiana dei celebri Stuka. Il 29 giugno 1941 colpisce con una bomba il cacciatorpediniere dell'australiana Royal Australian Navy HMAS Waterhen che, anche a causa degli attacchi tedeschi, affonda. Il giorno seguente il suo Junkers Ju 87 viene abbattuto e Tarantola rimane 18 ore sul suo battellino di salvataggio prima di essere recuperato da un idrovolante Cant Z.501 Gabbiano.[3] Allora chiede, e ottiene, di tornare ai reparti caccia. Il 4 novembre 1941 viene quindi assegnato alla 151ª Squadriglia del 20º Gruppo, sotto il comando del capitano Furio Niclot-Doglio. Il 20º gruppo è inizialmente dislocato sull'aeroporto di Martuba, per passare poi su quello di Sidi Rezegh. Su quest'ultimo aeroporto viene decimato da un'incursione di bombardieri Bristol Blenheim, avvenuta il 19 novembre. Ben diciotto caccia Fiat G.50 vengono distrutti al suolo, e Tarantola riesce a salvare il proprio velivolo decollando sotto il bombardamento aereo. Su questo velivolo, il 5 dicembre 1941, abbatte un Curtiss P-40 in Nord Africa. Alla fine del dicembre 1941, il 20º Gruppo rientra in Italia, a Reggio Calabria, per essere riequipaggiato con i Macchi C.202 Folgore e subito dopo la 151ª Squadriglia viene trasferita al 51º Stormo. Durante il 1942, Tarantola pilota di solito il Macchi MC.202 (151-2), contraddistinto dalla vistosa scritta "Dài, Banana!" sul cofano motore ed è spesso il gregario del capitano Furio Niclot Doglio.[3] Il 29 maggio scorta cinque bombardieri Savoia Marchetti S.79 Sparviero che trasportano Benito Mussolini e lo Stato Maggiore, in una visita al fronte nordafricano.[3]
    Il ciclo su Malta

    Nel giugno del 1942 Tarantola, con la 151ª Squadriglia, viene trasferito in Sicilia per gli attacchi contro Malta. La sera del 1º luglio 1942, rivendicava l'abbattimento di un Supermarine Spitfire su Malta, dopo un combattimento con il 603° Squadron. I piloti italiani, in quell'occasione, dichiaravano otto Spitfire abbattuti a fronte del danneggiamento di due caccia. La RAF, da parte sua, rivendicava l'abbattimento di un Macchi più uno probabile ammettendo la perdita di un solo Supermarine Spitfire.

    La mattina del 4 luglio, dieci Spitfire del 249° Squadron intercettavano tre S.84bis del 4º Gruppo scortati da 22 M.C.202 del 51º Gruppo con ulteriori 17 "Folgore" a quota più alta, come scorta indiretta. Durante il combattimento, il 249° Squadron rivendicava tre bombardieri abbattuti a fronte di nessuna perdita, anche se due degli Spitfire risultavano gravemente danneggiati. Gli italiani persero due bombardieri ma rivendicarono l'abbattimento di quattro Spitfire, uno da parte dei bombardieri e tre da parte dei caccia, incluso quello dichiarato da Tarantola.

    Il 7 luglio abbatteva, proprio in collaborazione con Niclot-Doglio, lo Spitfire (matricola AB 500) del Flight Sgt. D. Ferraby appartenente al 249° Squadron. Il 9 luglio mentre scortava (sempre con Niclot) dei bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 su Luqa fu colto, con il suo comandante, da un malore dovuto al cattivo funzionamento dell'impianto dell'ossigeno a 8 000 metri.

    Venerdì 10 luglio, la "coppia" Niclot-Tarantola otteneva un'altra vittoria in collaborazione, durante una grande battaglia aerea a sud di Rabat, che vedeva coinvolti 19 M.C.202 del 20º Gruppo e 6 M.C.202 del 155º Gruppo, in appoggio ai Messerschmitt Bf 109 dello Jagdgeschwader 53 contro sette Spitfire del 249° Squadron, più tardi rinforzati da altrettanti Spitfires del 603° Squadron. Uno Spitfire che aveva attaccato degli Ju 88 veniva a sua volta abbattuto dopo un lungo combattimento sul Mediterraneo. Poco dopo, un altro Spitfire che aveva attaccato con altri tre, di sorpresa i Macchi, sulla via del ritorno, veniva abbattuto dal capitano della 151ª Squadriglia, ma il Macchi di Tarantola rientrava fortemente danneggiato.

    Il 23 luglio, sempre durante una scorta agli Ju 88, abbatteva un altro Spitfire che cadeva nella baia di St. Thomas. Era la sua quinta vittoria aerea: Tarantola era ormai un "asso" (anche se solo ufficiosamente, non riconoscendo la Regia Aeronautica un tale titolo). Pochi giorni dopo, proprio mentre volava assieme a un altro asso, il suo comandante Niclot Doglio, aveva un scontro dagli esiti tragici con l'asso canadese George Beurling.
    Il 27 luglio 1942, Tarantola, Niclot, il sergente Faliero Gelli della 378ª Squadriglia e il sottotenente Beniamino Spadaro, venivano attaccati contemporaneamente, di fronte, da sei Spitfire e da sinistra da altri otto. Niclot veniva abbattuto dall'asso canadese George Beurling e Tarantola rimase ferito al braccio mentre cercava di rientrare alla base.

    Il 14 ottobre - mentre Beurling veniva abbattuto e ferito, nel suo ultimo volo su Malta - Tarantola era impegnato a scortare alcuni bombardieri Ju 88 in un'incursione sull'aeroporto di Hal Far.[3] In questa occasione la formazione italo-tedesca venne intercettata da 19 caccia nemici, ed egli abbatteva uno Spitfire, ma il suo aereo veniva seriamente danneggiato ed era costretto a lanciarsi con il paracadute vicino alla costa siciliana.[4] Purtroppo in questa occasione riportò gravi ustioni alle gambe.[3] che lo tennero lontano dai voli per molto tempo. nel dicembre dello stesso anno la Squadriglia si trasferì a Ciampino per essere riequipaggiata con i nuovi Macchi C.205 Veltro.[3]

    Nel maggio del 1943 la 151ª Squadriglia[5] riprendeva in servizio sull'aeroporto di Capoterra, in Sardegna. Il 28 giugno, sempre ai comandi di un M.C.202, abbatteva sull'isola un Curtiss P-40. Sempre con il Macchi, il 30 luglio distruggeva un caccia Lockheed P-38 Lightning. Ottenuto, subito dopo uno dei pochissimi Macchi M.C.205 consegnati alla Regia Aeronautica prima dell'armistizio di Cassibile, il 2 agosto 1943, compiva 5 missioni e riusciva ad abbattere altri due P-38.[6] All'8 settembre 1943, prostrato psicologicamente e fisicamente, abbandona il reparto ritornado a casa.[3]
    Il servizio nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana

    Nel 1944 decide di arruolarsi nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR), assegnato in forza alla Squadriglia complementare d'allarme “Montefusco-Bonet”, Il 25 aprile 1944, a bordo di un caccia Fiat G.55, decolla con altri otto piloti, sei sui "Centauro" e due su Macchi M.C.205 dell'ANR, per contrastare l'attacco di 117 B-24 Liberator della 304th Wing USAAF, scortati da 45 P-47 Thunderbolt del 325th FG, diretti ad attaccare la fabbrica dell'Aeritalia di Torino. I caccia italiani attaccavano i bombardieri, ma venivano subito intercettati dai P-47. Tarantola colpito pesantemente, doveva lanciarsi dal suo aereo (G.55 serie I "Yellow 8" MM91101), riportando ancora gravi ustioni alle gambe.

    La guerra per Tarantola era finita. Nel corso del conflitto aveva abbattuto 10 aerei, cui si doveva sommare la vittoria ottenuta in Spagna durante la guerra civile. Durante la seconda guerra mondiale era stato decorato con due medaglie d'argento al valore militare (oltre alle due guadagnate in Spagna), due Medaglie di bronzo e cinque Croci di guerra. Inoltre aveva ottenuto per ben due volte la promozione per meriti di guerra.
    Epilogo
    Dopo il conflitto entrò a far parte della neocostuita Aeronautica Militare Italiana, volando dapprima come istruttore di volo, e poi entrando a far parte della Pattuglia Acrobatica Nazionale come solista. Fino al suo congedo, avvenuto nel novembre 1960, ebbe modo di volare su Fiat G.46, Fiat G.59 e de Havilland DH.100 Vampire. Rimase a Cesenatico fino alla sua morte, avvenuta il 30 luglio 2001 all'età di 86 anni.[

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    Fernando Malvezzi (Noceto, 22 ottobre 1912 – 21 aprile 2003) è stato un aviatore italiano.

    Asso dell'aviazione con dieci vittorie individuali[2] durante la seconda guerra mondiale fu comandante del 3º Gruppo caccia "Francesco Baracca" dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana.



    Biografia

    Studente universitario presso la facoltà di Medicina, abbandonò presto gli studi per rispondere ad un bando per ufficiali di aviazione indetto dalla Regia Aeronautica ottenendo il brevetto di volo militare nel dicembre 1935.[3] Prese parte alla Guerra d'Etiopia nella ricognizione aerea nell'85ª Squadriglia e rientrato in Italia si iscrisse alla Scuola di guerra aerea di Firenze[3]. Al termine degli studi divenne istruttore presso la scuola di Foligno per poi essere riaggregato all'85ª Squadriglia. Fu in seguito scelto per la specialità dei bombardieri a tuffo noti in Italia come i "Picchiatelli"[3]. Infatti fu destinato all'addestramento a Graz sugli Junkers Ju 87[4], noti anche come Stuka.
    La seconda guerra mondiale
    Emanuele Annoni e Fernando Malvezzi in Libia durante la Campagna del Nordafrica (1940-1943) nel novembre 1942.

    Durante la seconda guerra mondiale Malvezzi, al comando della 236ª squadriglia del 96º Gruppo Autonomo Bombardamento a Tuffo, formata da Stuka, prese parte alla sua prima azione il 2 settembre 1940 presso Malta[4]. Prese poi parte alla Campagna italiana di Grecia e alla Campagna del Nordafrica. Il 10 gennaio 1941 presso Pantelleria, al comando della sua squadra[5] di Stuka, colpì l'incrociatore leggero HMS Southampton[4] che centrato da almeno due bombe fu incendiato[6]. Impossibilitati a spegnere l'incendio poche ore dopo i marinai britannici abbandonarono la nave e la affondarono con un siluro.[6]

    L'11 aprile, nel corso di un attacco contro il porto di Tobruch l'aereo di Malvezzi fu colpito dalla contraerea e costretto quindi ad un atterraggio di emergenza nel corso del quale riportò ferite leggere[4]. Il 13 aprile prese parte all'ultimo attacco contro navi nemiche poi rientrò in Italia in licenza. Il 28 luglio 1941 fu aggregato alla 96ª squadriglia del 9º Gruppo Caccia. Il 22 novembre 1941 Malvezzi ottenne la sua prima doppia vittoria abbattendo due Hurricane nel cielo di Malta.[4]. Dislocato il Gruppo caccia in Libia il 26 novembre Malvezzi abbatté un primo Curtiss P-40 seguito da un altro il 1º dicembre presso Bir el Gobi. Promosso capitano, nel corso dell'anno 1942 sempre in Libia abbatté 4 Curtiss P-40, 1 ricognitore Martin 167 Maryland e 1 caccia Supermarine Spitfire.[2] In seguito all'avanzata britannica il 9º Gruppo caccia si trasferì in Italia per fronteggiare l'invasione della Sicilia, ma Malvezzi ammalatosi di malaria fu ricoverato in un ospedale di Salsomaggiore[2]. Mentre era degente a Salsomaggiore fu colto dalla notizia dell'armistizio dell'8 settembre 1943.

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    Giulio Reiner (Como, 12 aprile 1915 – Como, 6 settembre 2002) è stato un ufficiale e aviatore italiano. Pilota da caccia della Regia Aeronautica, fu un asso dell'aviazione della seconda guerra mondiale decorato con la medaglia d'argento al valor militare, comandante della 73ª Squadriglia Caccia ed un valido e conosciuto pilota collaudatore.


    Biografia

    Interessatosi giovanissimo all'aviazione, già nel 1935, prima di diplomarsi, era in possesso del brevetto di volo, con cui entrò nella Regia Aeronautica quale sottotenente di complemento, venendo destinato agli idrovolanti. Decise quindi di entrare in Accademia Aeronautica e diventare ufficiale di carriera, terminando i corsi nel 1939 e venendo quindi destinato al 9º Gruppo Caccia del 4º Stormo. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, lo Stormo, dotato di Fiat CR.42, fu dislocato prima a Comiso in Sicilia per intervenire su Malta e poi in Nordafrica, dove Reiner affrontò i primi combattimenti. Lo Stormo rientrò in Italia all'inizio di gennaio 1941 e Reiner, per le sue indubbie doti di pilota, venne mandato al Centro Sperimentale, situato sull'aeroporto di Guidonia, quale collaudatore e durante il 1941 alternerà l'attività in reparto con quella di collaudo e test, principalmente della versione catapultabile del Reggiane Re.2000[1] e del Macchi M.C.202. Il 21 agosto 1941 a Lonate Pozzolo, ai comandi di uno dei primi velivoli di serie di quest'ultimo, durante un volo di controllo militare per stabilirne le prestazioni Reiner ottenne la velocità in picchiata di 1087,27 km/h[2]risultando quindi essere uno dei primi, se non il primo, pilota a superare il muro dei 1000 km/h.

    Nel luglio del 1942 Reiner divenne comandante della 73ª Squadriglia, seguendo da allora le vicissitudini della Squadriglia e del Gruppo, venendo poi promosso capitano. Dopo l'armistizio partecipò nell'Aeronautica Cobelligerante Italiana alla guerra nei Balcani.

    Reiner terminò la guerra con 10 vittorie individuali, 8 probabili e 3 velivoli nemici distrutti al suolo, oltre a 57 vittorie condivise, rimanendo nell'Aeronautica fino al 1949 e raggiungendo il grado di maggiore. Dopo aver lasciato il servizio ritornò a Como lavorando come ingegnere e continuando a volare presso il locale Aero Club.

    Giulio Reiner morì a Como il 6 settembre 2002.

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    Giulio Torresi (Ancona, 6 febbraio 1915 – Reggio Emilia, 1º luglio 1944) è stato un aviatore italiano.

    Pluridecorato asso della Regia Aeronautica durante la seconda guerra mondiale, conseguì un totale di 10 vittorie aeree accertate, 1 probabile e 10 in collaborazione, oltre al danneggiamento di altri 11 velivoli.[1] Risulta decorato con quattro Medaglia d'argento e una Croce di guerra al valor militare, oltre alla Croce di Ferro di II classe tedesca.[1]


    Biografia

    Nacque ad Ancona il 6 febbraio 1915,[2] figlio di Carlo[3] e Agnese Fiumani. Effettuò gli studi presso un collegio in Veneto, ed entrò nella Regia Aeronautica il 4 giugno 1935, conseguendo il brevetto di pilota il 18 luglio successivo sull'aeroporto di Lido di Ostia, volando a bordo di un Caproni Ca.100. Il 4 novembre conseguì il brevetto di pilota militare su Fiat C.R.20, e il 16 gennaio 1936 entrò in servizio, con il grado di sottotenente pilota di complemento, presso il 2º Stormo Caccia Terrestre. L'11 aprile successivo fu trasferito al 19º Stormo Osservazione Aerea, ma il 16 giugno entrò a far parte del 1º Stormo Caccia Terrestre di Campoformido.[4] Nel 1938 entrò in servizio permanente effettivo, assegnato alla 77ª Squadriglia, 13º Gruppo, 2º Stormo Caccia Terrestre di stanza a Tripoli (Africa settentrionale italiana), equipaggiata con i caccia Fiat C.R.42 Falco.[5]

    L'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, lo colse sul campo d'aviazione di Tripoli-Castelbenito,[5] promosso in quello stesso giorno al grado di tenente.[2] Il suo reparto fu subito impegnato in azione, e il 18 giugno fu rischierato sul campo d'aviazione di Tobruk T2.[5] Il 26 giugno colse la sua prima vittoria a spese di un bombardiere Bristol Blenheim della Royal Air Force.[2] Al termine del ciclo operativo era accreditato di sei vittorie aeree,[6] più una probabile,[2] decorato con due Medaglie d'argento al valor militare. Rientrato in Patria nel dicembre 1940,[5] a partire dal 29 aprile 1941 fu temporaneamente assegnato al 150º Gruppo Autonomi Caccia Terrestre,[7] equipaggiato con i monoplani Aermacchi C.200 Saetta, prestando servizio sul fronte greco.[7] Ai primi di agosto del 1941 fu assegnato alla 362ª Squadriglia[8] del 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre,[9] e il 9 agosto successivo raggiunse il fronte russo dove collaborò, in 44 missioni belliche, alla distruzione di 5 aerei sovietici, oltre a due 2 probabili, venendo decorato con una terza Medaglia d'argento al valor militare. Nel luglio 1942 il 22º Gruppo rientrò in Italia, sull'aeroporto di Ciampino, iniziando il riequipaggiamento con i Reggiane Re.2001 Falco II.[8] Al termine dell'addestramento il 22º Gruppo fu trasferito sull'aeroporto di Elmas (Sardegna) iniziando ad operare contro i convogli navali alleati.[10] Nel mese di settembre il gruppo fu trasferito sull'aeroporto di Gela (Sicilia)[10] ritornando in Sardegna, a Monserrato, nel mese di novembre.[10][11] Il 26 agosto 1942 sposò a Loreto la signorina Emilia Cavalli.[12] Nel gennaio 1943 la 362ª Squadriglia fu schierata sull'Aeroporto di Capodichino in difesa di Napoli.[13] Il 7 febbraio fu decorato con la quarta Medaglia d'argento al valor militare. A partire dal mese di aprile la squadriglia ricevette i primi caccia Reggiane Re.2005 Sagittario,[10] con cui egli abbatte 1 bombardiere Consolidated B-24 Liberator, collaborando alla distruzione di altri 3 quadrimotori. Il 2 giugno la 362ª venne rischierata in Sicilia, sul campo d'aviazione di Siracusa-Capo Passero,[10] dove il 22 dello stesso mese fu promosso al grado di Capitano per merito di guerra. In Sicilia conseguì l'abbattimento di 3 caccia Supermarine Spitfire, mentre un altro gli fu riconosciuto come probabile. In seguito alla situazione bellica la squadriglia fu riposizionata sull'aeroporto di Capua, in difesa della città di Napoli.[10]

    Dopo la firma dell'armistizio con gli anglo-americani, l'8 settembre 1943, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana entrando a far parte della neocostituita Aeronautica Nazionale Repubblicana.[2] Assegnato alla Squadriglia complementare d'allarme "Montefusco-Bonet",[14] dotata dei caccia Fiat G. 55 Centauro nel mese di aprile 1944 assume il comando della Squadriglia che viene incorporata nel neocostituito 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni".[2] Il 1º luglio 1944 cade in combattimento con altri cinque dei suoi piloti durante la fase di decollo su allarme dall'aeroporto di Reggio Emilia, colti di sorpresa dall'incursione di una trentina di caccia americani Republic P-47D Thunderbolt.[15] Durante il suo servizio nell'A.N.R. rivendicò l'abbattimento di un 1 caccia P-47 Thunderbolt, 1 bombardiere Boeing B-17 Flying Fortress e due B-24 Liberator.

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    Emanuele Annoni (Milano, 19 aprile 1916 – Roma, dicembre 2004) è stato un generale e aviatore italiano.

    Asso pluridecorato della Regia Aeronautica partecipò alla seconda guerra mondiale conseguendo 9 vittorie aeree individuali e 10 in collaborazione.[3]


    Biografia

    Nacque a Milano il 19 aprile 1916,[2] figlio di Vittorio, entrò all'Accademia Aeronautica di Caserta, corso Rex,[4] nel 1936.[2] Nel febbraio 1939 consegue il brevetto di pilota militare, venendo assegnato alla 96ª Squadriglia,[5] 9º Gruppo, del 4º Stormo Caccia Terrestre,[2] equipaggiata con i caccia Fiat C.R.42 Falco, di stanza sull'aeroporto di Gorizia.[2] Con l'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, il suo reparto iniziò ad operare sul fronte occidentale,[2] contro la Francia. Dal luglio dello stesso anno il reparto fu trasferito a sud, eseguendo missioni su Malta e in Africa settentrionale.[2] Nel mese di dicembre, stante le gravissime perdite subite, il 9º Gruppo rientrò in Italia per riequipaggiarsi a Gorizia[6] sui nuovi monoplani Aermacchi C.200 Saetta.[2] Nell'aprile 1941 partecipò al breve ciclo di operazioni contro la Jugoslavia.[3] Gli aerei del 9º Gruppo operarono dalla base aerea di Pola[7] (Istria), eseguendo missioni di scorta bombardieri[6] e mitragliamento sulle basi dell'aviazione jugoslava.[6][8] Poco tempo dopo il 9º Gruppo[5] fu il primo reparto a eseguire la transizione sul caccia Aermacchi C.202 Folgore[5] sull'aeroporto di Gorizia, iniziando, verso la fine del mese di settembre, le operazioni nei cieli del Mediterraneo centrale e di Malta,[9] operando dalla base di Comiso.[5] Durante un'azione di mitragliamento sull'aeroporto di Luqa,[7] Malta, eseguita il 14 ottobre, il suo aereo venne gravemente danneggiato da un caccia Hawker Hurricane,[10] e solo l'intervento di un altro C.202, che abbatté il velivolo avversario, gli consentì di ritornare alla base.[7] Il 22 novembre rivendicò la sua prima vittoria in un combattimento aereo, un Hawker Hurricane[11] colpito nei pressi di Malta.[7] Il giorno dopo il suo reparto venne trasferito in Africa settentrionale,[12] iniziando immediatamente le operazioni belliche.[7] Il 26 novembre[12] ottenne la sua prima vittoria certa abbattendo un Hurricane[13] tra Sidi Rezegh e Gambut.[7] Il 1º dicembre abbatté un Curtiss P-40 del No.250 Squadron nella zona di Bir el Gobi, mentre il 10 maggio 1942 rivendicò l'abbattimento di un Supermarine Spitfire nei cieli di Malta.[14] Il 31 maggio nuova vittoria a spese di uno Spitfire[15] del No.112 Squadron. Il 6 giugno sostituì il capitano Ezio Viglione[16] al comando della 96ª Squadriglia.[14]

    Nel mese di settembre il suo reparto ricevette la visita, sull'aeroporto di Fuka,[17] dell'asso tedesco Hans Joachim Marseille che volle provare a pilotare un C.202. Annoni gli cedette il suo, ma Marseille glielo danneggiò gravemente durante l'atterraggio.[14] Il 9 ottobre abbatte due aerei, un P-40 della South African Air Force nella zona di Qutefiya e uno Spitfire del No.92 Squadron.[14] Il 24 ottobre, in collaborazione con altri piloti, abbatte un caccia P-40 del No.5 SAAF Squadron e un bombardiere Martin Baltimore del No.223 Squadron.[18] Dopo la sconfitta di El Alamein il 4º Stormo effettuò numerosissime missioni di copertura alle truppe italo-tedesche in fase di ritirata. Durante queste operazioni, il 13 novembre, distrusse un P-40 del No.2 SAAF Squadron.[18] Il 15 gennaio 1943 fu promosso capitano,[18] e in quello stesso mese il 4º Stormo rientrò[18] in Italia per riequipaggiarsi con i nuovi Aermacchi C.205 Veltro, suddividendosi tra gli aeroporti di Furbara, Cerveteri e Ciampino.[18] In vista della probabile invasione dell'Italia, alla fine del mese di giugno lo Stormo si riposizionò in Sicilia,[18] sugli aeroporti di Sigonella,[19] Finocchiara[19] e San Salvatore (Scordia).[19] Nel mese di luglio gli anglo-americani effettuarono l'Sbarco in Sicilia, dando il via all'invasione del continente europeo, con l'obiettivo dichiarato di costringere l'Italia alla resa. Durante i furiosi combattimenti[19][20] che seguirono allo sbarco, abbatté uno Spitfire in collaborazione e probabilmente due P-40.[18] Impossibilitato a contrapporsi efficacemente al nemico, stante la netta superiorità numerica di quest'ultimo, lo Stormo venne arretrato a Crotone,[21] per opporsi al previsto sbarco alleato in Calabria.[21]

    All'atto dell'armistizio di Cassibile, l'8 settembre 1943, il 4º Stormo si trasferì sull'aeroporto di Gioia del Colle,[18] in Puglia, da dove ben presto iniziò ad operare[18] contro i tedeschi[22] nell'ambito dell'Italian Co-Belligerent Air Force.[3] Il 25 settembre egli abbatté[23] un caccia Messerschmitt Bf.109G[23] appartenente alla III Gruppe dello Jagdgeschwader 27.[24] Nel 1944 fu promosso maggiore, assumendo il comando del 9º Gruppo.[18] In quello stesso periodo gli anglo-americani riequipaggiarono il 4º Stormo con i caccia Bell P-39Q Airacobra,[18] e con questo aereo, potentemente armato, lo Stormo operò in azioni di attacco al suolo e bombardamento.[18] Tra il settembre 1944 e l'aprile 1945[18] i gruppi di volo del 4º Stormo attaccarono i reparti della Wehrmacht[25] che si travano ritirando dalla Grecia, attraverso l'Albania, per raggiungere la Croazia e la Bosnia centrosettentrionale.[25]

    Dopo la fine della guerra ricoprì diversi, importanti incarichi per lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare.[18] Fu Capo Ufficio Operazioni del 4º Stormo basato a Napoli-Capodichino, e poi comandante del 6º Gruppo della 4ª Aerobrigata, equipaggiato con i cacciabombardieri De Havilland DH.100 Vampire,[26] e poi della stessa Aerobrigata.[18] Il 1º febbraio 1972 sostituì il generale di squadra aerea Oreste Genta al comando della 3ª Regione Aerea.[27] Dal 25 marzo 1975 al 17 giugno 1976 fu direttore del Centro alti studi per la difesa (CASD). Il 23 novembre 1988 fu nominato membro della Commissione di Inchiesta[28] sull'incidente di Ustica instituita dalla Presidenza del Consiglio. Presidente della Commissione fu nominato il dottor Carlo Maria Pratis,[29] mentre gli altri membri furono il generale Alessandro D'Alessandro, l'ambasciatore Egidio Ortona, il professor Luigi Pascale, l'ammiraglio Ugo Pizzarelli e il professor Carlo Buongiorno.[30] Fino al 20 gennaio 2002[18] rivestì un ruolo di rilievo, vicepresidente, dell'Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia[2] con sede a Roma. Si spense nella capitale nel dicembre 2004.
     
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