lettera di addio a Lemmy di Brian May

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    Sono già passati otto giorni dalla scomparsa di Lemmy, evento più tragico del 2015 nel mondo del rock. Vi proponiamo la traduzione della toccante lettera d'addio pubblicata dall'amico Brian May.



    E' difficile trovare le parole, specialmente quando sai che Lemmy avrebbe riso di tutti noi, che stiamo cercando di dire cose dignitose sul fatto che lui fosse un eroe. Ogni volta che ho provato a fare un complimento a Lemmy, mi guardava con quello sguardo un po' divertito, un po' irridente. Ma, sicuro, era un eroe. Una specie, almeno. Unico in ogni modo immaginabile. Era un mix vivente di diversi tipi di personalità. La sua musica era ruggente, abrasiva, senza compromessi, e i suoi testi non avevano alcun accenno di sensibilità. Ma, come persona, era un pacifista, un grande pensatore, un uomo che teneva molto ai suoi amici. Non sono stato mai nella cerchia più ristretta delle sue frequentazioni, ma ci siamo incontrati spesso, e lui ha sempre detto qualcosa di incredibilmente rispettoso nei miei confronti, tanto da lasciarmi disarmato, considerando quanto odiasse che si facessero complimenti a lui. Uno dei miei più cari amici ha vissuto con Lemmy per 10 anni, e l'ha sempre descritto come un uomo gentile, molto diverso da come appariva in pubblico, che non abbandonava mai il suo sguardo cattivo sul mondo. Lemmy era una persona molto colta, letterata, ma non lo avresti mai detto vedendolo per una notte intera a giocare a un cabinato al Rainbow Bar and Grill della Sunset Strip.



    Tutti veniamo al mondo come bambini, e costruiamo quello che vorremmo essere. Lemmy ha deciso di essere il prototipo di icona dell'hard rock. Lemmy ha vissuto la sua musica, e questo suo personaggio, al 100%. I Motorhead sono stati per gran parte della loro storia una band di tre elementi -anche qui, niente spazio per vezzi- e i tre elementi erano sempre spinti freneticamente al massimo. Ricordo di aver suonato insieme a loro alla Brixton Academy, è stata l'esperienza più forte, sonoramente parlando, della mia vita. La maggior parte delle band tengono il volume sul palco a un limite controllato, rendendo altissimo tramite il mixing solo il volume per la gente. I Motorhead non facevano così. Le pile di speaker erano DIETRO la band, non davanti, e tutte col volume settato a 10. Ok, a 11. Il suono del basso di Lemmy era quello di una macchina gigantesca che polverizzava macigni. Una roba che attraversava l'intero spettro delle frequenze. Non era un suono convenzionale, per niente. Anche se non suonava nessun altro strumento in contemporanea, il basso di Lemmy era lì ad assordarti, con frequenze che andavano da 50 a 10000. E martellava (ho scelto la parola più precisa possibile) circa 200 note al minuto, per tutto il concerto. Era, ed è, una cosa incredibile. E in cima a tutto questo casino monumentale, c'era la sua voce caratteristica, di gola, inaridita dal tabacco.

    E' difficile collegare il Lemmy degli esordi al mostro che è diventato, ma è stato sempre magnifico anche con gli Hawkwind. Lo constatai quando i Queen suonarono con loro a Epsom Baths, intorno al 1970. Lemmy poi abbandonò il gruppo per fondare la sua band, con uno stile molto più cattivo, l'antitesi del Flower Power. Non ricordo la prima incarnazione della band, ma ricordo Fast Eddie Clarke, il chitarrista di Lemmy dei primi giorni, e Philthy Animal alla batteria. I Motorhead avevano un'energia primitiva scioccante. Mi ricordo anche di Wurzel, era una forza leggendaria.



    Potrei andare avanti. Potrei parlare dell'abilità di Lemmy di imbarazzare la gente, di trangugiare sostanze in quantità tali da anestetizzare un rinoceronte. Ma è abbastanza. Quel che c'è di importante è la sua musica. Phil mi ha fatto suonare nell'ultimo album dei Motorhead, un onore di cui farò ancor più tesoro, adesso. E' un pezzo chiamato "The Devil". Se c'è giustizia a questo mondo, Lemmy sarà in qualche bar rock and roll in paradiso, buttando giù Jack Daniels con il diavolo seduto accanto a lui, a scherzare sulle stranezze della vita.
     
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