Incesto improbabile

Madre, figlia ma senza padre

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Group
    Fan
    Posts
    107

    Status
    Ero decisamente una ragazza fortunata; i miei, che disponevano di una ricchezza notevole frutto di eredità familiare e del ruolo di mio padre in un’importante azienda, non erano in grado di proibirmi niente; l’unica cosa che erano riusciti ad inculcarmi era un senso quasi bigotto della religione e dei suoi principi, al punto di valutare manicheisticamente il bene ed il male come due realtà contrapposte tra le quali mi muovevo, con l’’intemperanza, l’imprevedibilità e la volubilità proprie dell’età e del carattere.
    Nessuno si meravigliò quindi quando, in uno scorcio d’estate, mi lasciai trasportare da una folata di passione e mi feci sverginare da Elio, un giovane impiegato di banca di belle speranze, nel quale mio padre vedeva un avvoltoio che aveva di mira la mia eredità piuttosto che il mio amore giovane; cedette alle mie proclamazioni di grande amore e si arrese quando comunicai la decisione che ci saremmo sposati in breve tempo.
    Non gli restò che favorire le sue ambizioni, sfruttando il potere di cui godeva anche negli ambienti finanziari, ed esigere una cerimonia adeguata al suo livello sociale, contro il parere di mio marito che avrebbe voluto una cerimonia intima, secondo mio padre perché si vergognava di presentare i suoi parenti ed amici in una cerimonia che per loro sarebbe risultata troppo impegnativa e per la quale non avevano neppure abiti adatti.
    Elio non fece nessuna obiezione e, quando mio padre pretese il regime dei beni separati per evitare future pretese sul mio patrimonio, rispose che gli bastava il mio amore; addirittura, rifiutò il lussuoso viaggio di nozze che i miei avevano programmato per chiedermi di ‘scomparire’ per qualche giorno e fare l’amore alla disperata nell’appartamentino che i miei avevano acquistato per me, nel solito regime di separazione.
    Furono due anni felici, in sostanza; la carriera di Elio si avvalse della parentela con mio padre, ma soprattutto della sua enorme qualità intellettuale, per fargli percorrere in pochi mesi una rapida carriera; fu destinato ai rapporti internazionali della grande banca con cui lavorava e si dimostrò così valido da meritare per due anni consecutivi il titolo di migliore impiegato ed alcune promozioni che lo resero personaggio di spicco.
    Il vero problema tra noi era il sesso; avere contravvenuto ai miei principi talebani ed essermi fatta sverginare rappresentava già un grave handicap per me; quando, in camera da letto, mio marito avanzò delle pretese che io consideravo immorali, sporche e antigieniche, si aprì tra noi due un baratro che niente riusciva a colmare; credo che allora Elio decise di cercare altrove quello che io puntualmente gli negavo.
    Tornare tardi la sera diventò un’abitudine; le scuse che accampava risultarono sempre più flebili fino a che seppi con certezza che aveva alcune amanti con le quali sfogava quelle voglie ‘perverse’ che io non accettavo nemmeno di prendere in considerazione; minacciai il divorzio e il suo fallimento professionale se non avesse smesso; ma Elio era sempre più tenace a chiedermi di cedere alle sue voglie di rapporti orali o anali; mi rifiutavo persino di masturbarlo o di farmi leccare intimamente.
    Quando ormai la corda era fin troppo tesa, partì per una missione all’estero; fu in quell’occasione che incontrai un altro ragazzo, bello e prestante più di mio marito, al quale cedetti e gli concessi quello che, distruggendo il matrimonio, avevo sempre negato ad Elio; non mi chiesi neppure perché lo avessi fatto; semplicemente, scoprii un mondo diverso che mi catturava; mi rendevo conto dell’errore commesso negandomi al coniuge legittimo; ma decisi di odiarlo di più.
    Non mi protessi nei rapporti; non lo avevo mai fatto e mio marito era stato sempre paziente ed attento per evitare una maternità prematura; con l’altro, di cui non ricordavo più neppure il nome, non feci niente per evitare che concludesse in vagina e mi trovai incinta di colpo; quando la cosa fu comunicata ad Elio, prese la naturale decisione di chiedere il divorzio; non tornò più dalla missione e si stabilì in Sudamerica dove aveva costruito un suo personale impero, anche di sesso.
    Libera da impacci, mi scatenai nella lussuria più sfrenata ed in pochi mesi contai quattro amati diversi coi quali imparai a praticare tutte le forme di sesso possibili e immaginabili; un minimo di coscienza razionale suggeriva che solo io avevo la colpa totale di quello che era avvenuto; l’ipocrisia borghese a cui mi ero abituata nella famiglia, mi indusse a dichiarare che la figlia che aspettavo era di mio marito.
    Mio padre non aspettava altro, per avviare una pratica giudiziaria per punire il ‘colpevole’ nella maniera più sanguinosa; riuscì, con avvocati abilissimi, a farlo condannare a versarmi un congruo contributo per il mantenimento di mia figlia che non pesava più di tanto sulle economie di un magnate, come lui era diventato, grazie alla sua abilità nel manovrare capitali non suoi ma affidatigli da speculatori, favorito anche dal lavoro svolto in Sudamerica, vicino alle banche off shore più famose del mondo.
    Gli anni scivolarono lenti e pigri; io mi trovai a scatenare la mia troiaggine in una libidine continuamente insoddisfatta; cambiavo amante più rapidamente di come alternassi i vestiti secondo le stagioni; imparai a godere da pazzi e a mandare in paradiso i miei amanti con pratiche sessuali, un tempo peccaminose e sporche, nelle quali adesso ero diventata una maestra indiscussa; il pensiero di mio marito non mi sfiorò mai più.
    Non mi occupavo molto nemmeno di Vittoria, mia figlia, che fu allevata nel lusso e nelle concessioni che avevano già costruito la mia personalità; per effetto dei tempi mutati e delle diverse condizioni di crescita, imparò presto a gestirsi con intelligenza e con un senso della libertà molto oculato; l’indipendenza economica, che nasceva anche dal contributo che incameravo da suo padre e onestamente dirottavo a lei, le consentiva di essere totalmente libera e di vivere lontano da me.
    Quando toccai i quarant’anni, cominciai a rendermi conto che rischiavo una vecchiaia da sola e senza riferimenti, se non le copule sregolate e assurde che mi concedevo forse per riempire un grande vuoto di affetto che solo con Elio avevo visto colmarsi; accettai allora di sposare un uomo assai più vecchio di me, amico di mio padre, vedovo da anni, che volle anche riconoscere come sua mia figlia Vittoria, che non si oppose quando le fu chiesto di assumere il nuovo cognome.
    Aveva da tempo cominciato a girare il mondo, sia per lavoro, perché si occupava di import export con grande abilità, sia soprattutto per una sua fame di conoscenza che non sapevo da dove derivasse; in uno dei rarissimi momenti in cui ci trovammo faccia a faccia a parlare di noi, riuscii a strapparle a malapena che non aveva preso niente dalla mia perversione, che aveva fatto qualche esperienza come tutti i giovani della sua età, ma sempre senza esagerare.
    ---
    Quando conobbi Leonilde, avevo appena venti anni; da due lavoravo in banca e finalmente avevo l’autonomia economica per vivere per mio conto e non gravare sulla famiglia; non mi dispiaceva la vita in un ambiente piccolo borghese di tono non proprio modesto ma non elevato; la ragazza invece aveva tutte le stimmate della ricca spensierata e un poco svagata, incapace di reggere un confronto serio su temi importanti, ma decisamente bella ed affascinante per eleganza, per qualità, per intelligenza.
    Non era interessata ai grandi temi, ma alle grandi emozioni sì; un’educazione da baciapile la portava a dividere le cose categoricamente in bianco e nero; però spesso si lanciava su quelle ‘nere’ per un istintivo gusto del proibito; la prova la ebbi quando, dopo che ci eravamo frequentati per quasi tutta l’estate insieme agli altri, ci trovammo a passeggiare da soli, di sera, lungo la battigia; sdraiati su un pattino arenato, la baciai all’improvviso, rispose e sentii che partiva per la tangente.
    A vent’anni, il momento propizio si coglie senza stare a pensarci; la sverginai a sorpresa, senza neppure essermi reso conto che per lei era la prima volta; subito dopo, ci chiarimmo e avvertii netto il senso di colpa che la opprimeva per il ‘peccato’ commesso e soprattutto per essere venuta meno ad uno dei principi di famiglia; suo padre, amministratore delegato di un’importante azienda ed erede di una fortuna enorme, sarebbe stato categorico, inflessibile.
    Fissò senza esitazione la data del matrimonio e non mi restò che accettare, perché amavo Leonilde, nonostante la sua ‘leggerezza’ che consideravo fresca ingenuità, e mi piaceva anche l’idea di mettere su famiglia al più presto; l’unica difficoltà, fare incontrare i miei con il corteggio dei suoi titolati parenti ed amici, si risolse con la grande nobiltà d’animo di mio padre e l’infinita dignità di mia madre che fecero brillare la loro onestà anche nello sfarzo della cerimonia.
    La brutta sorpresa venne durante la luna di miele; quando tentai di abbassarmi sulla vulva di mia moglie per un cunnilinguo, la vidi scattare come una molla e scappare dal letto matrimoniale; mai lei avrebbe consentito una pratica peccaminosa e contraria ad ogni norma, soprattutto di igiene; tentai delicatamente, con tutto il garbo possibile, di spiegare che il sesso era una parte fondamentale ed integrante dell’amore, ma non ci fu niente da fare.
    Per qualche mese cercai di persuadere mia moglie ad informarsi anche da altre donne di cui si fidasse per conoscere i meccanismi che presiedevano ai rapporti tra coniugi; non ci fu verso di convincerla; mi rivolsi ad alcune colleghe che conoscevo di costumi alquanto liberi e cominciai a praticare con loro il sesso che a casa mi veniva negato; per giustificare le mie lunghe sedute dopo la chiusura d’ufficio, mi inventai tutte le scuse possibili.
    Sapevo che era assurdo sperare che la cosa passasse inosservata per sempre; continuai ad insistere con Leonilde perché abbandonasse quell’atteggiamento di integralismo becero e fuori tempo; ottenni solo che si intestardisse nelle sue convinzioni ed arrivasse a negarsi anche per le copule che lei riteneva lecite; dopo pochi mesi, dormivo nel letto con una statua di ghiaccio; esasperato, chiesi ed ottenni di partire per una missione all’estero.
    Infatti, in banca avevo avuto da sempre l’incarico dei rapporti con l’estero; dopo il matrimonio, la notizia che ero il genero di un forte cliente fece crescere le mie quotazioni; mi impegnai allo spasimo e feci valere le mie qualità; nel periodo che durò, di fatto, il mio matrimonio, presi contatto con tutti i maggiori azionisti della banca, di cui curavo il portafoglio estero, con operazioni spesso ai bordi della legalità; questo mi assicurò fiducia e incarichi delicati.
    Mentre ero in Sudamerica, mi arrivò la notizia che mia moglie era incinta; sapevo per certo che non potevo essere il padre; lo dissi a mia moglie per telefono; mi rispose che erano cavoli miei anche quelli che la riguardavano; difatti, suo padre usò tutta la sua potenza e le sue conoscenze per farmi condannare a versare un notevole assegno di contributo al mantenimento della figlia che doveva nascere.
    Avrei ucciso con le mie mani Leonilde che, dopo avere fatto la ‘santa’, mi aveva tradito, si era fatta mettere incinta da chissà chi e alla fine scaricava su di me il peso della bambina che da quella relazione stava per nascere; fortunatamente, per me e per lei, proprio in quella fase misi a segno alcuni grossi colpi che mi fruttarono una mezza fortuna; avevo a fianco un’indigena di rara bellezza e con lei scaricavo tutte le tensioni e le voglie sessuali; mi suggerì che la bambina non c’entrava; lasciassi stare.
    Non mi occupai più né di Leonilde né di Vittoria per la quale fu sufficiente incaricare un mio fondo vitalizio di versare la cifra pattuita fino a quando fosse stato imposto dalla legge, forse fino ai suoi diciotto anni, e mi dedicai totalmente a me stesso, vivendo una vita da nababbo che le manovre fiscali che seguivo dal Costarica rendeva agile e ricca di soddisfazioni; avevo sempre numerose amanti tra le quali mi dividevo con impegno quasi razionale.
    Curavo la mia persona praticando sport che amavo, mi feci una barca con cui navigavo i favolosi mari del sud, frequentavo la più alta società del mondo e cominciai ad acquisire immobili nelle grandi capitali dove trascorrevo brevi periodi in coincidenza con eventi mondani di gran lusso; facevo veramente la vita da ricchi che solo nei sogni è possibile; dentro di me, un vuoto di affetto mi opprimeva; ma il ricordo della bestialità di mia moglie uccideva i sentimenti.
    A Madrid si teneva una manifestazione di moda; uno stilista spagnolo mi aveva ‘imposto’ di essere presente; gli avevo risolto delicati casi di evasione fiscale e ci teneva a farmi conoscere le donne più belle della serata, sapendo della mia abitudine a incontrare bellezze da collezione da amare per una sera, da portare solo a cena o da conoscere semplicemente; non pensai neppure per un attimo di declinare l’invito e mi presentai al meglio del mio splendore.
    Mentre mi lasciavo trasportare in giro a stringere la mano a donne a dir poco favolose, notai una ragazza assai giovane che mi intrigava non sapevo nemmeno perché; me la presentarono come ‘Victoria’ ed io mi complimentai con lei in spagnolo.
    “Bada che il mio nome è Vittoria e sono italiana!”
    Le chiesi scusa per la gaffe e la invitai a bere con me; in dieci minuti avevo davanti la più intrigante, la più affascinante, la più desiderabile donna che mai avessi incrociato nella mia vita; non era la più bella, anche se era bellissima; faceva un lavoro di import export che non mi interessava per niente; non aveva nessuna delle caratteristiche per le quali normalmente decidevo per una serata da sogno, con o senza implicazioni passionali o amorose.
    Eppure, mi sentivo attratto da lei come una mosca dal miele; non smettevo di guardarla e di sentirmi preso, cercai di trovare nella memoria qualcosa che la legasse al mio mondo, visto che la sua città di origine coincideva con la mia; ma il cognome mi era estraneo, il lavoro anche; insomma, non trovavo niente in comune su cui poggiare un dialogo parolaio e stupido come in tutte le conquiste a cui ero fin troppo abituato; ruppe lei l’imbarazzo.
    “Senti, Elio; io qui mi annoio; non potremmo nasconderci da qualche parte e parlare?”
    Quasi presentendo che rischiavo di innamorarmene, le obiettai.
    “Vittoria, ti rendi conto che potrei essere tuo padre? Ho almeno il doppio della tua età e non vorrei entrare in un inganno che mi faccia male … “
    “Io non ho paura dell’età; sei un bell’uomo, mi piaci, ho voglia di parlare con te, non so neppure perché; ho voglia di farlo in un posto più intimo, più privato; non voglio concupirti né portarti in albergo, anche se non lo troverei nemmeno azzardato. Conosci un posto dove possiamo essere due amici che parlano al di là della differenza di età?”
    “Vieni con me!”
    Prendemmo i soprabiti e uscimmo quasi furtivamente dal lussuoso palazzo; le feci percorrere alcuni vicoli caratteristici, vuoti a quell’ora, e ci infilammo in una taverna dove facevano musica; ci sedemmo su due sgabelli rustici ed ordinammo delle ‘tapas’ per ascoltare un concerto di chitarre classiche; ad un passaggio più languido e struggente dei suoni, la sua mano si appoggiò sulla mia; la girai ed intrecciai le dita alle sue.
    A mano a mano che la chitarra flamenca accentuava il dolore lacrimoso delle note, sentivo che mi stringeva con più forza e avvicinava il volto al mio, da sopra al tavolino rozzo; il bacio fu delicato, quasi una carezza lunga e lenta; la sua lingua guizzò rapida e dolce; ricambiai leccandole le labbra e i denti; improvvisante il suo si fece intenso, forte, le presi la testa e la baciai con passione, le lingue si intrecciarono e mi accorsi di essere terribilmente eccitato; riuscii a stento a staccarmi.
    “Vittoria, non credi che ci stiamo spingendo troppo oltre?”
    “Oltre cosa, Elio? E’ una serata come non ne ho conosciute, c’è una musica suggestiva, è un ambiente d’amore; è troppo sentirmi innamorata di te per questa sera?”
    “No, il troppo è che anch’io mi sento innamorato e non solo per stasera; è come se ti conoscessi da sempre, ti aspettassi da sempre, ti volessi per sempre.”
    “Bene; io provo la stessa cosa. Possiamo lasciare che gli eventi seguano un corso naturale?”
    “Quando cominceremo a ragionare?”
    “Quando sentiremo di essere vicini a quel discorso strano che fanno due che vogliono stare insieme tutta la vita.”
    “Ci arriveremo insieme?”
    “Ci parleremo lungo il viaggio, chiaro e a lungo; quando ci accorgeremo di qualche incrinatura, prenderemo le precauzioni. E’ solo un’ora che ti conosco; possiamo almeno cominciare a parlare?”
    “Dovrò dirti molte cose; qualcuna anche brutta … “
    “Elio, i casi sono due; cominciamo a parlare e seguiamo il cuore; oppure stiamo zitti, incartiamo questi momenti e li mettiamo nel cassetto dei ricordi … “
    “Io non metto un bel niente nei ricordi. Parliamo, tantissimo; ma prima o poi voglio fare l’amore con te.”
    “E per cosa credevi che ti lasciassi parlare, dopo averti sentito baciarmi? Delle tue donne mi parlerai dopo … “
    “Non ho nessuna donna; se facciamo l’amore, non sarà solo per stasera.”
    “Dove mi porti?”
    Non le risposi; l’appartamento che avevo a Madrid era a pochi passi, ci andammo a piedi; ogni tanto mi fermava, mi abbracciava e mi baciava appassionatamente; la guardai interrogativo.
    “Mi piace come mi baci; mi piace baciarti e sentirmi baciare. Ti da fastidio?”
    La presi nella vita sottile e me la strinsi forte addosso schiacciando il seno prepotente contro il torace; spinse il pube contro il ventre e sentii che cercava il piacere contro l’osso pubico; feci scivolare le mani intrecciate sopra l’inguine e la carezzai da sopra al vestito; mi sussurrò.
    “Continua ancora un poco, fammi godere un attimo!”
    Mossi la mano e col dorso le strofinai l’inguine; mosse le dita e tastò il sesso duro da sopra il vestito.
    “Continua, non ti fermare; sto per godere; vai fino in fondo. Siiiiii.”
    Me lo sibilò in un orecchio, le presi le labbra e la tacitai con un bacio; sembrava singhiozzare dentro la mia bocca; i pochi passanti pensarono che stavo facendola piangere mentre la baciavo; lei stava scaricando il suo amore; mi affrettai a portarla a casa e l’accompagnai direttamente in camera; mi guardava sorpresa; le spiegai che quello era il mio alloggio a Madrid e che da quel momento poteva considerarlo il nostro rifugio d’amore; cominciò a spogliarmi ed io feci altrettanto.
    In pochi minuti fummo nudi ed io non ebbi il tempo di fermarmi ad ammirare la sua meravigliosa figura; mi trascinò con se sul letto, mi avvolse i fianchi con le gambe e si penetrò, forse con dolore.
    “E’ tutta la sera che spettavo solo questo; adesso prendimi; a fare l’amore ci penserai dopo; per ora fammi saziare di te!”
    Fu l’amplesso più travolgente che avessi mai anche sognato; mi sentii preso in lei e sentii lei posseduta da me come se non avessimo desiderato altro per tutta la vita; la cavalcai da dominatore e mi lasciai montare da schiavo, cercando, regalando, scavando, inseguendo tutto l’amore che la passione ci poteva suggerire; tirai in lungo la copula finché tutto mi doleva; quando sentii che per la terza volta aveva urlato un orgasmo e m’imponeva di venire, scaricai tutto il piacere che avevo accumulato.
    Mentre ci rilassavamo dopo il faticoso amplesso, mi dedicai finalmente a scoprire il suo corpo; ero stato tanto affascinato da lei, dalla sua personalità, dall’amore che mi ispirava, che quasi non avevo guardato la forma statuaria delle gambe lunghe, snelle ed elegantissime, la curva perfetta dei fianchi sodi e pieni, il seno rigoglioso e provocante che avevo appena sfiorato con le labbra e il viso dolce e femminile, che vagamente mi ricordava in qualche tratto Leonilde.
    Mentre passavo in rassegna le forme bellissime, mi colpi un piccolo tatuaggio, appena visibile, in cima alla vulva, che rappresentava una rosa rossa con foglie e spine; le chiesi come mai lo avesse in quel punto così segreto; mi confidò che da bambina aveva voluto imitare sua madre e se l’era fatto tatuare con tante urla di suo nonno.
    “Per caso tua madre si chiama Leonilde?”
    “Si, come fai a saperlo? Ti sei informato?”
    “Lei ti ha raccontato che l’aveva fatto tatuare il giorno che si fece sverginare?”
    “Cristo, come fai a saperlo? Ne dovrebbe essere al corrente solo mio padre che la sverginò!”
    “L’uomo che la sverginò l’amava, ma non è tuo padre … Ascolta, Vittoria, ufficialmente tu sei mia figlia, perché questo ha dichiarato tua madre per non far scoprire a tuo nonno che mi aveva tradito; in realtà, non ho rapporti di sangue con te, tranne essere stato per qualche mese marito di tua madre e poi vittima delle sue corna e delle sue pretese economiche. Domani andiamo in un buon laboratorio e facciamo il test del DNA; non vorrei avere commesso un incesto; ma so per certo che non sono stato io ad ingravidarla e posso amarti come sento di farlo adesso.”
    Stava piangendo e non potevo fare niente per calmarla; quando si fu alquanto acquietata, cercai di riprendere il discorso.
    “Adesso che succede? Se sei mio padre, è terribile; se non lo sei, e voglio che non lo sia, come ci comportiamo?”
    “Vittoria domani mattina comincia la nostra nuova vita; tu continui a lavorare nel tuo mestiere, ma avrai il mio appoggio incondizionato; faremo il test del DNA; io so che non sei mia figlia ma solo la donna che amo, dopo vent’anni di solitudine; quando avremo la certezza scientifica che sei solo il mio grande amore, si porrà il problema di fare chiarezza con tua madre.
    Questo dovrai farlo tu. Se dovessi agire io, lo farei di certo con la riserva di un inganno durato più di venti anni, contro tuo nonno, un tiranno che mi ha perseguitato e, per credere all’ingenuità della figlia troia, mi ha spillato un capitale; se parlo io, come minimo chiedo il rimborso di quel che ho pagato per venti anni; non escludo di arrivare a gesti di cattiveria con quella donna.
    Se lo fai tu, puoi solo perdonarla perché è sempre tua madre; forse ti spiegherà, se ha un minimo di onestà, quale terribile stupidità commise venti anni fa e quanto sia adesso grave la conseguenza della sua imbecillità; non so dirti cosa sarà dell’idiota che l’ha sposata, sapendo che è troia, e che si è fatto attribuire la paternità di una figlia di cui non conosce neppure l’esistenza.”
    “Per favore, mi racconti meglio? … “
    “Semplice; conobbi tua madre che aveva 18 anni e non sapeva cosa fosse una copula o un fallo; la sposai pieno d’amore; dalla prima sera si rifiutò di farsi leccare tra le cosce, di prenderlo in mano per masturbarmi, di prenderlo in bocca; insomma, mi negò tutto quello che la religione considerasse peccato o che l’igiene sconsigliasse perché sporco; per mesi mi negò ogni rapporto non sacramentale; cercai qualcuna che mi concedesse il resto; quando lo scoprì chiuse qualunque tipo di contatto.
    Mentre ero in missione in Sudamerica, scatenò tutta la troiaggine ed ebbe vari amanti; seppi che era rimasta incinta di te e divorziai; raccontò a suo padre che tu eri figlia mia e lui mosse tutto il tribunale per farmi condannare a pagare gli alimenti; per non combattere una guerra inutile, stetti zitto; da allora non ho più voluto sapere niente di lei né di te; fino a ieri sera, quando ho scoperto la perla nel trògolo per porci.
    Ora so che ti amo, che voglio la certezza che amarti non è un incesto; voglio che la verità emerga e tu possa essermi vicina, come compagna, non come figlia, per tutta la vita.”
    “Insomma, la ‘cara mammina’ deve fare i conti, tirare le somme e pagare il dovuto; ma a te non basta il test del DNA che chiarisce che non sono tua figlia?”
    “Amore, io posso dimenticare tutto; una rosellina tatuata non cambia la vita; la cambia se desidero averti con me per sempre, se voglio un figlio da te. Io ho già tante paure; se ci aggiungi il dubbio che un nostro figlio sia solo figlio di un colpa, o che tu possa scappare e lasciarmi solo, io sono morto.”
    “Io scappo solo da quella finestra per schiantarmi sul marciapiedi se tu, dopo questa notte, non mi tieni stretta, ti occupi di me, mi ami e mi proteggi per tutta la vita. Mia madre, prima di te, ha capito che era il caso di garantirsi una vecchiaia serena; ha scelto l’ameba giusta; se tu sei già nella stessa logica, devi per forza affidarti al mio amore, di figlia, di amante, di compagna, di sposa, di quello che vuoi; a me basta che tu resti con me e mi accompagni; io lo farò quando sarai vecchio e inabile, fra un’altra delle tue vite, per lo meno.”
    “Allora, d’accordo? Andiamo a fare il test, poi tu parli con tua madre.”
    ---
    Mia madre non lo sapeva, ma la mia visita stavolta non era né casuale né occasionale; avevo raccolto tutti i dati che mi servivano per fare chiarezza; mentre stavamo parlando amenamente della mia vita, fingendo un raptus di sincerità, le confidai che avevo incontrato un uomo straordinario di cui mi ero pazzamente innamorata; abitava in Italia, ma era una sorta di cittadino del mondo con alloggi in diverse capitali ed una casa di riferimento fisso in Costarica.
    L’avvertii anche che aspettavo da lui un figlio e che pensavamo anche di sposarci; se lo avessimo deciso, forse gliel’avrei fatto conoscere; ma c‘erano molte difficoltà, innanzitutto la differenza di età che poteva ostacolare la nostra storia.
    “Vista la differenza, sarebbe più idoneo come marito tuo che mio!”
    Scherzai e ridemmo insieme; precisai che era poco oltre la quarantina, ma che lo spirito e la tenuta fisica gli consentivano di reggere il confronto anche con giovanissimi; grande lettore ed uomo di cultura, giocatore di tennis, praticava anche il golf e si teneva in forma in palestra con tutti gli sport più atletici, dal pugilato alle arti marziali; nuotava come un pesce e viaggiava in barca come un vecchio marinaio; insomma un uomo che qualunque donna desidererebbe avere per compagno di vita.
    “Davvero esiste un uomo così prezioso? E dove l’hai pescato?”
    “Ho scavato nella tua spazzatura ed ho raccolto quello che sembrava un coccio di vetro, nel quale tu non avevi saputo riconoscere un diamante!”
    “Che diamine dici? Di che spazzatura parli e di quale diamante?”
    “Mamma, chi è mio padre?”
    “Come, chi è? Lo sai benissimo, il mio primo marito, Elio, che ha divorziato ed è sparito … “
    “Mamma, questi sono i documenti della banca dove lavorava tuo marito; risulta che quando mi hai concepito, lui era in Sudamerica. Chi ti ha ingravidato?”
    “Ma che vai cianciando, i documenti sono vecchi e si leggono male … “
    “Però il test è di qualche settimana fa e dice che tra me ed Elio non c’è nessun punto di contatto; come mai le spirali del DNA, mia e di quello che hai dichiarato mio padre, non hanno niente in comune?”
    “Che ne sai di Elio? Dove hai preso il suo Dna?”
    “Me l’ha dato lui, vero amore?”
    Uscì fuori all’improvviso come un fantasma; Leonilde svenne; Vittoria la sorresse; di colpo, comparve anche il padre di Leonilde e quasi aggredì Elio; la nipote lo bloccò.
    “Senti, maneggiatore di documenti, ladro, imbroglione, profittatore, essere ignobile complice di quella troia di tua figlia, li vedi questi ordini di servizio? Lo sai cosa sono? Dove era tuo genero quando tua figlia si faceva sbattere dai suoi amanti e rimaneva incinta? Li vedi questi esiti del DNA? Sono il mio e di quello che tu mi hai attribuito come padre; non abbiamo niente in comune; tra di noi c’è solo il lurido inganno di tua figlia, troia fino alla radice dei capelli, che ha martirizzato un uomo buono per tutta la vita; sparisci e non farti più vedere.”
    Leonilde si era ripresa; stava piangendo a singhiozzi strazianti.
    “Figlia mia, cosa posso fare adesso?”
    “Non ti parlo come figlia, ma come donna innamorata, profondamente innamorata, come tu non hai saputo, non sai e non saprei mai essere; io amo il tuo ex marito e non come padre fantoccio voluto da quella troia di mia madre per nascondere le sue colpe; lo amo come uomo, per la sua immensa grandezza; io amo quest’uomo, lo voglio e lo difenderò contro chiunque.
    Tu adesso porti le carte in tribunale e ti dichiari colpevole delle menzogne e dello sfruttamento continuato, si perché per vent’anni ti sei fatta pagare il mantenimento della figlia di uno stallone occasionale; poi farai i conti col tuo secondo marito che forse capirà quanto è grande il palco delle sue corna.”
    “Non riesci ad avere nemmeno un poco di pietà? Ho commesso errori enormi, imperdonabili; ma sono tua madre; che ne sai tu, cosa significhi essere succubi di un padre che impone leggi ferree e inoppugnabili, motivandole con sensi di colpa religiosi e bigotti che ti impediscono di capire cose semplici come un bacio passionale? Sono stata una povera imbecille, strumento docile nelle mani di un autentico tiranno; non ho mai capito niente di quel che mi accadeva; ho cacciato mio marito perché lui non lo accettava; l’ho massacrato perché lui me lo imponeva. Non posso tornare indietro … “
    “No, cara la mia imbecille troia; perché poi l’hai scoperto, il sesso, e l’hai usato a sproposito, per diventare una perfetta troia; adesso hai infinocchiato anche l’altro imbecille che ti ha sposato perché ha paura di una vecchiaia in solitudine. Ma io esigo la mia vita, la mia libertà, il mio amore soprattutto. E il mio amore è Elio; non voglio doverlo perdere perché due ignobili figuri lo hanno fatto passare per mio padre.
    Se veramente fossi nata dal suo sperma, affronterei anche l’incesto per averlo tutto per me; ma non è vero e voglio un figlio da lui, senza doverlo condannare prima della nascita per la vostra disumanità; adesso tu e quell’altro verme di tuo padre andate in tribunale, dichiarate che sei sempre stata una troia, che hai avuto una figlia da uno che è morto in carcere perché condannato all’ergastolo, si anche questo ho appurato, che mi hai concepito con un malvivente che ha ammazzato.
    Devi cancellare quell’attribuzione; Elio deve essere libero di vivere con me, anche di sposarmi se lo vuole, e di darmi un figlio sano, pulito, limpido, bello come suo padre; giuro che, se non lo fai, chiedo al mio amore di dissanguarsi per mandarvi in galera tutti e due, per truffa continuata perché lo avete fatto condannare a pagare gli alimenti per una figlia che non è mai stata sua; ora quella donna, che sono io, lo vuole come amante, come marito, come amore infinito; e voi gli ridarete la sua libertà.”
    “Mi dai il tempo di riflettere un poco?”
    “Ti do il tempo di lanciarti da quella finestra e di schiantarti sul marciapiede; solo così forse potrai pagare in parte le tue colpe che non sono valutabili con nessun metro; e sono pronta a mandare in galera tuo padre, anche se è ormai vecchio e malandato, quel povero imbecille inetto e impotente!”
    Elio era spaventato dalla ferocia con cui Vittoria si rivolgeva a sua madre; le si avvicinò e la abbracciò sulle spalle.
    “Amore, ferma l’ira; cerca di ragionare; stai parlando di tua madre e di tuo nonno; sai che ho tutti i motivi per odiarli con tutte le mie forze, perché mi hanno condizionato e distrutto la vita. Ma sai anche che, da quando ti ho incontrato, la mia stessa esistenza ha ben altri motivi per voler essere più serena e pacata; non vale la pena di infierire ancora; basterà una dichiarazione in tribunale, sarai libera dai legacci che ti tengono lontana da me e dal figlio che aspettiamo. Accontentiamoci di questo.”
    “Perdonami, Elio; ho perso le staffe e non mi rendo conto nemmeno di quello che dico. Allora, signora mamma, sei pronta a venire in tribunale a dichiarare che non sono figlia di Elio, come queste carte dimostrano già da sole?”
    “Sono pronta a fare tutto quello che devo e che può aiutarti a trovare la felicità che io ho sprecato. Ti chiedo di non odiarmi come stai facendo; se ti riesce, perdona una povera stupida che ha rovinato tante vite solo per incapacità, non per dolo … “
    “C’è bisogno di tanta forza, per perdonare; non so se ce la faccio, per ora; ma non dimenticherò mai e non guarirà la ferita che hai inflitto al cuore mio e a quello dell’uomo che amo più di me stessa.”
    “Sei così tanto innamorata di un uomo che potrebbe essere tuo padre, del mio ex marito?”
    “Sono innamorata fino all’adorazione di un uomo che la perversione di due esseri abietti ha distrutto, che ha avuto la forza di rimettersi in piedi, di crescere e di farsi valere; mi ama anche da padre; niente a che vedere col tuo disamore egocentrista e sterile; sono totalmente sua e spero che sia veramente mio come mi promette.
    Ficcati dove dico io i falsi valori che il tuo ignobile padre ha usato per indurti a fare tanto male; con me non attecchiscono; io so cos’è l’amore e farò tutto quello che è necessario per passare col mio uomo la vita che voglio per me, per lui, per nostro figlio, senza formalismi ipocriti; e non parlare di età mentre fai la troia alle spalle di un’ameba squallida vecchio come tuo padre.
    “Vittoria, la smetti di infierire su una poverina che ormai fa solo pena? Lasciala dire; in fondo, è convinta di fare la mammina premurosa e non si accorge di essere fuori luogo e fuori tempo; lasciamola al suo destino.”
    “Ti rivedrò ancora?”
    “Forse … chissà …. Un giorno … quando mi sarà passata … “
     
    Top
    .
0 replies since 28/3/2021, 17:56   506 views
  Share  
.