le scoperte geografiche

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  1. <Linotto>
     
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    Le scoperte geografiche
    Il 12 ottobre de11492, le tre caravelle di Cristoforo Colombo approdavano in un'isola a nord – est di Cuba, che fu chiamata San Salvador: era la scoperta dell’America.
    Questo fu il momento culminante di una complessa vicenda, risalente ai primi decenni del Quattrocento, quando navigatori genovesi, spagnoli e portoghesi iniziarono l'esplorazione di nuove rotte. Soprattutto dal Portogallo, erano partite spedizioni lungo le coste africane, mosse dalla speranza di raggiungere le Indie delle spezie, rendendo superflua la mediazione commerciale araba e veneziana.
    I navigatori portoghesi si portarono sempre più a sud, oltrepassando il limite di Capo Bojador, fino a raggiungere le coste del Golfo di Guinea; essi cercavano anche l'oro, prodotto dall’Africa, l'avorio e gli schiavi.
    Questi viaggi d’esplorazione furono favoriti dall'intraprendenza dei principi portoghesi, tra cui il principe Enrico il Navigatore, che fondò scuole, reclutò personale specializzato e fece stampare nuove carte nautiche.
    L'esplorazione della costa africana riprese col regno di Giovanni II, con cui i Portoghesi doppiarono la punta meridionale dell'Africa ne11487, con Bartolomeo Diaz.
    Dopo la conquista di Granada del 1492, che segnò l'espulsione dei musulmani dalla penisola iberica, anche i sovrani spagnoli avevano imboccato la via degli oceani. Fu un marinaio genovese, Cristoforo Colombo, a dare alla Spagna le chiavi del Nuovo Mondo, dopo che il Portogallo aveva rifiutato di finanziare il suo progetto di raggiungere le Indie navigando verso ovest. In quegli anni, il Portogallo aveva comunque aperto la via delle Indie e non era interessato ad intraprendere una spedizione del genere; la Spagna, invece, accolse la proposta di Colombo e gli fornì le risorse per tentare l'impresa.
    Colombo poté salpare da Palos e compiere l'attraversata dell'Atlantico che lo portò nel nuovo continente. Non appena Colombo tornò in Europa, si aprì tra Spagna e Portogallo un conflitto circa i diritti sulle terre scoperte: esso fu risolto, a favore della Spagna, dall'arbitrato del pontefice Alessandro VI, con la Bolla Inter coetera del 1493, che fissò la raya come spartiacque tra la zona spettante alla Spagna e quella spettante al Portogallo; l'accordo definitivo fu siglato con il trattato di Tordesillas nel 1494.
    Il successo di Colombo incoraggiò nuove iniziative di esplorazione: nel 1497, Giovanni Caboto, al servizio dell'Inghilterra, raggiunse il litorale nordamericano; nel 1500, il portoghese Pedro Alvares Cabral toccò terra sulle coste del Brasile; nel 1501 – 1502, Amerigo Vespucci, al servizio del Portogallo, esplorò le coste sudamericane, chiarendo che non si trattava dell’Asia ma di un continente nuovo, l'America.
    Nel 1513, Vasco Nuñes de Balboa avvistò il Pacifico e Ferdinando Magellano individuò lo stretto che porta il suo nome e raggiunse l'Asia al termine di una navigazione verso Occidente: era stato compiuto il primo periplo intorno al mondo.
    Negli anni seguenti, anche Francia, Olanda e Inghilterra iniziarono i viaggi d’esplorazione, mossi da ambizioni di ricchezza e potenza e preoccupazioni religiose, che erano di due tipi:
    o Il desiderio di diffondere il cristianesimo, sia per la maggior gloria di Dio, dia per salvare un maggior numero di anime;
    o La volontà di combattere l'Islam, magari ricongiungendosi con il paese del Prete Gianni.
    Il nuovo spirito umanistico, inoltre, animava gli uomini che si lanciavano ad infrangere la vecchia geografia medievale.
    Fu l’insieme delle innovazioni introdotte nelle tecniche di costruzione degli scafi e nell’uso delle velature, nonché i progressi compiuti nella conoscenza dei venti e delle correnti, che rese possibile la conquista degli oceani.
    Le navi impiegate sulle rotte oceaniche furono la caracca, il galeone e la caravella, un incrocio tra le navi mediterranee e nordeuropee; caratteristica delle navi oceaniche fu la presenza di pezzi d’artiglieria, che assicurò la supremazia bellica sui mari.
    La bussola fu perfezionata e si risolse il problema della navigazione nell’Oceano Atlantico e nell’Oceano Indiano, sfruttando gli alisei e i monsoni.
    La conquista dell’America centrale e meridionale
    All’arrivo degli Spagnoli, in Messico, Montezuma II, fuorviato dal mito di Quetzalcoatl, acconsentì ad essere fatto prigioniero da Cortes; in Perù, i seguaci di Atahualpa pensarono che a fianco dei sostenitori di Huascar si fossero schierati i figli del dio Viracocha.
    L’incertezza interpretativa si tradusse nell’incapacità di organizzare una difesa militare e psicologica: di ciò approfittarono Cortes e Pizzarro. Inoltre, gli Europei ebbero a loro favore la superiorità militare: armi da fuoco, cavalli e uso dell’acciaio; le loro vittorie furono facilitate anche dalle divisioni politiche ed etniche presenti negli imperi precolombiani.
    Dalle Antille ebbe inizio l’esplorazione dell’America centrale e meridionale, condotta dagli hidalgos, membri della piccola nobiltà spagnola.
    Il primo dei conquistadores fu Vasco Nuñes de Balboa, che avanzò sul territorio di Panama, creando un impero esteso, cui fu dato il nome di Castilla de oro; nel 1513, aprì la via d’accesso all’Oceano Pacifico, ma fu accusato di tradimento e morì decapitato nel 1517, ponendo fine alla politica di conciliazione con le popolazioni locali.
    Da Cuba erano partite due spedizioni verso lo Yucatan meridionale e la terza spedizione fu affidata, nel 1519, a Hernan Cortes che, deciso a rompere con il governatore, fondò una nuova municipalità governata in nome del re di Spagna. Egli raggiunse il cuore dell’Impero azteco e, sfruttando il mito di Quetzalcoatl, ordinò la prima strage, dopo aver preso in ostaggio Montezuma II; quando Cortes fu accusato di tradimento e dovette tornare verso la costa, la popolazione si era ribellata e la guarnigione spagnola era stata messa sotto assedio e costretta ad abbandonare la città.
    La conquista del Messico doveva essere tentata una seconda volta: Cortes riorganizzò le sue forze ed ebbe un alleato nel vaiolo, che contribuì ad uccidere gli indios privi di difese immunitarie; alla fine, l’ultimo imperatore fu costretto alla resa.
    Alla conquista del Messico seguì l’occupazione dei territori dei Maya; gli Spagnoli furono facilitati dalle fragili strutture delle città – principato; la conquista fu vissuta dai Maya come morte degli dei e fine del proprio mondo.
    La conquista del Perù fu guidata da Francisco Pizzarro e Diego de Almagro e fu ottenuta grazie alle lacerazioni provocate dalla guerra civile ed alla capacità di colpire l’Impero inca nella persona dell’imperatore. Nel 1532, Pizzarro mosse verso l’altopiano e gli Spagnoli ebbero ragione di un Impero. Per Atahualpa fu chiesto un riscatto altissimo, ma l’imperatore non venne liberato, ma costretto alla conversione e poi trucidato; la conversione dell’Inca Unico fu concepita come mezzo per ottenere dai sudditi l’obbedienza alla nuova fede e al nuovo potere.
    L’espansione coloniale spagnola nell’America meridionale
    Nel Cinquecento si esaurì, nell’America del Sud, la fase più avventurosa della conquista; i termini “conquista” e “conquistatori” furono sostituiti con quelli di descubrimento e pobladores.
    Il baricentro dei possedimenti spagnoli furono le terre degli altopiani, dove abitavano popolazioni di indios sedentari, adattabili alle esigenze della nuova dominazione.
    Gli Spagnoli si preoccuparono di fondare nuove città, con l’intenzione di impedire l’eccessiva dispersione della popolazione, anche se lo sviluppo era pregiudicato dagli alti costi di trasporto; queste città svolsero funzioni di inquadramento militare ed amministrativo del territorio circostante.
    La colonizzazione del Nord America procedette lentamente, poiché, per gli agricoltori di questa regione, gli indigeni furono un nemico da allontanare; invece, per gli avventurieri iberici, furono la mano d’opera in terre e miniere e, quando anch’essa era insufficiente, altra ne fu importata dall’Africa.
    Si delineò un’America multirazziale, con ai vertici della società i rappresentanti del potere metropolitano e i discendenti dei primi conquistatori. La Spagna favorì l’arrivo di nuclei familiari e di donne spagnole, così da popolare le nuove terre con coloni di razza spagnola; questi bianchi trapiantati in America, i creoli, furono i padroni delle haciendas agricole e costituirono l’élite culturale e sociale della popolazione americana.
    Alla base della piramide sociale erano gli indios, utilizzati come lavoratori nei campi e nelle miniere. Di fronte alle stragi di indios della prima fase della conquista, la Spagna emanò le Leggi di Burgos del 1518, con cui s’intendeva abolire la schiavitù e salvaguardare gli indigeni; ma le popolazioni indigene furono oggetto di uno sfruttamento che portò anche al calo demografico, cosicché si cominciarono ad importare schiavi neri dall’Africa.
    Ai livelli intermedi della gerarchia etnico – sociale si trovavano i mulatti, nati da padre bianco e madre nera, e i meticci, nati da padre bianco e madre india.
    Le Indie furono considerate come proprietà personale dei re di Castiglia e le colonie furono amministrate da alcuni organismi specifici: la Casa de Contratacion soprintendeva alle relazioni marittime e commerciali tra il Vecchio e il Nuovo Mondo; il Consiglio delle Indie era presieduto dal re e emanava le disposizioni da applicarsi nelle colonie.
    In territorio americano, il potere del re era esercitato tramite le audiencias, che svolgevano funzioni giudiziarie e amministrative; esse si dividevano in distretti più piccoli, retti da corregidores e alcaldes. I viceré erano due, ma divennero poi quattro, duravano in carica tre anni, comandavano le truppe, vigilavano sulla politica verso gli indigeni e sulle questioni religiose e soprintendevano all’attività mineraria; alle loro dipendenze operavano i capitani generali, affiancati dalle audiencias locali.Le città erano amministrate da un consiglio, detto cabildo, presieduto dall’alcalde mayor; nelle comunità indigene integrate nel sistema coloniale, continuarono a svolgere funzioni pubbliche elementi indios, col nome di cacicchi.Queste limitazioni reciproche di competenze e poteri contribuì a rafforzare il peso decisionale della Corona Spagnola.Il sistema coloniale si prefisse come scopo l’estrazione della maggiore ricchezza possibile a vantaggio della madrepatria. Le terre e le miniere conquistate dagli adelantados, ossia da conquistatori che operavano come agenti della Corona, erano assegnate dal re, con il nome di encomiendas, a chi le aveva occupate. La conquista e il sistema delle encomiendas portarono all’instaurarsi di un’aristocrazia latifondista che sfruttava il lavoro delle popolazioni soggette per appropriarsi delle ricchezze minerarie della regione; l’agricoltura approvvigionava i centri minerari, creando intorno ad essi dei sistemi di relazioni tra aree economiche diverse.L’argento americano rappresentò la risorsa indispensabile alla politica condotta dalla Spagna in Europa; per questo fu organizzato un sistema di convogli periodici, scortati da navi da guerra, per impedire le imprese dei pirati.La Chiesa ebbe un ruolo decisivo nella costruzione dell’America spagnola; l’azione della Chiesa si basò sulla conversione degli indios al cattolicesimo. Nell’opera di conversione si distinsero soprattutto i Gesuiti, che studiarono la lingua e i costumi indigeni e si proposero come difensori delle popolazioni locali: i padri della compagnia fondarono delle missioni in cui gli indios lavoravano la terra ed abitavano in piccoli centri.
     
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