Storia di una PAZZIA passata per filosofia
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Storia di una PAZZIA passata per filosofia

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  1. clavdio
     
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    E' giusto lasciar morire una persona che poteva essere (probabilmente) salvata....solo perché la sua religione prevede la reincarnazione (a quanto dicono è questo il motivo) od anche solo perché non voleva essere mutilata?

    E' giusto che certe religioni o convinzioni portino al rifiuto di prassi consolidate della medicina occidentale?
    "IL 25 GEN..Le condizioni generali della signora milanese non sono buone: broncopolmonite e gravi problemi alla circolazione del sangue provocati dal colesterolo e dal diabete ->mal curati<-."



    Come previsto dai medici, la cancrena al piede è degenerata

    Morta Maria, la donna che rifiutò l’amputazione

    Si è spenta in Sicilia, inutili gli appelli per convincerla a operarsi Tutti i familiari hanno rispettato fino all’ultimo la sua decisione

    MILANO - Non ce l’ha fatta. Come purtroppo avevano previsto i medici, Maria è morta pochi giorni dopo aver lasciato l’ospedale negando il consenso all’amputazione del suo piede destro divorato da una cancrena. Un intervento che forse le avrebbe salvato la vita. Aveva scelto di morire e questa sua decisione è stata rispettata anche dai suoi familiari che fino all’ultimo e oltre l’hanno protetta dalla curiosità e da ogni invadenza esterna. Il caso aveva suscitato reazioni di ogni tipo, divise tra chi voleva che la donna fosse operata a tutti i costi, magari con la forza, e coloro che, al contrario, chiedevano che la decisione drammaticamente personale di Maria fosse rispettata fino alla sua più estrema conseguenza.
    Molti erano scesi in campo.

    Tra i tanti, il ministro della Salute Girolamo Sirchia («Le volontà del paziente vanno rispettate»), il sindaco di Milano Gabriele Albertini, che le ha perfino scritto una lettera aperta per convincerla a tornare sulla sua decisione. La Procura della Repubblica aveva tentato di fare qualcosa, ma si era dovuta fermare di fronte a un certificato stilato da uno psichiatra e da uno psicologo: la donna era in pieno possesso delle sue capacità mentali, era in grado di intendere e volere e, quindi, il suo «No» all’operazione doveva essere rispettato. A imporlo è la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina del 1997, a ribadirlo c’è una sentenza della Cassazione secondo la quale un medico che interviene contro la volontà del paziente può essere accusato di violenza privata.
    Maria non si era appellata a nulla se non alla sua «concezione parafilosofica della vita», così l’avevano definita i medici, per negare il consenso all’amputazione.

    La riservatezza dei familiari - fino a ieri hanno negato la morte della loro congiunta - ha impedito che in questa storia si scavasse per capire quali sono state le ragioni più profonde della decisione della donna, quale fosse quella sua visione dell’esistenza che l’ha portata alla morte. Maria (il nome è stato inventato per preservare la riservatezza della signora) era nata 62 anni fa in un piccolo paesino vicino a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Si era trasferita a Milano dove viveva un’esistenza dai tratti particolari insieme con il marito nella zona del Giambellino, un grande quartiere popolare alla periferia sud-ovest della città.

    Il 25 gennaio lei e il marito si presentano al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo. Le condizioni generali della signora milanese non sono buone: broncopolmonite e gravi problemi alla circolazione del sangue provocati dal colesterolo e dal diabete mal curati. Per di più, le vene della sua gamba destra sono ormai occluse e il piede è andato in cancrena. Una «gangrena gassosa», refertano i medici, che si sta già diffondendo all’intera gamba e che presto potrebbe degenerare in setticemia, un’infezione contro la quale c’è poco da fare. I sanitari spiegano a Maria che l’unica soluzione è l’amputazione. Ma lei non vuole.

    I medici tentano la strada del trattamento sanitario obbligatorio. In pratica, l’imposizione dell’intervento chirurgico che la legge consente nei casi in cui il paziente non sia in grado di ragionare. A fermare il bisturi, però, è la certificazione dello psichiatra e dello psicologo: Maria è sana di mente. Cos’altro fare? La direzione dell’ospedale si rivolge al comitato etico che invita ancora una volta lo psicologo a convincere Maria a cambiare idea. Impresa inutile.
    Si tenta la via giudiziaria.

    I medici chiedono cosa fare alla Procura di Milano. Ai magistrati non spetta intervenire, ma il pm di turno non si sottrae all’invito. Esaminati gli atti, è costretto a ribadire che non si può fare altro che rispettare la volontà di Maria. Il giovedì successivo la donna esce dal San Paolo accompagnata dal marito. Dopo qualche giorno, il 2 febbraio, prende un aereo che la porta a Catania. All’aeroporto l’attendono alcuni familiari che, in auto, la conducono a Porto Empedocle. Ci rimarrà poco. Si sposterà ancora in un paesino vicino.
    L’11 febbraio Maria muore. La storia sua e del suo «No» finiscono in un cimitero nell’hinterland di Milano.

    Giuseppe Guastella
    Rossella Verga


    E' giusto che la famiglia si comporti in maniera così settaria?

    Corriere Sera
     
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0 replies since 19/2/2004, 15:44   90 views
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