Primo incontro con lo sperma

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    Lo zio Franco e la sua famiglia arrivarono ad Ancona il giorno del funerale, di prima mattina. Io e mia sorella non avevamo mai conosciuto né lui né sua moglie e sua figlia. Lo zio Franco era andato a lavorare a Boston da piccolo, attirato dalla proposta di un lontano parente che decantava le possibilità di ricchezza dischiuse dal boom economico americano. Aveva trovato un impiego all’Aereoporto di Boston, ed ora ne era uno dei dirigenti. Nostro padre lo odiava. E lo invidiava. Lui se ne era rimasto in città, a far da balia alla nonna che invecchiava sempre di più, a sostenere la famiglia con gli scarni stipendi che passavano le ferrovie dello stato.

    Di nostra cugina Lara non sapevamo quasi nulla: era un po’ più piccola di noi – aveva quindici anni – non era mai stata in Italia. Mia sorella ed io ce la immaginavamo come la classica teen-ager americana: snob, cretina, in fissa con Jennifer Lopez o Ricky Martin. Beh… applicavamo alle teen-ager americane lo stereotipo delle adolescenti italiane, ma allora non lo capivamo.

    All’aeroporto però cambiammo opinione in fretta, anche se nessuno dei due volle riconoscerlo apertamente. Lara era più che graziosa, timidissima, molto elegante nel vestire e curata. A me piacque subito, mentre mia sorella le scaricò addosso una dozzina di occhiatacce di invidia che facevano il paio soltanto con la freddezza che mio padre riservò allo zio Franco ed alla moglie.

    Ci fu il funerale. La ragazzina era un amore, mi andavo convincendo. Certo, a mia sorella non andava rivelata quella breccia aperta nella nostra comunella contro la cugina americana. Ma a me sembrava un amore. Durante il funerale ci scambiammo alcune occhiate di simpatia dai banchi della Chiesa. Dispiaceva per la nonna, ma io ce l’avevo duro al suo funerale.

    Zio Franco, la zia e Lara dormivano da noi: mia sorella aveva lasciato la sua camera alla cuginetta e dormiva in camera mia, nel lettino. Per quel fine settimana ci saremmo arrangiati. Io morivo dalla voglia di rompere il ghiaccio con Lara, ma mia sorella ci marcava stretti. Era la più grande dei tre e non aveva bisogno di troppo intuito per capire che tra me e la cugina americana sarebbe potuta sbocciare una complicità.

    Da quando eravamo tornati dal funerale la mia erezione era costante e mi dava alla testa. Lara, dopo essersi sistemata in camera, andò in bagno. Approfittai della situazione: il corridoi davanti al bagno era vuoto ed io mi accovacciai davanti alla porta. Dal buco della serratura avevo di fronte a me nitidissima la vista dell’intera stanza da bagno. Lara si stava guardando attorno e trafficava con il suo beauty-case. Io ero in preda all’entusiasmo, pieno di adrenalina fino alla testa, teso in ogni muscolo del corpo, attento a non far rumore ma anche a carpire ogni segnale di pericolo: un secondo di ritardo nello scappare via dalla mia postazione ed avrei incassato una figura di merda con i fiocchi! Lara aveva deciso di fare la doccia, cazzo che fico! Si spogliò velocemente; tolse le mutandine prima del reggiseno; il culetto era piccolo, sodo; il pelo castano chiaro, non folto, curato, insomma, il pelo di una quindicenne come me lo immaginavo. Io, in realtà, di peli i fica non avevo visti mai dal vivo… Quello era il primo! Poi si tolse il reggiseno: due seni tondi, tesi, non grandi; due capezzoli rosa chiaro, non grinzosi, ma con l’aureola che faceva tutt’uno col bocciolo, tipici capezzoli di un seno ancora in formazione. La ragazzina era completamente nuda a due metri da me, con la fica all’altezza della mia faccia, e lei non lo sapeva!!!

    Si infilò velocemente dentro la doccia e non vidi più niente. Ne approfittai per rialzarmi e rilassarmi un attimo. Il pene dentro le mutande scoppiava, se lo avessi toccato sarei venuto in un istante… Quando il rumore del getto d’acqua si interruppe mi precipitatai a riconquistare la mia posizione al buco della serratura. Lara uscì dalla doccia divaricando le gambe: oddio, lo spacco tra le cosce mise in mostra il bozzetto peloso per un istante di secondo; poi si coprì con l’asciugamano. Io non avevo resistito e mi ero preso il cazzo in mano. Le mutandine purtroppo se le rinfilò da sotto l’asciugamano, ma per rimettersi il reggiseno dovette farmi rivedere le sue tette. Ed allora io sborrai una quantità enorme di sperma nelle mie mani.

    Lasciai Lara a finire le sue cosette in bagno, ormai tanto era vestita.

    La notte dormii poco, mi tornavano flash di Lara nuda in bagno, delle sue chiappe divaricate e bagnate, di quei capezzoli lisci e rosa. Diventavo matto…

    Avevamo fatto enormi passi avanti nei rapporti tra di noi, nel giorno successivo al funerale. Mamma e papà portavano lo zio Franco e la zia a far visita a certi lontani parenti vecchi incartapecoriti di Macerata. Sarebbero stati fuori fino a sera. Così proposi a Lara di fare un giro per Ancona: le mostrai il centro, il porto, le feci assaggiare certe specialità marchigiane. Le comunicazioni tra di noi erano molto difficili: io non parlavo una virgola di inglese e lei qualche parola appena di italiano. E così, ci capivamo a gesti, ad occhiate. Lei era contenta, sorrideva sempre. Mi dicevo che avrei potuto baciarla, ma intanto mi innamoravo di lei.

    Verso l’ora dell’aperitivo in piazza del papà incontrammo tutta la combriccola. I maschi del gruppo furono molto interessati a Lara. Quello stronzo di Giorgio soprattutto ebbe l’occasione di sfoggiare il suo inglese madrelingua. Il padre, chirurgo pieno di soldi, aveva sposato una stangona americana che gli costava un patrimonio; ma pure il figlio gli spillava un sacco di soldi, offriva sempre, faceva lo splendido, aveva vestiti costosissimi. Era uno sbruffone. Ma Lara non lo poteva sapere. Lei sapeva soltanto che finalmente parlava fluidamente con qualcuno, e poteva domandare un sacco di cose nella sua lingua. Gli altri amici guardavano quei due immersi nella conversazione e isolati da noi e facevano commenti maliziosi.

    Non vedevo l’ora di interrompere le chiacchiere di mia cugina e Giorgio. L’ora di cena si avvicinava e saremmo dovuti tornare a casa. Ma quando mi feci sotto per portarla a casa mi sentii rispondere da tutti gli altri che quella sera era organizzata una spaghettata a casa di un tale, uno di scuola. Obbiettai che non potevamo, che dovevamo tornare a casa, ma inaspettatamente fu proprio Lara ad insistere perché andassimo pure noi alla spaghettata. Non mi andava di lasciare Lara a contatto con Giorgio, ma non mi andava neanche di fare il rompicoglioni, così avvisai a casa che non saremmo tornati a cena e promisi che saremmo tornati per mezzanotte.

    A casa di questo tizio io mi spaccavo veramente le palle: gli spaghetti erano incollati e morivo di fame; quasi tutti stavano buttati sui divani strafatti di erba; avrei fumato anch’io, in altre circostanze, ma quella sera non ero sereno: mi rodeva il culo per Lara che stava sempre con quello stronzo di Giorgio. Io, seduto su una sedia, facevo finta di parlare con un amico, ma in realtà tenevo sott’occhio quei due: se lo poteva scordare il riccone di provarci con mia cugina. Giorgio intanto faceva il viscido a non finire e le offrì una canna d’erba che aveva girato alla perfezione sotto i suoi occhi. Lei accettò e diede un primo tiro. Scattai di colpo per oppormi, ma mi fermai subito: finché era un tiro…

    «Eddai distraiti un po’! Che pensi che non lo vedo che stai sempre addosso a quei due? Oh, ma ti ha preso brutta eh!» Lidia era l’unica persona un po’ intelligente in mezzo a quel gruppo di stronzetti di liceo. Mi aiutò a sdrammatizzare la situazione, ci facemmo due risate, ci bevemmo una cosa insieme, mi convinse pure a fumare un po’. Lei mi piaceva da parecchio, ma non avevo mai avuto il coraggio di provarci, la vedevo come troppo su per me.

    Ma Lidia mi aveva distratto e mia cugina Lara e Giorgio non erano più sul corridoio a chiacchierare come cinque minuti prima. Mi prese un’ansia enorme. Mi misi a girare per la casa, senza trovarli. Avevo provato dappertutto quando capii: erano nella camera da letto dei genitori del padrone di casa. Quello stronzo di Giorgio aveva approfittato di un momento in cui non li controllavo per provarci con Lara.

    Dal buco della serratura filtrava della luce, in corridoio non c’era proprio nessuno, decisi di rischiare ancora nella mia specialità. Mi inginocchiai, accostai l’occhio alla fessura ed eccoli lì, lo stronzo e la quindicenne, sul letto a pomiciare.

    Lui le toccava le cosce da sotto la gonna; la sua mano saliva sempre più su. Ogni tanto si interrompeva e la guardava con una faccia da play-boy. Chissà le cazzate che le aveva raccontato quello sbruffone! Ora con la mano le accarezzava la fica attraverso le calze. Le prese la mano e gliela portò sul pacco; poi si sbottonò i pantaloni. Lara era un po’ stordita ed indecisa, ma glielo prese in mano e prese a fargli una sega. Lui le toccava le tette e la fica. La gonna di lei era salita fino a sopra la vita e Giorgio aveva infilato la mano dentro le mutandine per farle un ditalino. Lara mugugnava mentre continuava a fargli una sega. Allora Giorgio venne, schizzandole lo sperma sulla maglia.

    Lara non ne fu affatto contenta: in fondo era appena quindicenne e quella doveva essere la prima volta che prendeva in mano un cazzo. Mi sembrava veramente infuriata, anche se non capivo cosa dicesse. Si asciugò, ma io sapevo bene che le sbrodolate di sperma sui vestiti lasciano il segno. Feci appena in tempo a scansarmi da davanti alla porta che lei uscì di filato, sull’orlo del pianto. Lui uscì poco dopo, abbottonandosi la patta dei pantaloni, con un sorriso soddisfatto. Quando mi vide, piantato davanti a lui, fece un sorrisetto furbo. Io gli piantai un cazzotto alla bocca dello stomaco, un calcio sulle palle e una gomitata in faccia. Cadde a terra, lo stronzo. Ed io mi sentii più leggero.

    Lara era in salotto che mi cercava, piagnucolante, in mezzo alle nuvole di fumo di erba che riempivano quella casa. La raggiunsi, le cinsi la vita, le dissi che era ora di andarcene e lei ne fu sollevata.

    Sulla strada del ritorno non parlammo affatto. Quella serata mia aveva fatto capire di essermi preso una cotta clamorosa per Lara. Ero triste per come era stata trattata, ma lei aveva avuto la colpa di farsi abbindolare e di pendere dalle labbra e di quello stronzo di Giorgio. Non appena aveva conosciuto quello sbruffone non mi aveva più rivolto la parola. Se l’era cercata, la ragazzina americana. Mi montò la rabbia anche nei suoi confronti. E mi venne una gran voglia di vendicarmi. E di approfittarmi della sua infantilità. E di togliermi il mio sfizio. Ed allora, per la prima volta nella mia vita, fui cattivo.

    Non appena dentro il portone di casa la fermai. Lara mi guardò interrogativa. Le dissi che sapevo cosa era successo con Giorgio, che era una cosa gravissima e che mi sentivo in dovere di raccontare tutto ai suoi genitori. Lara riprese a frignare. Quella cuginetta che fino a poche ore prima mi era sembrata un amore, mi pareva ora una stupida troietta americana, proprio come la avevamo immaginata mia sorella ed io. Con la scusa di non far rumore nel palazzo la convinsi a scendere nel sottoscala per parlare della vicenda. Lì, al buio, le spiegai che se avesse voluto avrei fatto a meno di spifferare ai suoi genitori l’accaduto. Non fu facile farmi capire senza parlare una parola di inglese, ma Lara capì. In cambio del mio silenzio avrebbe fatto una sega anche a me. La ragazzina era sconvolta e impaurita. Riprese un po’ di amor proprio e mi attaccò: non avrei avuto prove contro di lei, i suoi genitori avrebbero creduto a lei e non a me. Ma io, per strada, avevo già riflettuto sui particolari del mio ricatto. Quella chiazza biancastra tutta rinsecchita sulla sua maglia era una prova chiarissima di colpevolezza! Io sapevo che era un bluff: quella macchia poteva essere qualsiasi cosa. Ma Lara cadde nel panico appena indicai la sua maglia ed accennai alla macchia.

    Si inginocchiò, mi prese il cazzo in mano, iniziò a massaggiarmelo. La mia cappella era a pochi centimetri dal suo viso. Lei ancora un po’ singhiozzava, ma era concentrata sulla sega. E quando venni, ovviamente, le schizzai di nuovo sul maglione e le sporcai le calze e le scarpe.

    Il giorno dopo gli zii e Lara partirono. Sono convinto che Lara avrebbe preferito che la nonna non fosse morta, mente io, finalmente, avevo capito che in fondo la nonna qualcosa in eredità mi aveva lasciato. La cugina americana non avrebbe dimenticato facilmente il suo primo incontro con lo sperma.
     
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