Grande mostra a Piero Manzoni

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    Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.

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    Palazzo Reale dedica una grande mostra a Piero Manzoni, morto a Milano nel 1963 ad appena trent’anni, curata da Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo. A mezzo secolo dalla sua scomparsa, la personale milanese documenta il percorso dell’artista in tutta la sua ampiezza e ricchezza problematica attraverso oltre 130 opere che rendono conto della sua intera parabola creativa, dagli esordi in area post-informale agli Achromes, dalle Linee alle Impronte, dal Fiato alla Merda d’artista, dal coinvolgimento del corpo fisico nell’opera sino a progetti sinestetici totalizzanti come il Placentarium.



    Manzoni non ebbe una vera formazione pittorica. Suo principale obiettivo consisteva nell’essere artista, un artista alla Dubuffet, dove l'operazione artistica viene intesa come pulsione pura e spontanea, reinventata dall'autore in tutte le sue fasi. Dichiarava nel 1957: "consideriamo il quadro come nostra area di libertà in cui andiamo alla scoperta delle nostre immagini prime. Immagini quanto più possibile assolute, che non potranno valere per ciò che ricordano, spiegano, esprimono, ma solo in quanto sono: essere".

    Sul concetto di opera come presenza concreta Manzoni si confronta con artisti come Yves Klein, Lucio Fontana, Alberto Burri, Conrad Marca-Relli, Mimmo Rotella, Antoni Tàpies. Da quadri scuri fortemente materici con impasti di olio, catrame, smalto e oggetti come sassi e chiavi, Manzoni evolve verso quadri bianchi con rilievi plastici e ombre, con stesure grumose di gesso spatolato che poi definirà Achrome.

    Dal Rotolo di pittura industriale di Pinot Gallizio, del 1958, Manzoni prende la concezione di un segno continuo d'inchiostro tracciato su un rotolo di carta che si svolge progressivamente. Nasce così la Linea, dove una striscia di carta è avvolta e conservata in un cilindro di cartone sigillato, di cui un'etichetta dichiara il contenuto.
    Alle Linee l'artista dedica una mostra personale nel dicembre 1959, la prima della galleria Azimut, lo spazio da lui fondato a Milano assieme a Enrico Castellani: dodici opere, con lunghezze variabili fra un massimo di 33,63 metri e un minimo di 4,89. Alla mostra di Palazzo Reale le Linee sono rappresentate da sette esemplari, tra cui il cilindro con la Linea più lunga.

    Nella mostra di Azimut del gennaio 1960 Manzoni presenta nuovi Achrome, trasformati rispetto alle prime versioni. Dichiara lo stesso artista: "La questione per me è dare una superficie integralmente bianca al di fuori di ogni fenomeno pittorico, di ogni intervento estraneo al valore di superficie; un bianco che non è un paesaggio polare, una materia evocatrice o una bella materia, una sensazione o un simbolo od altro ancora; una superficie bianca che è una superficie bianca e basta anzi, meglio ancora, che è e basta: essere".
    Manzoni assume la tela non più come supporto, ma come superficie in se stessa: i segni che la percorrono secondo la sua geometria minimale sono realizzati da una macchina per cucire. In mostra a Milano è presente una notevole sequenza di Achrome.

    Nel maggio del 1960 la nuova mostra da Azimut è dedicata invece alle "sculture pneumatiche", definite poi Corpi d'aria. Un palloncino gonfiabile, un treppiede per poggiarlo come su un piedistallo, un tubicino per gonfiarlo e una chiusura: il tutto confezionato in una custodia di legno contenente anche le istruzioni per l’uso. L’artista determina il congegno e gli strumenti, disinteressandosi dell’esecuzione, che prevede la partecipazione attiva del fruitore. L’esito finale è un’opera dall’aspetto di scultura ma fatta d’aria, senza peso.

    Uova consacrate dalla mia impronta sono uova sode che l’artista trasforma in opere contrassegnandole con la propria impronta digitale, presentate nel luglio del 1960 in Consumazione dell’arte, dinamica del pubblico, divorare l’arte, l'ultima delle mostre della galleria Azimut.
    Nel testo Progetti immediati Manzoni annuncia altre sperimentazioni possibili, molte delle quali destinate a rimanere inesplorate. E' in questo contesto che nasce anche il Placentarium, un teatro pneumatico immaginato per i Lichtballette di Otto Piene, manifestazioni di puri eventi luminosi che comportano una condizione di immersione visiva da parte dello spettatore. Nell’involucro di diciotto metri di diametro retto da aria compressa possono trovare posto 73 spettatori ognuno dei quali non vede gli altri, è circondato dallo schermo di proiezione e vive anche sensazioni acustiche e tattili.

    Un ulteriore grado di riflessione sul corporeo si ha con le Opere vive o Sculture viventi. Manzoni appone la propria firma al piedistallo su cui due modelle posano panneggiate come statue antiche, oppure firma e data direttamente il loro corpo. Nello sviluppo progettuale di Manzoni il piedistallo su cui mette in posa le modelle si trasforma nella Base magica: una struttura in legno a tronco di piramide che simula il piedistallo da statua, con una targhetta in ottone recante la didascalia “Piero Manzoni, Scultura vivente”, di cui un esemplare viene esposto a Palazzo Reale.

    "Nel mese di maggio del ’61 ho prodotto e inscatolato 90 scatole di “merda d’artista” (gr. 30 ciascuna) conservata al naturale (made in Italy). In un progetto precedente intendevo produrre fiale di 'sangue d’artista'”. Così Manzoni descrive l’invenzione che lo renderà più celebre.
    Si tratta di una scatoletta per conserve del diametro di sei centimetri, sigillata, su cui è apposta un’etichetta a stampa, con la scritta in stampatello maiuscolo “Piero Manzoni" e sovraimpressa in italiano, inglese, francese e tedesco la dicitura “Merda d’artista. Contenuto netto gr 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961”. Sul coperchio la scritta “Produced by” precede la firma autografa, che è seguita dalla numerazione progressiva delle singole scatolette. L’etichetta della parte inferiore reca stampato “Made in Italy”. Manzoni fissa il prezzo di Merda d’artista basandosi sulla provocatoria parità merda/oro.

    Nel marzo 1962 si inaugura ad Amsterdam la mostra Nul, prima grande celebrazione pubblica delle sperimentazioni di Manzoni. L’artista intende presentare una serie di Achrome, e inoltre le uova con impronta digitale, serie di impronte digitali, linee di varia lunghezza compresa la versione da 1140 metri nata nel frattempo. Propone, inoltre, una sessione in cui firmare donne nude come Sculture viventi e immagina possibilità ulteriori, come una parete tutta fosforescente, una linea lunga da sette a dieci chilometri, una stanza riempita sino al soffitto di Corpi d’aria oppure satura del suo respiro e sigillata come fosse un unico monumentale Fiato d’artista, una stanzetta tutta dipinta di bianchi luminosi.

    Riesce a realizzare solo due progetti: un pannello con ciuffi di fibra sintetica di un metro e trentacinque centimetri per tre e trenta, e una linea realizzata su un rullo di carta continua da stampa. Nascono anche pacchi avvolti nella carta e sigillati con corda, piombo e ceralacca come se fossero invii postali, presentati a coppie, anch'essi esposti in mostra: ideali prosecuzioni di quella sottrazione dell’opera avviata con le Linee e proseguita con Merda d’artista.

    Il 6 febbraio 1963, al culmine della sua attività artistica, Manzoni viene trovato morto nel suo studio di Via Fiori Chiari a Milano.
     
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