Umberto Nobile Eroe Napoletano

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    Il vero Indiana Jones è napoletano: Umberto Nobile.
    C'è chi legge libri, chi vede film dalle trame epiche, effetti speciali, cadute, spari e cose da eroi. C'è invece chi, perduto fra i ghiacci, ha combattuto con la morte sul serio.
    Leggete questa storia come se fosse la trama di un film d'azione da vedere al cinema: vi piacerà.

    Mentre l'Italia cantava con Celentano e De André ed il mondo alzava gli occhi in cerca alieni; mentre moriva Aldo Moro e si festeggiava Papa Giovanni Paolo II, moriva silenziosamente a Roma un vecchietto quasi centenario, tale Umberto Nobile, dimenticato dalla sua Napoli che ancora oggi non gli ha dedicato neanche un vicolo.
    Chi era?

    Condivideva con Cristoforo Colombo la famiglia genovese e l'amore per i viaggi, ma nacque in Irpinia e visse a Napoli, in cui fu professore d'Ingegneria Aeronautica alla Federico II per trent'anni.

    Erano gli anni '20, l'epoca delle grandi esplorazioni, dell'Africa dei Faraoni e dell'America dei Maya.
    Nobile voleva andare più su. Voleva essere il primo uomo a scoprire il Polo Nord: si imbarcò a Roma sul Dirigibile Norge senza sapere dove il destino lo avrebbe portato, con poche speranze e tanto scetticismo da parte degli scienziati.
    Passarono ore, giorni, settimane fra tempeste, ghiacci, gelo nella stanza metallica del dirigibile, fra rilevazioni e terrore. Ma l'Uomo vinse gli dei del ghiaccio: nel 1926 fu messa la bandiera italiana sul Polo Nord.

    La vita è però infame con gli eroi: tornati in Italia fra gli applausi del popolo e degli scienziati, Nobile fu pugnalato alle spalle da un suo compagno di viaggio norvegese, che si prese i meriti della spedizione, dicendo al mondo "Nobile? E' un semplice guidatore!"
    E, mentre la propaganda fascista copriva di ori ed allori l'italico eroe, Nobile era inquieto, deluso. Non poteva morire da eterno secondo, come Meucci che inventò il telefono e Bell che se ne prese i meriti.

    Degno figlio del popolo irpino, era orgoglioso: Umberto Nobile deve essere il nome dell'uomo che tornerà al Polo Nord per sbugiardare qualunque norvegese fanfarone!
    Italo Balbo, il ministro dell'aeronautica, era terrorizzato dal gradimento che suscitavano le imprese dell'aviatore napoletano: vedeva in lui un nemico politico da eliminare e non assegnò neanche una lira alla nuova spedizione.
    Grazie alla testardaggine dello scienziato, però, furono comunque raccolti a fatica i fondi per partire con un nuovo dirigibile, l'Italia.
    Il nuovo viaggio fu di nuovo ghiaccio, tempeste, paura ed incidenti, finché, per una fatalità, il timone si ghiacciò e la gabbia di ferro volò nel mare ghiacciato, finendo in un luogo imprecisato.
    Nobile si salvò assieme ad altre quattro persone, che, con gli ultimi viveri e con una tenda recuperata dalla carcassa della nave, si ripararono nella neve. Terrorizzati, in chissà quale luogo, avevano poche razioni di cibo e gli ultimi colpi di una rivoltella, con cui fu ucciso anche un orso polare.

    Passarono cinquanta lunghi giorni fra freddo e stenti, ma, quando ormai i viveri erano finiti e la morte era prossima, passò un aereo svedese in ricognizione che salvò l'eroe del ghiaccio.
    Nobile credeva che il peggio fosse passato, ma i guai erano appena cominciati.
    Tornato in Italia, Balbo prese infatti la sua rivincita: propose la condanna a morte per il suo acerrimo nemico, reo di aver abbandonato il resto dell'equipaggio ad una morte certa per una impresa folle, abbandonando per giunta la nave per primo.
    Trattato come uno Schettino dei ghiacci ante litteram, Nobile, degradato e amareggiato, scampato già alla morte, non voleva perdere la vita per il capriccio di un nemico: si imbarcò come un profugo in Russia, in cui diventò famoso ed apprezzato grazie al suo genio.
    Vent'anni dopo, l'Italia repubblicana lo accolse di nuovo e Nobile, nel 1966, fu riabilitato dopo quarant'anni di infamia.
    Gli eroi hanno sempre il lieto fine. Bisogna combattere per ottenerlo!

    -Federico Quagliuolo
     
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