Quando l’arte avvicina il carcere al teatro

Successo dell’iniziativa che ha portato sul palco gli ospiti delle sedi di Castelfranco e di Sant’Anna

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  1. Thanaka
     
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    MODENA. È dal 2006 che la compagnia Teatro dei Venti svolge un laboratorio teatrale presso la Casa di reclusione di Castelfranco, realizzando un percorso permanente di formazione e produzione artistica in carcere che, dal 2014, coinvolge pure la Casa circondariale S. Anna di Modena. L'obiettivo è ambizioso, ovvero quello di creare una vera e propria impresa di produzione che metta in relazione la compagnia teatrale e le realtà artistiche presenti all'interno delle strutture penitenziarie. Il risultato, peraltro, è più che confortante, poiché sono diversi anni che gli spettacoli, in forma di studio, costruiti in questo contesto vengono presentati anche a un pubblico esterno, riscuotendo consensi pressoché unanimi, come è stato domenica sera scorsa al Teatro delle Passioni, quando in scena è andato “Angeli e Demoni. Studio sulla Gerusalemme Liberata”, nell'ambito di “Stanze di Teatro in carcere 2015”.

    Diretto dal regista Stefano Tè, lo studio ha coinvolto, oltre a detenuti e internati delle case di reclusione e circondariale, attori del Teatro dei Venti ed un gruppo di studenti dell'Istituto superiore Spallanzani di Castelfranco, con l'esito per certi aspetti straordinario di aver creato relazioni apparentemente impossibili fra realtà distantissime, con le immaginabili conseguenze formative/educative che ciò ha potuto comportare. Non possiamo però non fare riferimento al risultato prettamente artistico della operazione, perché il soggetto, difficile, su cui la compagnia ha lavorato, ha dato origine a attimi di teatro di forte intensità emotiva: per loro è la terza tappa di uno studio sul poema di Torquato Tasso, colto nella suggestiva componente epico-guerresca dalla quale emergono gli elementi sacri e profani, religiosi ed amorosi all'origine degli intrecci, degli incontri e degli scontri fra i diversi protagonisti. Suoni ed azioni, ambientati in una angosciante dimensione desertica, riproducono temi propri di un immaginario bellico privo di qualsiasi componente retorica, dove i sentimenti, di odio come d'amore, di rivalità e amicizia emergono prepotentemente e introducono a inevitabili riflessioni sull'età contemporanea. Il messaggio è forte ed esplicito: lo scontro porta a un lutto che colpisce indistintamente gli uni e gli altri, e la storia insegna che purtroppo l'uomo non è capace di imparare dai propri errori, che verranno reiterati sistematicamente. Il lungo

    applauso conclusivo è voluto essere, per certi aspetti, così, anche liberatorio, ma è giunto soprattutto a gratificare un'esperienza artistica di forte spessore che non può non invitare a proseguire un'attività di profondo significato sia artistico che sociale.
     
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0 replies since 25/6/2015, 11:24   167 views
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