Che fine ha fatto Manu Chao?

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    Nato il 21 giugno 1961 a Parigi, figlio del giornalista spagnolo Ramón Chao e di una donna basca originaria di Bilbao, Manu – all’anagrafe José Manuel Arturo Tomás Chao Ortega – cresce nella capitale francese, poiché i genitori vogliono sfuggire alla dittatura franchista. Anche a casa respira un’aria speciale, poiché il padre ospitava spesso rifugiati sudamericani e debutta nella musica nei circuiti underground di periferia con le band Hot Pants e Los Carayos.

    Nel 1987 Manu, insieme al fratello Antoine Chao e il cugino Santiago Casariego fondano la band La Mano Negra, il cui nome probabilmente deriva dall’organizzazione anarchica spagnola La Mano Negra. Lo stile musicale del collettivo è talmente aperto a contaminazioni diverse da essere denominato Patchanka, che darà poi il titolo all’album d’esordio, pubblicato nel 1988 con una band ormai allargata a molti musicisti e che contiene il singolo Mala Vida, con cui riscuotono grande successo in Francia, a punto da firmare poi con la major Virgin Records.

    La scelta, criticata dalla scena indipendente come manovra commerciale, trasforma La Mano Negra in un gruppo da esportazione, pur con qualche difficoltà nel mercato inglese e statunitense. Il 1989 è l’anno di Puta’s Fever, l’album più venduto della band, grazie anche ai singoli King Kong Five e Pas assez de toi; finiscono in tour negli USA con Iggy Pop e registrano il tutto esaurito a Londra.

    Nel 1991 esce King of Bongo, considerato il disco più punk de La Mano Negra, e nel 1994 Casa Babylon. Dopo un tour in Sudamerica nel 1995, la band si divide a causa di “esaurimento delle motivazioni originarie”, a detta dello stesso Manu.
    Manu Chao solista

    Dopo lo scioglimento de La Mano Negra, Manu Chao comincia la carriera solista, fondando tre anni dopo i Radio Bemba Sound System, un altro collettivo che lo h accompagnato nei tour e che ospita musicisti di ogni genere e nazionalità, come il trombettista italiano Roy Paci. Dopo il primo disco solista Clandestino (1998), con cui vendette quattro milioni di copie, sono seguiti Próxima Estación: Esperanza (2001, con il singolo Me Gustas Tu), Radio Bemba Sound System (live, 2002), Sibérie m’était contéee (2004), La radiolina (2007), Baionarena (live, 2009), No sólo en China hay Futuro (2017).

    Manu Chao di oggi

    Nel 1999 fu ospite di Adriano Celentano – per il quale ha composto nel 2003 una canzone, divenuta poi nel 2011 Non so più cosa fare – nella sua trasmissione Francamente me ne infischio, eccezionalmente: “Non vado mai in tivù, perché la televisione è un’enorme macchina di menzogne. Se per una volta, ho fatto uno strappo alla regola, è perché lì era presente il leggendario Compay Segundo, che per me è l’artista più importante del mondo”, aveva detto Manu Chao in quell’occaasione.
    Nel 2008 è apparso nel documentario di Emir Kusturica dedicato a Maradona ,cantando La Vida Tombola davanti a un sorpreso e commosso Diego Armando. Dopo gli anni ruggenti da icona no-global, Manu si è sottratto alla notorietà mainstream ed è tornato a fare musica con un occhio di riguardo verso le cause del mondo latinoamericano. Ne è prova la sua pagina Facebook, seguita da circa 2,5 milioni di fan che tentano di carpire i suoi piani per il futuro.
    Sotto a uno dei post più recenti, il musicista spiega che il suo tour La Ventura non riprenderà fino alla fine del 2018.
     
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