Un appuntamento con la signore morte

Conviene prepararci per l'unico appuntamento che nessuno può cancellare

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    A un mio compagno di college è stato recentemente diagnosticato un cancro incurabile e il dottore gli ha detto che avrebbe vissuto solo un anno. I familiari, presi dal panico, hanno consultato molti medici ed anche guaritori appartenenti a vari campi della medicina alternativa, si sono rivolti ad astrologhi, hanno pregato gli esseri celesti nei templi ed hanno consultato perfino un mistico tantrico. Molte persone continuano a dir loro che ci potrebbe essere una cura che non hanno ancora provato. Fui rattristato nell’apprendere la notizia della malattia del mio amico. Volevo aiutarlo in quel momento critico e gli suggerii di seguire il metodo della coscienza di Krishna con il canto e l’ascolto dei santi nomi di Krishna. Non riuscii però a convincerlo che, oltre a provare varie cure, aveva bisogno di affrontare la realtà e di prepararsi per la prossima vita.

    Non fui felice di vedere che anche suo padre ottantenne non provava alcun interesse per la dimensione spirituale della vita ed era determinato solo a salvare suo figlio. Ricordai l’osservazione di un amico devoto: “Una persona può essere ricoverata nel migliore ospedale, assistita dai migliori medici, curata con le migliori medicine, ma se è destinata a morire, non può evitare l’appuntamento con la Signora Morte.” Gli scritti filosofici dell’India vedica paragonano l’inevitabilità della morte alla visita inevitabile di qualcuno che un giorno ci porterà via. Quando la Signora Morte colpisce, una persona ricca non può corromperla perché se ne vada, una bella signora non può sedurla affinché la dispensi, un uomo forte non può lottare con lei per sottometterla, una persona saggia non può sconfiggerla in un dibattito. La Signora Morte ci prende tutti, senza eccezioni.

    Nell’antico racconto epico, il Mahabharata, al re Yudhisthira viene chiesto quale sia la più grande meraviglia del mondo. Il saggio re risponde: “Ogni giorno a migliaia vengono mandati nella dimora della morte. Eppure coloro che sono ancora in vita vivono come se a loro non dovesse mai toccare di morire.” Queste sagge parole mi aiutarono a farmi una ragione dell’ostinata riluttanza dei familiari del mio amico a comprendere la coscienza di Krishna e ad accettare, con il loro rifiuto, l’inevitabilità della morte.


    Le Prime Lezioni della Vita Spirituale

    Una delle prime lezioni che ho imparato nella vita spirituale è l’inevitabilità della morte. Amici del college mi schernivano per aver aderito a quella che a loro sembrava la filosofia fatalistica presentata negli insegnamenti dell’ISKCON. Il loro sarcasmo m’indusse a chiedere a me stesso se gli Hare Krishna fossero solo dei pessimisti, ma mi resi conto subito che l’accettazione della realtà inevitabile della morte ci dà forza e calma interiore. Gli Hare Krishna imparavano a vedere con distacco il mondo e le sue effimere promesse. Un devoto di Krishna affronta le tragedie, compresa la morte, con grazia e dignità. Tuttavia i devoti non ignorano le loro condizioni fisiche né fanno alcun tentativo per evitare la morte. Uno spiritualista si prende cura del corpo con il desiderio di servire Dio e gli altri. Poiché lo scopo è il servizio e non il mantenimento del corpo, il devoto è distaccato anche quando se ne prende cura ed è preparato ad affrontare la morte inevitabile.


    Gli Insegnamenti dei Veda

    La tradizione vedica spiega che la nostra esistenza non finisce con la morte. Non siamo il nostro corpo temporaneo, ma l’anima eterna che vi risiede. Quando il corpo muore, l’anima continua a vivere, anche se in uno stato d’esistenza diverso. Coltivando la coscienza di Krishna, nutriamo l’anima e la nostra coscienza trascende le insignificanti aspirazioni materiali; impariamo a vivere sul piano spirituale della realtà e a connetterci con Dio, Krishna, per mezzo delle pratiche spirituali. Ascoltare e cantare i santi nomi di Dio ci aiuta ad ottenere la felicità spirituale, che ci fa trascendere la felicità e la sofferenza materiali.

    Ascoltare e cantare ci garantisce anche un viaggio divino dopo la morte. La letteratura vedica offre molti esempi di persone la cui vita ci insegna a prepararci ad affrontare il momento della morte. Lo Srimad-Bhagavatam inizia con la domanda posta dal re Pariksit su come deve comportarsi una persona prossima alla morte. Maledetto a morire entro sette giorni, il re accettò con serenità il suo destino; ora poteva immergere la sua coscienza nel ricordo del Signore Supremo senza alcuna distrazione. Il re Khatvanga, un’altra persona esemplare, venuto a sapere che aveva ancora solo pochi minuti di vita, abbandonò tutte le sue ricchezze e attese la morte con serenità.


    L’Appello di Srila Prabhupada

    Srila Prabhupada ha insegnato che la vita è una preparazione per un esame: la morte. Il momento della morte mette alla prova tutti i nostri valori e i nostri principi più cari, come anche il nostro attaccamento al corpo, alle persone e alle cose collegate al nostro corpo. Un devoto di Krishna conduce una vita che ha al suo centro il servizio a Dio e porta avanti con maturità le sue responsabilità materiali, sapendo che le spiacevoli vicissitudini di questo mondo possono finire in qualsiasi momento. Anche se il devoto ha una vita lunga, alla fine il tempo sotto forma di una malattia, della tarda età o della morte lo minaccerà di portargli via tutti i suoi possedimenti e la sua posizione. Poiché però i devoti hanno dedicato la loro coscienza al ricordo di Dio e all’amore per Lui, sono preparati ad incontrare con serenità la Signora Morte.

    Srila Prabhupada citava spesso un verso dello Srimad-Bhagavatam (10.14.58) che dice che in questo mondo materiale c’è un pericolo ad ogni passo. La morte può venire in qualsiasi momento. Egli esortava i suoi lettori e il pubblico a trascorrere ogni momento nel ricordo di Dio cosicché al momento finale della morte sarebbero stati fissi in uno stato interiore di felicità, pronti ad entrare nel regno divino di Dio. Srila Prabhupada ne fu un esempio. Nell’ottobre del 1977, quando si rese conto che il suo corpo se ne sarebbe andato presto, per impegnarsi a ricordare esclusivamente Dio si ritirò a Vrindavan, il santo luogo in cui era apparso Sri Krishna per svolgere le Sue attività. Quando gli venne chiesto se aveva qualche desiderio non esaudito, con calma rispose: “Non ho assolutamente alcun desiderio.” Srila Prabhupada condusse una vita dedicata al servizio d’amore a Krishna e quando Krishna venne a riprenderlo, era pronto.


    Affrontare la Morte con Serenità

    L’anno scorso a un festival durante il quale si ascoltavano e si cantavano i santi nomi, ebbi un’esperienza istruttiva che mi fece riflettere. Durante i kirtana che duravano tutto il giorno e le lezioni all’ISKCON di Mumbai, ero seduto accanto al trentenne Rohini Tanaya Dasa, a cui era stato diagnosticato un cancro maligno alle ossa. Come il mio amico del college, egli aveva solo qualche mese di vita, ma la sua reazione a quel momento critico è stata d’ispirazione per tutti i membri della nostra comunità. Si era assorbito nelle attività devozionali; il suo volto brillava di una felicità che derivava da una profonda connessione interiore con Krishna. Seduto accanto a lui durante il programma, mi sorpresi a provare dispiacere per lui. Però mi accorsi subito che egli era nel migliore stato di coscienza possibile e desiderai di avere la sua stessa fede nei santi nomi e nel metodo del servizio devozionale.

    In seguito parlammo del canto dei santi nomi e dei vari aspetti del percorso della coscienza di Krishna. “Accolgo con gioia questa malattia,” disse, “e la considero la chiamata di Krishna. Ora il mio punto di vista su ciò che è importante o irrilevante è cambiato; cerco di fare in modo che Krishna sia il mio unico scopo.” In sua compagnia mi sentivo mortificato ed ispirato e desideravo che il mio amico di college prossimo alla morte e i suoi familiari potessero prendere ispirazione da lui. Rohini Tanaya mi fece ricordare che per un ricercatore spirituale sincero la morte non è la fine; anzi segna l’ingresso nel regno dell’eternità, della felicità e della conoscenza. Per i materialisti la morte è la fine di tutto ciò con cui si identificano; perciò in quel momento soffrono moltissimo.

    Al contrario, a un amante di Dio non importa d’invecchiare o di avvicinarsi al momento della morte, perché sa che mentre il corpo si avvicina alla morte, l’anima si fa sempre più vicina alla sua forma spirituale di eterna giovinezza. Per un devoto la morte significa riunirsi a Krishna nel mondo spirituale in una vita eterna di servizio e di felicità. Le due esperienze contrastanti, quella del mio compagno di college e quella di un devoto, mi hanno convinto che il percorso del servizio devozionale matura una persona al di là dell’età. Un trentenne che ha una connessione spirituale con Dio può avere una saggezza e una maturità ben oltre la miope visione di un ottantenne privo di conoscenza spirituale.


    Postscriptum

    Rohini Tanaya Dasa se ne andò da questo mondo accompagnato dall’affettuosa presenza dei devoti di Krishna che cantavano i santi nomi. Egli era vissuto come brahmacari residente al tempio ISKCON di Nigdi, fuori Pune. Durante i suoi ultimi momenti, Rohini Tanaya espresse il desiderio di stare con le Divinità e i devoti, perciò fu portato in tutta fretta al tempio, a quattro ore di macchina dall’ospedale. Al suo arrivo, tutti i devoti residenti e più di cinquecento membri della congregazione fecero un intenso kirtana per più di un’ora. Quando iniziò l’arati della sera e le Divinità furono salutate con canti e il suono di buon augurio delle conchiglie, Rohini Tanaya dette l’ultimo sguardo affettuoso ai devoti, e, mentre pregava guardando le Divinità, lasciò il corpo. I devoti piangevano e nello stesso tempo gioivano, perché era stata una dipartita di straordinaria ispirazione. I devoti furono testimoni che la coscienza di Krishna non è semplicemente una teoria, ma una scienza pratica. Rohini Tanaya aveva appena dimostrato con il suo esempio che un devoto fisso nella coscienza di Krishna riceve con gioia la Signora Morte.



    Vraja Vihari Dasa, fa servizio a tempo pieno all’ISKCON di Chowpatty (Mumbai) e insegna la coscienza di Krishna a studenti di vari college.


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    ...ecco caro Orlando, come vedi per un ennesima volta quello che insegna Krishna è totalmente diverso da quello che insegna la Bibbia e le statistiche ne dimostrano la validità...

    tu hai scritto:

    "“Una persona può essere ricoverata nel migliore ospedale, assistita dai migliori medici, curata con le migliori medicine, ma se è destinata a morire, non può evitare l’appuntamento con la Signora Morte.”"

    Mentre la Bibbia parla di un Dio di amore che ci lascia liberi senza obbligarci ed imprigionarci in un destino.



    Secondo le statistiche coloro che vivono in zone dove le attenzioni mediche sono buone vivono molto di più a lungo e meglio di coloro che vivono in zone prive di attenzioni mediche, quindi andare nel migliore ospedale con i migliori medici, in percentuale ci da moltissime più probabilità di vivere alla faccia del "destino" che così dimostra di non esistere.

    Nelle nazioni in cui le buone cure mediche dipendono dall'avere una buona assicurazione, le statistiche mostrano che solo coloro che hanno l'assicurazione hanno una notevole probabilità di vivere di fronte a gravi incidenti o malattie che se colpiscono invece la classe povera che non ha assicurazione portano inevitabilmente alla morte.

    Il fatto che esistono malattie incurabili non dimostra il destino, esattamente come cadendo in un precipizio la cintura di sicurezza che non ti salva la vita non annulla che in mille altre circostanze te la salva, eccome se te la salva.

    Se esistesse il destino, non servirebbe a nulla indossare cinture di sicurezza, avere airbag, o semplicemente coprirsi quando fuori ci sono zero gradi...perché il destino ci farebbe morire o ammalare ugualmente...oppure non ci farebbe morire o ammalare anche se fossimo totalmente imprudenti... si potrebbe provare a lanciarsi da un palazzo e vedere se uno muore o no...se non è destino non si muore, giusto?
     
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    Gentile pyskelletto ti faccio notare che la coscienza di Krishna parla di legge del karma,non di un destino cieco.

    A parte il fatto che non sono stato io a scrivere l'articolo,quest'ultimo parla della necessità di prepararsi spiritualmente alla morte come ci si prepara ad un esame.

    Oltre che dal karma,il corpo che avremo nella prossima vita dipende dallo stato di coscienza al momento della morte...quindi un devoto di Krishna che riuscisse a pensare al suo amato Signore durante gli ultimi atti di vita sarebbe sicuro di andare nel mondo spirituale ma per far ciò bisogna "esercitarsi" mentre si sta ancora bene.

    Non è questo il mio caso perchè non ho ancora avuto la possibilità di incontrare e prendere rifugio in un maestro spiritualmente realizzato ma se fosse davvero questo il mio stato di coscienza al momento finale,Krishna esaudirebbe certamente-nella mia prossima incarnazione-il mio desiderio di incontrare un Suo puro devoto in cui prendere rifugio spirituale.

    Concludo il post dicendo che,sebbene il mio attuale corpo materiale sia ancora molto giovane,mi preparo quotidianamente ad affrontare "l'unico appuntamento che nessun uomo può cancellare"...se avrò la fortuna di essere ancora lucido nei miei ultimi tempi,niente e nessuno mi impedirà di affrontare la morte nel modo in cui mi sto preparando a farlo sin da giovane.

    Edited by Orlando1987 - 19/11/2018, 14:11
     
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    Caro Orlando,

    comprendo molto bene che la citazione non era tua, ma tu la hai messa nel tuo post come una base autentica e verace senza contraddirla ne spiegarla.... e la dichiarazione che menzioni afferma chiaramente: "Ricordai l’osservazione di un amico devoto: “Una persona può essere ricoverata nel migliore ospedale, assistita dai migliori medici, curata con le migliori medicine, ma se è destinata a morire, non può evitare l’appuntamento con la Signora Morte.” "

    O questo tuo amico "devoto" ha le idee confuse o se lui ha ragione allora tu non condividi un pensiero del Krishna, perché nessuno è destinato a vivere o a morire, e di fatto poter aver accesso al miglior ospedale e le migliori cure da molta più possibilità di vivere. Il destino di cui parla il tuo "devoto" amico non ha basi oggettive, anzi è contro ogni cosa oggettiva che possiamo vedere e constatare.

    Se quindi ne Tu ne Krishna siete d'accordo con la frase detta da tale amico "devoto", magari sarebbe meglio non citarla o aggiungervi una spiegazione che mostri che in quel punto in cui parla di ospedali, medici e destino si sta sbagliando di grosso... non credi?
     
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    CITAZIONE (pyskelletto @ 21/11/2018, 13:12) 
    Se quindi ne Tu ne Krishna siete d'accordo con la frase detta da tale amico "devoto", magari sarebbe meglio non citarla o aggiungervi una spiegazione che mostri che in quel punto in cui parla di ospedali, medici e destino si sta sbagliando di grosso... non credi?

    Gentile pyskelletto mi sorprende che tu non abbia compreso che l'articolo da me copiato usi la parola "destino" come sinonimo di karma e non nel suo significato letterale.

    E' stato un Hare Krishna,quindi una persona che crede nella legge del karma,a pronunciare quelle parole.
     
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    CITAZIONE (Orlando1987 @ 21/11/2018, 13:51) 
    CITAZIONE (pyskelletto @ 21/11/2018, 13:12) 
    Se quindi ne Tu ne Krishna siete d'accordo con la frase detta da tale amico "devoto", magari sarebbe meglio non citarla o aggiungervi una spiegazione che mostri che in quel punto in cui parla di ospedali, medici e destino si sta sbagliando di grosso... non credi?

    Gentile pyskelletto mi sorprende che tu non abbia compreso che l'articolo da me copiato usi la parola "destino" come sinonimo di karma e non nel suo significato letterale.

    E' stato un Hare Krishna,quindi una persona che crede nella legge del karma,a pronunciare quelle parole.

    ...si capisco quello che mi vuoi spiegare, ma tale persona nella frase che dice non si limita ad usare la parola destino (magari con un significato in un contesto di Karma) ma si estende spiegandola e dicendo come già menzionato: “Una persona può essere ricoverata nel migliore ospedale, assistita dai migliori medici, curata con le migliori medicine, ma se è destinata a morire, non può evitare l’appuntamento con la Signora Morte.”

    Che sia "Karma" o "destino" (inteso come da dizionario), di fatto non si può interpretare ne cancellare il punto base che non è assolutamente vero che la morte per un infermità NON dipenda in nessuna maniera dall'ospedale in cui andiamo e dal dottore che ci cura. Nella realtà oggettiva l'ospedale e la qualità delle cure mediche cambiano totalmente l'esito di moltissime malattie.

    Scusami se magari non mi ero espresso bene...ma il punto cambia di poco.
    Se tu non concordi sul fatto che avere accesso a cure migliori in ospedali migliori faccia differenza dall'essere curati in una struttura fatiscente con dottori senza esperienza, allora magari sarebbe meglio non menzionare quella frase del tuo amico o aggiungergli una spiegazione. Non ti pare? Perché altrimenti rischi di trasmettere il concetto che secondo Krishna sia che ci curiamo o meno non fa differenza. Rischi di trasmettere il concetto che per Karma (o per destino), se dobbiamo morire moriamo anche se curiamo una puntura di zanzara con il miglior chirurgo del mondo.... ....o se dobbiamo vivere viviamo anche se abbiamo un il cervello spiaccicato e ce lo curano in un ambulanza con un paramedico.

    Questo è quello che viene trasmesso dalla frase del tuo amico, che sia Karma o destino...
     
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    Gentile pyskelletto capisco quello che vuoi dirmi e quindi mi appresto subito a chiarire che la coscienza di Krishna non insegna a trascurare la propria salute con la scusa che "tutto dipende dalla legge del karma".

    Infatti proprio questa mattina ho comprato in farmacia uno sciroppo per la tosse che mi colpisce da pochi giorni.

    Inoltre,contrariamente agli altri Hare Krishna,io sono favorevole alla sperimentazione animale(quella che spesso viene chiamata superficialmente "vivisezione" dagli animalisti) in quanto senza quest'ultima il mondo sarebbe un luogo invivibile dato che è proprio grazie a tali esperimenti di farmacologia e chirurgia su animali se la scienza medica ha fatto e continua a fare progressi da gigante
     
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