Da pigiama a caffè: 7 parole universali che non serve tradurre

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    Ci sono parole a cui corrisponde lo stesso significato in tutte le lingue. Il motivo? In qualche caso (come "mamma", per esempio) è abbastanza noto. In qualche altro, è più sorprendente!


    Ci sono parole che, passando da una lingua all'altra, assumono espressioni completamente diverse. Alcune addirittura risultano quasi intraducibili. Al contrario, ci sono parole che quasi non hanno bisogno di traduzione, che suonano stranamente simili a tutte le latitudini. Forse c'è qualcosa di intrinsecamente umano nel loro suono. O forse, più semplicemente, si tratta di oggetti e modi di dire che sono riusciti a conservare il loro nome passando da una cultura all'altra. Qualunque sia la ragione, ecco 7 parole che non hanno (quasi mai) bisogno di essere tradotte.
    Pigiama. In lingua hindi e urdu, una parola simile sottendeva a un tipo di pantaloni larghi legati intorno alla vita. Dopo la colonizzazione, gli inglesi mutuarono dagli indiani il capo d'abbigliamento si portarono a casa anche il termine che lo identificava: pajama. Ma a ben vedere una parola simile si trova in quasi tutte le lingua del mondo: dall’arabo bijama all’ungherese pizsama. E pajama appare anche in lingue come il basco e l'irlandese. A differenza dell’inglese, che lo ha acquisito come sostantivo plurale, in Italia abbiamo optato per pigiama come singolare maschile, pluralizzabile in pigiami (o anche invariabile).
    Caffè. Kofi, kahve, kava: questi tre suoni ci permettono di chiedere un caffè in quasi tutto il mondo. Questo perché la maggior parte delle lingue ha preso a prestito la parola turca kahve, che a sua volta si basa sulla parola araba più antica qahua. E nessuno si è allontanato troppo da quel punto. Gran parte dell'Europa ha cambiato la "v" in "f" (come il nostro caffè), alcune lingue hanno anche cambiato la ”a” in "o", così in inglese, tedesco e afrikaans il suono è più vicino a kofi, ma sempre ben riconoscibile. La parola caffè si è diffusa con la popolarità della bevanda, un po’ come è successo con Coca Cola, altra parola identificabile ovunque (anche perché è un marchio ben pubblicizzato).
    Ok. Considerata una delle parole più usate al mondo, OK ha iniziato a diffondersi attorno al 1830, periodo durante il quale gli Stati Uniti impazzivano per le abbreviazioni. Qualunque sia la sua origine, la parola si è diffusa rapidamente per essere usata e compresa in quasi tutti paese per dire che tutto va bene. Ci sono diverse teorie dietro la fortuna di OK. Uno è l'estetica; la "O" curvata e la "K" squadrata l'una accanto all'altra si fanno notare per contrasto. Un altro è che i suoni "oh", "k" e "ay" esistono nella maggior parte delle lingue, e questo la renderebbe facilmente riproducibile.
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