Contagio da coronavirus: come ci si ammala

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    Massimo Clementi, professore di microbiologia dell’università San Raffaele di Milano che ha guidato l’isolamento del virus da due pazienti ricoverati sabato, spiega come funziona il contagio:

    Il coronavirus arrivato fra noi è un neonato, ha tre mesi. A novembre circolava solo tra i pipistrelli, disturbandoli al più con un raffreddore. È minuscolo: bisogna metterne in fila quasi un milione per arrivare a un millimetro. Viaggia cavalcando goccioline del respiro grandi 5 micron e adora giocare a nascondino: secondo l’Imperial College di Londra per ogni caso che tracciamo ce ne sono due che guariscono da soli e probabilmente non scopriremo mai. Da buon neonato, ama distruggere: più di 3.100 vittime e 5 trilioni di dollari in Borsa.

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    Contagiare è una necessità per i microbi. «Fuori dagli organismi sopravvivono poco, qualche ora» spiega Clementi. E dal punto di vista di un virus, nulla è più vicino all’idea di paradiso terrestre del mondo di oggi: miliardi di individui, metà dei quali stretti nelle città, abituati a raggiungere l’altro capo del mondo in una manciata di ore. «La contagiosità – spiega Alberta Azzi, microbiologa dell’università di Firenze – dipende dalla capacità del virus di penetrare nelle cellule.
    È come se alcuni avessero chiavi migliori di altri». Questa facoltà si esprime con un numero, R0 o tasso di replicazione: il numero di persone contagiate da ciascun infettato. «Sembra che per il nuovo coronavirus sia 2,5-3» spiega Bonanni. «L’influenza varia con gli anni, ma possiamo collocarlo fra 1 e 1,5. Il morbillo arriva a 15-20». Il numero può essere compresso dalle misure di contenimento. Solo quando scenderà sotto a 1 l’epidemia si contrarrà.

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    Le prime porte ad aprirsi sono le vie aeree superiori, con tosse e raffreddore. E fin qui nessuna sorpresa: molti coronavirus causano raffreddori. Dopo i 5 giorni medi di incubazione, ne passano altri 5-7 con sintomi simili all’influenza. Dopo – nella quota di malati più gravi – compare la difficoltà di respirazione: affanno e fame d’aria da affrontare subito in ospedale. Per questo è assolutamente necessario ritardare il picco.
     
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