Il miracolo di Lisa

Improbabile storia di ricatti psicologici: Racconto trovato in rete da Melit

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    Vera and Herman

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    “Entrare è facile; attenta all’uscita!”
    La frase che mi comparve in un Whats App di Romina, la decana delle impiegate dell’Agenzia, suonava come un’epigrafe sulla tomba o un avvertimento di grave pericolo; mi ricordava l’aneddoto del giullare che al re che preparava l’invasione di uno Stato italiano ricordò che era bene preparare anche un piano di ritirata; le risposi con l’emoticon del dito medio sollevato, perché ero convinta che il suo gesto nascesse da invidia.
    Avevo appena ricevuto dal grande capo, il proprietario dell’Agenzia per la quale lavoravamo, l’invito a cena per quella sera ed ero certa che era gelosia quella che istigava la collega a mettermi davanti dei paletti; di fatto, coi miei ventotto anni appena compiuti, ero molto più giovane, fresca e desiderabile di lei, giunta ormai ai limiti della quarantina e già classificabile come Milf, anche se abbastanza interessante e sicuramente piacevole da scoparci.
    Inoltre, avevo alle spalle una storia ben lunga di esperienze sessuali in tutte le possibili manifestazioni; ero stata fidanzata, scopata occasionalmente, accompagnatrice, amante; avevo praticato sesso orale, anale, vaginale senza rifiutare niente e senza risparmiarmi; la frase sibillina mi sembrava inspiegabile; la facilità dell’entrata me la gestivo io; l’uscita l’avrei decisa quando e come volevo; ero un’artista a dominare i maschi.
    La guardai con sussiego quando chiudemmo l’ufficio ed uscimmo; mi misi in tiro per la serata ed attesi quasi impaziente che Carmine, il grande capo, passasse a prendermi con la macchina sportiva; andammo in collina, per cenare; e fu una serata deliziosa, in cui scoprii le doti di grande affascinatore di quell’uomo che in apparenza non avrebbe avuto nessun requisito per attrarre belle donne; invece, il garbo, l’eloquio e l’eleganza prepararono bene il terreno.
    Quando mi propose di andare a bere da lui l’ultimo bicchiere, capii di avere svoltato; dieci minuti dopo, in camera sua, lo divoravo coi miei baci passionali che facevano rizzare l’uccello fino al dolore; arrivò la prima sorpresa, quando sentii contro il ventre indurirsi un cosino che appena mi riusciva a solleticare la figa; pensai che forse a questo si riferiva Romina; non capivo però il senso della seconda parte, l’uscita dolorosa.
    Facendo ricorso a tutta la conoscenza acquisita, lo spogliai lussuriosamente e scoprii una sua grande abilità nel fare altrettanto con me; fece cadere il vestito che avevo scelto con una chiusura agile ed immediata; fui davanti a lui con il combinato di reggiseno e minislip che avrebbe fatto risuscitare un morto; con molta eleganza, mi fece sedere sul letto, mi sfilò le scarpe e fece scivolare lussuriosamente le autoreggenti.
    Accompagnò le mani che abbassavano il nylon con la lingua che inumidiva tutte le superfici che andava scoprendo; tornò sull’inguine e si dedicò allo slip, che spostò di quanto serviva a spingere la punta della lingua in figa; la leccata che mi dedicò fu stratosferica e mi sentii avvolta da una nuvola di piacere; quando tentai di sfilare a lui il boxer che non mostrava segno di cazzo, mi fermò con decisione e mi spinse supina sul letto.
    Si dedicò alle tette e mi tolse abilmente il reggiseno, si avventò sui capezzoli e prese a leccare e succhiare tutto con le stesso entusiasmo delle cosce e della figa; svariava agilmente e con risultati di grande goduria da seni all’inguine; intensamente mi leccava i punti erogeni, anche i più imprevedibili e nascosti; segnò con la lingua tutte le vertebre fino al buco del culo e di lì alla figa facendomi urlare più volte per orgasmi continui.
    Tentai più volte di ricambiare la cortesia ma, rivelando una forza imprevedibile a prima vista, mi bloccava ogni volta; mi salì addosso, si sfilò con abilità il boxer e mi sentii penetrata fin troppo rapidamente da un cazzo inferiore alla media, un affarino che appena sentivo; attivai i muscoli del canale vaginale e cercai di provare il massimo piacere possibile; nonostante la dimensione ridotta del cazzo, però, dovetti riconoscere che mi faceva godere.
    Mi aveva infilato in culo un dito fino alle nocche e mi stimolava la figa con l’altra mano; raggiunsi quasi involontariamente un grossissimo orgasmo; lui allora mi cavalcò; piuttosto che muoversi dentro, avanti e indietro, preferiva strusciarsi con tutto il corpo sul mio stimolando in me e in lui la libidine di tutti i punti; lo sentivo eccitarsi moltissimo e alla fine mi trovai a godermi una scopata forse anomala ma decisamente pregevole; venne di colpo, inondandomi la figa con uno tsunami di sborra.
    Mentre se ne stava disteso supino, scivolai in bagno, mi lavai e non resistetti alla voglia di un lungo e saporoso ditalino; soffocai a stento l’urlo di piacere quando sborrai; tornai sul letto e osservai il suo cazzo ora barzotto e appoggiato a una coscia; ci giocai con la punta delle dita e lo sentii reagire; mi abbassai sul ventre e lo titillai con la bocca; gli piaceva, il pisello si induriva ed assumeva quasi le dimensioni di un vero cazzo.
    Lo risucchiai in bocca e lo manovrai a lungo, tra lingua e palato, leccando e succhiando; mi dedicai alle palle, perfino troppo grosse in proporzione al cazzo, e lo feci eccitare; non riusciva ad andare oltre la quindicina di centimetri, ma era duro come l’acciaio; provai e sentire se sprofondava fino all’utero; gli montai addosso e mi penetrai da cavallerizza; attivando i muscoli della vagina, riuscivo a sentirlo nettamente.
    “Temo che sia tutto inutile; sei troppo slabbrata e lui è troppo piccolo per riempirti come tu vorresti … “
    “Tu pensa al cazzo; alla figa ci penso io; non è così slabbrata come cerchi di offendermi e il tuo non è un cazzo inutile; se ci giochiamo bene, c’è da godere per tutti e due; ora stai zitto e lasciati scopare!”
    Cominciai a muovermi un po’ a casaccio e, quando incontravo punti di libidine, ci insistevo procurandogli forti sferzate di goduria; anche io riuscivo a prendermi brividi meravigliosi, insistendo su alcuni punti particolarmente erogeni; ci fu un momento in cui sentii la punta urtare la cervice dell’utero, con gioia di ambedue; mi prese le natiche tra le mani e me le strinse con energia e piacere; un dito scivolò fino allo spacco, catturò l’ano e si infilò tutto dentro; rabbrividii di piacere.
    Staccò l’altra mano e mi afferrò un capezzolo tra le dita; altri fremiti mi colsero che misero in secondo piano la penetrazione; sforzandosi, si sollevò dal cuscino e raggiunse l’altro capezzolo con la bocca, mi piegai su di lui, senza far uscire di un micron il cazzo dalla figa, e gli offrii il capezzolo da succhiare; sembrava godere particolarmente; mi stimolò moltissimo e, senza quasi rendermene conto, raggiunsi un orgasmo bruciante, intenso, che mi strappò un urlo.
    Forse sull’onda del mio grido di piacere, sentii il cazzo vibrare intensamente e, dopo meno di mezz’ora dal primo orgasmo, una seconda ondata di sperma mi invase la vagina; lo bloccai sul letto e lasciai che il cazzo si svuotasse tutto facendomi provare brividi ad ogni goccia che entrava; mi staccai tamponandomi la figa che gocciolava e andai di nuovo a sistemarmi; non ebbi bisogno di masturbarmi, stavolta, ed ero soddisfatta della scopata.
    “Hai visto che, anche senza avere un cazzo grandissimo, riesci a farmi sborrare anche dall’utero?”
    “Sei certamente eccezionale; non ho incontrato nessuna che mi facesse godere in questo modo. Te la senti di fermarti qui questa notte?”
    “Non ho neanche uno slip di ricambio; vivo con un’altra ragazza che, se non torno, avverte la polizia. Mi piacerebbe, ma non posso.”
    “E se ti chiedessi di venire a vivere con me?”
    “Devo pensarci; una cosa è passare una notte, tutt’altra è decidere una relazione stabile; posso rifletterci almeno fino alla prossima occasione?”
    “Anche se fosse domani?”
    “Avrei il tempo per riflettere un attimo.”
    “Ti consiglio di parlare con Romina; è una sorta di angelo custode e ti saprà aprire gli occhi … “
    Mi riaccompagnò a casa, mi salutò da perfetto gentiluomo, con un leggero bacio sulla bocca; l’indomani, naturalmente, per prima cosa cercai Romina; la incontrai al bar; mi scusai per il gestaccio del dito nella e mail e le chiesi informazioni; mi fece una sorta di ‘rassegna degli errori possibili’ per le ragazze chiamate ad occupare quel posto di segretaria che era preludio a scopare col capo.
    Il primo e più grave era ridere della dotazione; di quelle che lo avevano fatto, alcune battevano sul marciapiede, altre lavoravano in un bordello di cui lui era azionista; in pratica, la preferenza ai cazzi grossi, le condannava quotidianamente a prenderne e lui ci guadagnava pure; quelle che, dopo il primo incontro, si erano ritirate, finivano trasferite alla lavorazione, come era nel loro contratto originale; chi avesse fatto commenti salaci, finiva al magazzino, ultimo gradino della scala.
    Molte avevano resistito per qualche tempo; alla fine, licenziate, erano state ricollocate altrove con mansioni inferiori e stipendi da miseria, banconiste di bar, cassiere di supermercato o ruoli analoghi; mi disse anche che alcune avevano avuto la fortuna di scegliere la convivenza; al primo sgarro, erano state liquidate con un posto di lavoro da operaia in altre fabbriche; sapeva anche di alcune che avevano fatto con lui una sorta di accordo.
    Carmine era disposto a concedere, alla concubina affamata di sesso, una serata al mese, a sue spese, per scopare con un bull a scelta del’interessata; se però lei si concedeva una ‘trasgressione’, alla seconda scopata era in mezzo alla strada, al massimo impiegata di terza categoria in una qualche azienda amica; sapeva di una bellissima ragazza che non aveva conosciuto cazzi grossi, che era andata a vivere con lui; aveva perso la testa per un iperdotato ed ora lavava pavimenti.
    Le domande che mi urgevano erano molte; se parlava per esperienza; perché si sarebbe dovuto accettare la convivenza con un prepotente ipodotato; cosa cercasse lui in questi incontri destinati ad essere effimeri se non solo occasionali; mi disse subito che, come mi aspettavo, era stata la prima della serie; all’epoca, la sua figa era stretta quasi come quella di una vergine e il culo era quasi intonso; lui l’aveva capito e avevano vissuto insieme per un anno.
    Poi, di fronte al disagio di lei, lui le aveva concesso una serata di cazzo libero; lei aveva scopato da dio con un vecchio amico; per sua disgrazia, gli era tanto piaciuto che una settimana dopo, incontratolo per caso in un centro commerciale, lei aveva accettato nel culo la sua mazza di quasi 25 centimetri; la sera, a letto, Carmine aveva scoperto la verità; aveva deciso di licenziarla; l’amicizia di certi personaggi l’aveva tenuta nell’impiego e alla fine era diventata l’angelo custode.
    Lei e quasi tutte le altre che lo avevano fatto, avevano scelto la convivenza perché Carmine era un gentiluomo meraviglioso per tutto, tranne che per quell’handicap che gli pesava; farsi sposare e avere un figlio da lui poteva coronare un sogno meraviglioso; ma la consistenza di un cazzo travolgente si intrometteva sempre e bruciava i sogni; tutte, una volta finita la storia, non potevano fare altro che rimproverarsi di non avere rispettato gli impegni.
    La stessa motivazione valeva per lui che si studiava le ragazze per trovare quella che potesse, facendo e rispettando patti assai chiari, risultare adeguata al ruolo che richiedeva ad una moglie; i risultati finora erano stati deludenti ed in alcune occasioni aveva sofferto, quando una storia, vissuta bene anche per più di un anno, finiva per scivolare sulla classica buccia di banana di un incontro fatale o di un desiderio tenuto a lungo nascosto; Romina chiuse il discorso.
    “So che stasera dovresti tornare da lui; sai che ti proporrà delle condizioni; sei abbastanza intelligente per controproporgli dei patti; se deciderai di andare, ricordalo; se starai al gioco, sappi che essere leali è la precondizione per tutto; non ti nego che provo una grossa invidia, perché hai le doti per diventare la padrona; rifletti su ogni cosa che dici e che fai; potresti essere sul serio quella giusta per lui; per assurdo, ne sarei contenta, per lui ma soprattutto per te.”
    Per tutta la giornata meditai; Carmine fu un signore anche in questo, perché evitò di affidarmi incarichi per lasciarmi ai miei pensieri; mi domandò se cenavo con lui e dissi immediatamente di si; quando uscimmo, gli chiesi di passare da casa mia; per precauzione, avevo preparato la valigia con tutto il mio; sorrise di gioia; andammo a cena e subito dopo a casa sua; lasciai la valigia nel salone e andammo a letto; non gli diedi tempo per scopare; mi sedetti sul letto, lo feci stendere accanto a me.
    “Senti, Carmine, diciamo subito che mi sento attratta da te più di quanto vorrei; in certi momenti ti amo persino; amo sentire il tuo cazzo nella bocca; non mi interessa quanto sia grosso; non voglio sentirmi soffocare o provare conati di vomito; se la cappella mi titilla il palato e le guance fino all’ugola; se posso leccartelo al’infinito, sono felice; anche sentire in bocca il sapore della tua sborra mi eccita; vale per tutti quei preliminari che sai fare con tanta passione e sapienza.
    Forse manca l’emozione del cazzo che squarcia il ventre perché il tuo non squarcia, accarezza; ma io amo anche scopare col culo; se a te va, in certi momenti di passione eccelsa, ti avverto e tu puoi incularmi e sentire il mio canale rettale stringerti ed io posso sentire in tutta la consistenza il tuo cazzo nel retto; se tu te la senti, in quel momento puoi infilarmi in figa anche un semplice ortaggio, un cetriolo o una zucchina, qualcosa di fallico o un vibratore, un giocattolo sessuale; sono certa che raggiungeremmo l’apice del piacere.
    E’ chiaro che puoi penetrarmi in vagina quando vuoi e ti ho dimostrato che so godere del tuo cazzo e farti godere con la figa; so che sei disposto a concedermi libertà di una mazza grossa almeno una volta al mese; spero di non averne bisogno; se ne sentissi la necessità, vorrei che me lo concedessi; ma ti garantisco che farei solo quello che avremmo concordato insieme; se te la senti di avermi a queste condizioni, io posso essere veramente tua; se no, ti prego solo di evitarmi il magazzino o il bordello.”
    Mentre parlavamo, mi aveva spogliato con abilità e grande delicatezza; si era denudato anche lui e stavolta mi aveva messo sotto gli occhi il cazzo, piccolo ma durissimo; mi copriva di baci come mi piaceva infinitamente e mi leccava dolcemente seni e figa; sentivo che mi piaceva sempre di più ed ero felice di avere parlato chiaro; speravo che accettasse e che fosse l’inizio di una bella storia, diversa da qualunque altra ma decisamente intensa.
    “Bada che il tuo culo ancora non l’ho assaggiato; prendo il lubrificante.”
    Non volevo dirgli che, data la mia apertura, forse non sarebbe stato neppure necessario; preferivo dargli la sensazione di potenza che aspirava a dimostrare e forse un aiutino sarebbe servito anche alla penetrazione di un cazzo non eccessivo in un buco spanato ma da tempo inattivo; la mia decisione si rivelò la più opportuna, perché, prima di lubrificarmi col gel, passò un tempo praticamente infinito a titillarmi culo e figa, a penetrarmi con le dita e a ruotarle con goduria per me.
    Quando appoggiò la cappella, la mia voglia era tanta che avvertivo brividi intensi; l’ano pulsava come se venisse sverginato; lui, che avvertiva sulla delicata pelle della cappella tutte le reazioni, si infoiò come un toro; la penetrazione fu lenta e progressiva, dolcissima; qualche mio lamento ad ogni spinta, era incerto tra il dolore per la pressione e il piacere per l’inculata; quando sentii le sue palle sulla figa, capii che era tutto dentro, allungai una mano tra le cosce e gli presi le palle, spinse con forza.
    Non mi montò subito; passò una mano sul fianco, raggiunse la figa e mi infilò tre dita umide del lubrificante; travolse e strizzò il clitoride; fui costretta ad urlare dal piacere.
    “Ti amo, maledetto; mi stai facendo godere come mai in vita mia … “
    “Zitta e godi; non credevo potesse essere così meraviglioso sentirmi accolto con amore da un culo stupendo; ce la fai a godere o preferisci che prenda un cetriolo?”
    “Se mi scopi così nel culo, basterà un tocco nella figa e giuro che sarai costretto a cambiare le lenzuola perché ti inonderò di squirt!”
    Mi montò con foga, con desiderio, quasi con amore e sentivo che quasi si divertiva ad assaporare la stretta dell’ano sul cazzo; lo sfilava del tutto e lo faceva ripiombare dentro con forza; molte volte mi avevano inculata, in tutti i modi; questa era la più dolce e la più gradita; sentivo che tutto il ventre partecipava della gioia che quella carezza interna mi procurava; davvero mi mandava in solluchero la delicatezza che mi produceva nel ventre; squirtai come avevo minacciato e mi abbattei sul letto.
    Fu una notte di passione totale; mi stavo davvero innamorando di quel prepotente; ma la sua limpida lealtà mi appariva quasi come una generosità istintiva; sentivo il suo cazzo, decisamene piccolo, passare in rassegna le fibre del mio corpo quasi impadronendosene o per lo meno esplorandole per conoscerle e darmene coscienza; scoprivo ogni momenti punti erogeni di nuova realtà, frutto di una carezza del sesso che non avevo mai provato, preda della violenta passione di maschi che mi montavano per scaricare le palle, senza curarsi del mio piacere.
    Con Carmine imparai anche ad amare me stessa, ad esigere che mi trattasse come un oggetto prezioso e delicato, uno strumento musicale da cui far emergere melodie dolci ed esaltanti; forse per la prima volta godevo in contemporanea con lui e seguendo il desiderio di sentirlo godere anche se non mi violentava l’utero; scoprii una dimensione del sesso che avevo sempre trascurato o addirittura sconosciuta; decisi che sarei stata la sua donna e avrei cercato con lui i percorsi del sesso.
    Passò un mese, durante il quale mi abituai progressivamente a vivere con lui, ad amarne i costumi e le fisime, a litigarci per sciocchezze e ad esaltarci per i momenti d’amore; Romina assisteva godendo al processo di trasformazione sia mia che sua; le avevo confidato l’accordo che avevo stabilito e parlato anche del set di vibratori che avevo acquistato per godere contemporaneamente di tutto, della carezza dolce del suo cazzo e della violenza bruta di una mazza che mi sfondava.
    Il culo era diventato suo esclusivo appannaggio ed era determinante quando decideva per una sborrata contemporanea, lui nel mio retto ed io sulla protesi che usavamo al momento; l’unico dubbio restava a Carmine, circa il momento in cui avessi sentito il bisogno di un cazzo grosso da spupazzarmi per mio piacere; in realtà, un poco perché ero impegnata nel lavoro, un poco perché lui veramente riusciva a farmi bastare la sua energia, non avevo avvertito nessuno stimolo, da quel lato.
    Ma l’argomento era troppo delicato per evitarlo all’infinito; lui se ne rese conto e, mentre scopavamo alla grande, mi chiese se sentivo desiderio di un cazzo più grosso per la mia figa; mi trovai impreparata e sorpresa; poi il lampo di genio.
    “Carmine, adesso ti dirò qualcosa che potrebbe turbarti, in un senso o nell’altro; ti chiedo solo di starmi ad ascoltare e di valutare con calma. Partiamo dal presupposto che da quando scopo con te non sento nessun altro desiderio; il mio uomo sei tu, il mio maschio sei tu e non sei affatto mezzo uomo o mezzo maschio solo perché il tuo cazzo ha dimensioni limitate; io potrei anche avere voglia di un cazzo più grosso, ma solo per inventarmi giochi diversi da quelli che faccio con te.
    Se veramente vogliamo sperimentare le reazioni di fronte ad un cazzo più grosso, io ti propongo di farlo, ma insieme; in altri termini, te la sentiresti di essere con me mentre mi scopo un cazzo bello grosso e, intanto, assicurarmi anche la dolcezza del tuo modo di fare sesso? In fondo, quando facciamo l’amore alla grande sono in tre, la mia figa, il tuo cazzo e il surrogato di un cazzo più grosso; io ti propongo di sostituire le protesi di plastica o vegetali con un cazzo vero.”
    “Come si articolerebbe questa cosa?”
    “Intanto, non ho voglia, se anche decidessi di prendermi un cazzo diverso, di chiederlo a qualcuno che poi potesse usare la cosa per schernirci o ricattarci; quindi, dovremmo ricorrere ad uno sconosciuto o ad un mercenario; io, di farmi sbattere da uno sconosciuto o da un mercenario, non ho nessuna voglia; non ho perso la testa per nessuno; se sono innamorata, lo sono di te e del tuo cazzo; però non posso neanche nascondere che l’idea di una mazza in figa, di carne viva, bella grossa, mi solletica.
    Ma mi sono convinta e ho detto a me stessa che le cose fatte con te sono più saporite e più ragionevoli; quindi ti propongo o di cercare un bull che accetti di scoparmi mentre io faccio l’amore con te, senza commenti e senza gara a chi ce l’ha più grosso; oppure, meglio ancora, di cercare uno di quei locali dove il sesso è uno sport libero e diffuso; ci andiamo insieme, io e te, e scopiamo insieme, io e te, con un cazzo scelto tra quelli che si propongono.
    Fa conto, per esempio, che io succhio te mentre lui mi scopa a pecorina; io so quanta gioia mi da il tuo cazzo in bocca; so anche che una mazza più grossa in figa mi farebbe godere; credo che per me sarebbe l’apoteosi del piacere; resta da capire cosa sarebbe per te, perché l’altro a figa donata non guarda in faccia; lo stesso discorso vale se imbastiamo una doppia per cui lui mi monta in figa e tu mi riempi il culo; quanta gioia proviamo da un’inculata, lo sai bene. Che ne dici?”
    “ Ho tempo per rifletterci?”
    “Amore mio, non ho nessun prurito di figa da grattarmi; alla peggio, se non ti va, torniamo al vecchio accordo; mi prendo una serata di libertà e tu non ti offendi; la mia preferenza non devo neppure dichiararla … “
    Ci rifletté molto, il mio uomo; e non ne facemmo più cenno per un bel po’, anche perché il lavoro ci sommergeva ed eravamo impegnati spesso con orario straordinario; avevamo anche ridotto il ritmo delle scopate e, da una frequenza quotidiana, eravamo passati ad un regime a giorni alterni, tranne il sabato e le domeniche che erano di sesso sfrenato in tutti i modi; la sensazione di scivolare verso una deleteria routine si affacciava inesorabile e a rendersene conto per primo fu proprio lui.
    “Lisa, non abbiamo più parlato del nostro piccolo problema, ma credo che sia giusto affrontarlo, anche se non ho grosse certezze. Sostanzialmente, se devo essere sincero, non me la sento di esporre quello che è stato sempre indicato come il mio ‘pisellino’ specialmente in un confronto diretto con un superdotato o anche con un normodotato; mi spaventa anche la sfida che tu vuoi lanciare esibendomi come il tuo maschio in una sede dove appaio ipodotato.
    Dall’altro lato, sapere che ci consideri così legati l’uno all’altra da sfidare le pubbliche riserve, mi fa sentire orgoglioso della mia donna e del rapporto d’amore che ho con te; per questa donna e per questo rapporto me la sentirei anche di affrontare il rischio; tu ti senti sicura?”
    “Senti, uomo; io ho imparato ad amarti, in meno di tre mesi, più di quanto abbia mai amato in vita mia; io sto qui con te e voglio il tuo cazzo che è mio; voglio esibirlo e non permetterò a nessuno di discutere il mio amore. Se hai un pizzico di curiosità, cominciamo a giocare, da soli; andiamo a un privè; giriamo; se vogliamo, scopiamo ma solo tra di noi; guardiamo, impariamo, forse conosciamo; dopo la ricognizione, decidiamo; se viene un prurito, lo grattiamo; ma l’orticaria me la sai dare solo tu.”
    “Va bene, donna; organizza per una ricognizione senza impegno; poi valuteremo. Sai una cosa? Ti amo davvero!”
    Ci misi poco ad organizzare; il locale si trovava a qualche decina di chilometri, abbastanza per evitare incontri spiacevoli; si pagava una tessera e l’ingresso; poi si era liberi di fare quel che ci pareva; il giovedì sera, subito dopo cena, indossai una tunichetta che andava giù sciogliendo un nodo, sandali senza calze e niente intimo; Carmine, maglietta e jeans; eravamo pronti per scopare come scimmie, anche se eravamo solo in perlustrazione.
    Eravamo alquanto emozionati, ma io nascondevo la mia sensazione sotto un atteggiamento da femme fatale; lui era più teso; andammo diretti al bar, prendemmo una bibita alcoolica e ci trasferimmo in un salottino; immediatamente un nugolo di ragazzi prestanti e ben dotati ci circondò; tirai a me Carmine e lo abbracciai; tutti dovevano sapere che ero proprietà privata e che non ero disponibile.
    “Vedi amore, saremmo già in grado di parlare con qualcuno per stabilire se fa per noi. Portami a ballare.”
    C’era la pista, c’era la musica. ma nessuno ballava; tutti pomiciavano in piedi e molte mani frugavano tra i vestiti afferrando fighe e cazzi apertamente; mi abbarbicai a lui e lo strinsi a me; i miei seni palpitavano contro il suo torace, il suo cazzo mi sfiorava la figa; un ragazzo si accostò da dietro e mi appoggiò sul culo una mazza notevole; con uno scarto rapido lo liquidai.
    “Ho già il mio uomo, vai a prendere aria!”
    Carmine mi guardò entusiasta.
    “Lisa, dicevi sul serio?”
    “Senti, stronzo; sei il mio uomo, anzi sei il cazzo che preferisco tra tutti; scoperò solo se e quando tu me lo chiederai e a me farà piacere. D’accordo? Per punizione non ti faccio pomiciare più e mi porti in giro per le sale; vieni!”
    Attraversammo ambienti a noi sconosciuto ed affascinanti, con scopate da ogni dove, pompini in mezzo ai corridoi, ammucchiate gigantesche; trovammo una sala ampia con pareti strane, piene di fori, dai quali emergevano numerosi cazzi di ogni dimensione.
    “Carmine, qui possiamo fare una prima prova. Scegli se vuoi che ci stendiamo sul letto a 69 e, senza neppure spogliarci e ci succhiamo a vicenda finché ti farò sborrare nella mia bocca e tu mi farai squirtare sul lenzuolo; oppure, se lo preferisci, tu mi dici quale cazzo della parete devo succhiare fino a farlo sborrare per terra, ma intanto tu ti inginocchi dietro di me e mi lecchi tanto a lungo da farmi squirtare sul pavimento; io smetterò di fare pompini quando tu mi avrai fatto espellere l’anima dalla figa in una sborrata. Che ne dici?”
    “Come approccio può andare; guarda quel cazzo nero; ce la fai a prenderlo in bocca?”
    “Tu mi succhi come ti ho chiesto?”
    Se abbassò dietro di me, infilò la testa sotto la tunica; mi abbassai a novanta gradi e presi in bocca il cazzo che mi aveva indicato; era bello grosso e mi emozionò sentirlo riempirmi la bocca fino a soffocarmi; rimpiansi il cazzo di Carmine che mi carezzava le papille della lingua e del palato senza disturbarmi; ma era tutto un altro pompino e lo succhiai a lungo, lo leccai dappertutto; era stata una furbata, la proposta, perché, mentre facevo il pompino, la sua leccata mi esaltava ma non squirtavo.
    Il nero si contorse e sentii che stava per godere, spostai il viso e scaricai a terra la sborrata; passai a quello a fianco, bianco e più piccolo, e diedi il via al mio pompino; mi fermai, perché era davvero sleale; sapevo che nelle due operazioni una sola era quella a cui dovevo dedicarmi per concluderla; in quel modo, obbligavo il mio uomo a leccarmi all’infinito; interrotto il pompino, mi sentii scuotere le viscere e l’orgasmo mi squassò tutta; accelerai il pompino e lo feci sborrare a terra.
    “Di’ la verità; mi hai imbrogliato; in contemporanea non riesci a fare che una delle due cose; preferivi fare tanti pompini in fila perché la mia leccata non ti piace o hai solo voluto prendermi un poco per il culo?”
    “Ti ho solo mostrato cosa si può fare in due, ma solo se si è unanimi e concordi. Ti amo e volevo che mi facessi godere.”
    “Vuoi che ti faccio sborrare ancora mentre ti godi tanti cazzi in bocca?”
    “Senti, stronzo della tua Lisetta, qui le regole le facciamo assieme; uno propone e l’altro vota; cosa ti va di fare?”
    “Sono tentato dalla voglia di scoparti, anzi di incularti; anziché leccarti, posso incularti, mentre succhi?”
    “Amore vedi come impari presto a non curarti delle dimensioni del cazzo? Adesso io succhio quel cazzo nero e lo tormento all’infinito; lo farò sborrare solo quando sentirò la tua sborra che mi inonda l’intestino. Ti va?”
    “Sei capace di farmi dimenticare le mie fisime … “
    Intanto si era tolto i pantaloni ed aveva esibito spavaldo il suo cazzo piccolo e duro; mi aveva fatto girare, aveva spinto la schiena finché mi ero piegata a pecora e mi aveva inculato a freddo; godevo da pazzi e afferrai un cazzo di bella stazza che affondai in gola fino a soffocarmi; mentre lo leccavo dappertutto, dalle palle grosse come pesche alla punta violacea, Carmine mi sbatteva il cazzo nel culo con una voglia che non gli conoscevo; mi montò per qualche minuto poi sborrò grugnendo ed urlando.
    Tenne il cazzo duro piantato nel ventre mentre io succhiavo il nero e me lo rigiravo nella bocca come un gelato; quando lo sentii vibrare, sfilai la bocca e proseguii a masturbarlo con la mano; scaricò a terra un fiume di sborra; Carmine scivolò delicatamente dal culo, prese dei fazzoletti e pulì me e se stesso; ci fermammo un attimo a respirare; ci sedemmo sul bordo del letto; lui si rimise i pantaloni; io non avevo mosso il mio vestito.
    “Ritieni sufficiente la perlustrazione o vuoi sfruttare il biglietto pagato ancora per molto?”
    “Me ne fotto del prezzo del biglietto, quando mi regala momenti di crescita come questo; non sono mai stato così orgoglioso di me stesso e felice della donna che amo e che voglio tenermi accanto una vita; sei grande, quando lavori di fantasia; sei riuscita a costruire il momento più alto del nostro cambiamento. Adesso voglio solo andare a casa e farti fare l’amore fino a svuotarti.”
    “Sai, c’è la barzelletta in cui fanno credere a un tale che per uccidere la moglie deve farla scopare molto; lei, dopo ogni scopata, canta felice e lui si sente sempre più spompato; commenta, all’amico che gli aveva dato il suggerimento, ‘canta lei, non sa che deve morire!’ Per caso vuoi che dire la stessa cosa anche a me?”
     
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