Scoperta una molecola che incolla i nervi rotti

questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per la cura delle lesioni al sistema nervoso

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    Riparare le lesioni ai nervi e recuperarne la funzione è una delle grandi sfide per la medicina moderna: adesso potremmo esserci avvicinati di un altro passo, grazie a uno studio condotto dall’Università del Queensland, a Brisbane, in Australia. I ricercatori, infatti, grazie a esperimenti condotti su di un invertebrato capace di riparare i propri nervi in maniera ultra efficiente, hanno identificato una proteina che sembra controllare l’auto-riparazione dei nervi danneggiati. Studiare questa molecola potrebbe aiutare a trovare strategie per aiutare le persone a riprendersi in maniera completa dalle lesioni al sistema nervoso, causa di tante malattie neurologiche. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
    Imparare dagli invertebrati

    I neuroni, le cellule principali del sistema nervoso, comunicano tra loro e con i muscoli attraverso l’assone, una porzione allungata e sottile della cellula stessa: gli assoni, di fatto, agiscono come cavi elettrici che trasmettono i segnali lungo tutto il sistema nervoso, garantendone il corretto funzionamento. Gli assoni sono strutture essenziali, ma delicate: lesioni agli assoni nel sistema nervoso centrale o periferico possono causare danni e disabilità anche permanenti. Non è detto, però, che un danno a un assone significhi necessariamente una lesione permanente, perché le cellule possiedono anche la capacità di auto-ripararsi.

    Questo è vero soprattutto per alcune specie del regno animale, che, rispetto agli esseri umani, riescono a riparare i propri neuroni e a ripristinare la funzione del sistema nervoso, anche in seguito a lesioni estese: un esempio sono i vermi nematodi della specie C. elegans (invertebrati molto utilizzati dalla ricerca scientifica come organismi modello per lo studio di alcuni aspetti della biologia). Questi vermi, infatti, ricorrono a un metodo di riparazione delle cellule nervose estremamente efficiente, noto come fusione dell’assone: in sostanza, la parte di assone che è ancora attaccata al neurone colpito dal danno ricresce, si riconnette e si fonde con la parte che è rimasta recisa (un po’ come accade con le fratture delle ossa), ripristinando l'integrità del neurone, che potrà tornare a trasmettere i segnali normalmente.
    Lo studio

    Nonostante questo meccanismo di riparazione fosse noto da diversi decenni, le molecole coinvolte erano ancora sconosciute: ecco perché i ricercatori australiani hanno iniziato a studiare C. elegans a livello microscopico, servendosi di tecniche di genetica e di biologia molecolare. Alla fine hanno identificato una particolare proteina, chiamata Adm-4, senza la quale la fusione degli assoni danneggiati non avveniva. Non solo: aumentandone la sua espressione, gli invertebrati riuscivano ad auto-riparare le cellule nervose in maniera ancora più efficiente del normale. Gli autori dello studio ipotizzano che questa proteina abbia lo scopo di interagire e stabilizzare una sostanza cosiddetta fusogena, che funziona come una vera e propria “colla” per riparare gli assoni ed è coinvolta nella fusione assonale.

    Agendo su Adm-4, potrebbe essere possibile far produrre più sostanza fusogena e quindi avere un maggior controllo sull'auto-riparazione delle cellule nervose. Dal momento che l’uso della neurochirurgia per riparare i nervi danneggiati ha un successo limitato, la scoperta di Adm-4 potrebbe significare, in futuro, l’adozione di approcci diversi per la cura di lesioni al sistema nervoso, utilizzando tecniche genetiche per produrre e poi somministrare la sostanza fusogena, per attivare Adm-4 o trovare sostanze farmacologiche che attivino queste due molecole.
    Un passo in avanti

    C’è di più: queste speranze sembrano ben riposte perché il gene che produce Adm-4 nei vermi nematodi ha una controparte anche nei mammiferi. “Una parte interessante di questa scoperta è che Adm-4 è simile a quella prodotta da un gene di mammifero: ciò apre la possibilità al fatto che un giorno potremo sfruttare questo processo negli esseri umani", ha affermato Massimo Hilliard, autore senior dello studio.

    “Se riuscissimo a capire come controllare questo processo, potremmo applicare questa conoscenza ad altri modelli animali: la speranza è che un giorno potremo indurre lo stesso processo nelle persone che hanno avuto una lesione nervosa. Siamo ancora lontani da questo obiettivo, ma la scoperta del ruolo di Adm-4 è un importante passo avanti”, conclude Xue Yan Ho, primo autore dello studio.
     
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