Licenziato il portuale triestino no green pass Stefano Puzzer

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    Stefano Puzzer, il portuale triestino diventato leader delle proteste no green pass, è stato licenziato per “giusta causa“. Lo ha comunicato lui stesso in una diretta video su Facebook, affermando di aver ricevuto la lettera di licenziamento venerdì pomeriggio, dopo una serie di lettere di contestazione da parte del proprio datore di lavoro, l’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste, che gestisce il lavoro a chiamata nello scalo. L’azienda lo aveva invitato a tornare in servizio (dopo oltre cinque mesi di assenza) in quanto guarito dal Covid e dunque in possesso di green pass, ma lui si è rifiutato: “Sono fiero di essere stato coerente e di non essermi piegato al sistema. Sono fiero di aver detto, il 15 ottobre (giorno dell’entrata in vigore del green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro, ndr), “non andrò a lavorare finché l’ultimo dei miei colleghi non potrà lavorare“. Non giudico chi è rientrato. Vi metto solo al corrente che sono stato licenziato, una decisione dell’azienda contro cui mi batterò”. “Il licenziamento del lavoratore nulla ha a che vedere con vicende politiche sulle quali il lavoratore fa leva. Personalmente per il lavoratore provo affetto. E quando mi ha chiesto aiuto personale, economico, mi ha trovato disponibile”, fa sapere in una nota il presidente dell’Agenzia, Franco Mariani. “La vicenda è legata strettamente al rapporto del lavoratore con la sua Agenzia, che deve essere improntato alla lealtà e al rispetto delle normative sanitarie e contrattuali, senza creare nocumento agli altri lavoratori portuali in termini di immagine e di concreta partecipazione alla attività lavorativa”.

    Cronaca
    Stefano Puzzer, licenziato il portuale triestino no green pass: non è tornato al lavoro dopo il Covid. “Fiero di non essermi piegato”
    Stefano Puzzer, licenziato il portuale triestino no green pass: non è tornato al lavoro dopo il Covid. “Fiero di non essermi piegato”

    Lo ha comunicato lui stesso in una diretta video su Facebook, affermando di aver ricevuto la lettera di licenziamento venerdì pomeriggio, dopo una serie di lettere di contestazione da parte del proprio datore di lavoro, l'Agenzia per il lavoro portuale di Trieste, che gestisce il lavoro a chiamata nello scalo. Sono fiero di aver detto, il 15 ottobre, "non andrò a lavorare finché l’ultimo dei miei colleghi non potrà lavorare"", ha dichiarato
    di F. Q. | 16 Aprile 2022

    Stefano Puzzer, il portuale triestino diventato leader delle proteste no green pass, è stato licenziato per “giusta causa“. Lo ha comunicato lui stesso in una diretta video su Facebook, affermando di aver ricevuto la lettera di licenziamento venerdì pomeriggio, dopo una serie di lettere di contestazione da parte del proprio datore di lavoro, l’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste, che gestisce il lavoro a chiamata nello scalo. L’azienda lo aveva invitato a tornare in servizio (dopo oltre cinque mesi di assenza) in quanto guarito dal Covid e dunque in possesso di green pass, ma lui si è rifiutato: “Sono fiero di essere stato coerente e di non essermi piegato al sistema. Sono fiero di aver detto, il 15 ottobre (giorno dell’entrata in vigore del green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro, ndr), “non andrò a lavorare finché l’ultimo dei miei colleghi non potrà lavorare“. Non giudico chi è rientrato. Vi metto solo al corrente che sono stato licenziato, una decisione dell’azienda contro cui mi batterò”. “Il licenziamento del lavoratore nulla ha a che vedere con vicende politiche sulle quali il lavoratore fa leva. Personalmente per il lavoratore provo affetto. E quando mi ha chiesto aiuto personale, economico, mi ha trovato disponibile”, fa sapere in una nota il presidente dell’Agenzia, Franco Mariani. “La vicenda è legata strettamente al rapporto del lavoratore con la sua Agenzia, che deve essere improntato alla lealtà e al rispetto delle normative sanitarie e contrattuali, senza creare nocumento agli altri lavoratori portuali in termini di immagine e di concreta partecipazione alla attività lavorativa”.

    “La prima preoccupazione”, aggiunge, “è stata su come comunicarlo alla mia famiglia, nonostante sapessi che è al mio fianco. È una conseguenza a cui sapevo che potevo andare incontro. Non voglio rendermi un martire, sono orgoglioso di quello che ho fatto, che hanno fatto i miei colleghi e i cittadini che sono venuti al porto di Trieste da tutta Italia”. Il licenziamento, sostiene, “è la conseguenza del fatto che noi siamo puri, che crediamo nei nostri diritti e che non ci piegheremo mai a questo sistema marcio. A Trieste lottiamo da sei anni contro il sistema. Avevamo creato un sindacato autonomo che vogliono distruggere assieme a me, prima per distruggere me poi per distruggere qualsiasi sorta di forza che vada a lottare contro il sistema. Non mi elevo a leader, fenomeno, capopopolo o altro, ho fatto solo quello che qualsiasi altro portuale avrebbe fatto e che qualsiasi lavoratore dovrebbe fare. Il mio lavoro è più di un lavoro, è un senso di appartenenza, io sono un lavoratore portuale e prima o poi tornerò a fare il portuale. Questa è solo la conseguenza di aver provato a combattere contro il sistema. Io la Pasqua la passerò comunque serenamente” – conclude – “voi mi avete portato l’uovo di Pasqua, e io vi darò la sorpresa. Adesso ne vedremo delle belle. La gente come noi non molla mai”.
     
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