Cina organi espiantati a detenuti vivi

Si tratterebbe di condannati a morte operati anche se respiravano autonomamente…

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    Organi espiantati a detenuti vivi. Non accade solo nei film horror, ma anche in Cina, secondo quanto emerso da uno studio pubblicato prima sulla rivista scientifica American Journal of Transplantation e firmato dal chirurgo israeliano Jacob Lavee con il ricercatore australiano Matthew Robertson, i quali poi ne hanno parlato sul Wall Street Journal. Non si tratta di una notizia nuova, ma quanto emerso ora è comunque raccapricciante e accende i riflettori su una realtà agghiacciante. Per 35 anni, dal 1980 al 2015, la Cina ha consentito l’espianto di organi da detenuti condannati a morte, con o senza il loro assenso, da destinare ai trapianti.
    In molti casi la procedura medica veniva avviata prima che il condannato fosse giustiziato, secondo la procedura prevista in Cina. «Erano i medici stessi a togliere la vita al detenuto con i loro bisturi». Gli autori di questo studio hanno esaminato 3mila documenti in lingua cinese, redatti dagli stessi dottori che eseguivano le operazioni. Si tratta di oltre 300 professionisti che se ne sono occupati in 56 differenti ospedali della Repubblica Popolare. Ora emergono anche particolari, descrizioni degli interventi con termini scientifici, ma comunque rivelatori.
    “MEDICI BOIA” IN CINA: PRATICHE VIETATE DAL 2015 MA…

    Jacob Lavee e Matthew Robertson scrivono che spesso sono gli stessi chirurghi a spiegare «come il paziente fosse ancora vivo al momento dell’intervento, e che era il distacco del cuore pulsante il motivo dell’immediato decesso». Ciò in quanto l’uomo o la donna sul lettino, come emerge dal dettagliato rapporto medico, «respirava autonomamente» prima che ci fosse l’incisione con il bisturi. Ma il giuramento di Ippocrate parla chiaro: nessun medico può causare volontariamente un danno sul paziente. Inoltre, l’etica riguardante gli espianti degli organi, sottoscritta anche dalla Cina, impone rigide regole, tra cui che il paziente non deve essere in grado di respirare da solo, ma deve essere collegato ad un ventilatore meccanico.
    La Cina ha spiegato di aver vietato queste pratiche dal 2015, ma per gli autori «è altamente probabile che questo genere di operazioni, considerate le statistiche e i brevi tempi di attesa per i trapianti nella Repubblica Popolare, siano in realtà continuate clandestinamente». E che siano concentrate soprattutto su alcuni prigionieri, cioè i membri della setta Falun Gong e gli uiguri dello Xinjiang, minoranza che da anni denuncia di subire tentativi di «genocidio» nei suoi confronti. Invece l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recepito i «suggerimenti» cinesi per contrastare il traffico clandestino di organi e «attaccato le nostre ricerche» sull’argomento.
     
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