La censura di Putin, stretta sulla libertà di espressione e di opposizione

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    Dopo il record di leggi nel 2022, nuova raffica di chiusure. Quindici anni di carcere a coloro che parlano male dell’esercito (e dei mercenari Wagner)
    Nel nuovo mondo russo bisognerà fare ancora più attenzione a quel che si dice, a quel che si scrive, a quel che si legge, a quel che si pensa. Oggi è il primo compleanno della legge sulle «fake news». Era il 4 marzo 2022, quando Vladimir Putin firmò il provvedimento che colpiva tutte le persone che manifestavano dissenso contro l’Operazione militare speciale. Da allora, oltre a migliaia di fermi di polizia, sono state aperte 175 cause penali e 5.601 cause amministrative.
    Le parole di Putin

    La stretta sulla libertà di espressione e di opposizione non è una novità. Si tratta di un processo di lunga data, iniziato nel 2012 dopo le manifestazioni di protesta contro la rielezione-staffetta del presidente, che si scambiò di ruolo con Dmitry Medvedev. Sotto gli occhi dell’Occidente, che per convenienza fingeva di non vedere. Ma il conflitto in Ucraina ha dato una accelerazione parossistica. Cinque giorni fa, durante il suo intervento all’Fsb, il Servizio federale di sicurezza, il presidente ha invitato gli ex colleghi a non mollare la presa. «Bisogna preparare il nostro futuro. Dobbiamo troncare l’attività di coloro che cercano di indebolire e dividere la nostra società, utilizzando come arma il separatismo, il neonazismo, la perversione dei costumi».
    Il record di leggi

    L’Assemblea federale lo ha subito preso in parola. Il 2022 è stato l’anno record per numero di leggi approvate dalla Duma, la Camera bassa del Parlamento. In tutto 709, più altre 745 proposte già presentate ma ancora da esaminare. Molte di esse sono state scritte in fretta e furia per andare incontro a esigenze militari. Altre regolano la sfera sociale della vita russa. Ma nell’ultima settimana c’è stato un crescendo. Mercoledì Putin ha firmato la nuova legge che proibisce a livello statale e culturale l’uso di parole straniere. Nel suo ultimo discorso alla nazione, lui stesso ne aveva usate una dozzina.
    Quindici anni di carcere per chi parla male dell’esercito

    Giovedì i deputati hanno approvato in seconda lettura due disegni di legge che modificano il Codice amministrativo e penale, aumentando la pena fino a quindici anni di carcere per chi «getta discredito sull’esercito» ma estendendo il reato anche a «formazioni volontarie, organizzazioni o persone che assecondano l’espletamento delle funzioni che spettano alle Forze Armate». Un emendamento su misura per il gruppo Wagner. Quello stesso giorno, il Parlamento ha concesso al governo la facoltà di sospendere «ogni informazione statistica» agli organi di stampa e chi ne fa richiesta. Le valutazioni sullo stato dell’economia diventeranno sempre più aleatorie.
    Punire ogni parola

    Ieri è stato presentato un nuovo disegno di legge secondo il quale ogni lunedì nelle aule scolastiche oltre alla bandiera russa dovrà essere issata anche quella della vittoria (9 maggio) nella Grande Guerra Patriottica. È stata già avviata la discussione sulla legge contro la «russofobia», concetto dal confine incerto. L’intenzione è di punire ogni parola, pronunciata in qualunque luogo, anche all’estero, che possa essere interpretata come «lesiva dell’immagine» di Madre Russia. Il capo del Consiglio per i diritti umani Valerij Fadeyev ha sostenuto in aula che la russofobia necessita di una definizione giuridica, per poter finalmente introdurre la responsabilità penale per ogni sua manifestazione. Si è rammaricato del fatto che per ora non sia possibile punire i cittadini di altri Paesi. Venerdì 24 febbraio, Putin ha abrogato le legge che invitava il governo russo a «coltivare relazioni di cooperazione con gli altri Stati», basati sul rispetto della «sovranità nazionale e dell’autodeterminazione dei popoli». La Duma ha appena approvato in prima lettura un decreto che cancella le aggravanti per i poliziotti che si sono macchiati di crimini. Il pestaggio di un manifestante potrà così essere giudicato alla stregua di una rissa tra cittadini comuni.
    Il patriarca e Internet

    Sono ormai spariti i libri in cui si fa menzione di persone «dall’orientamento sessuale non tradizionale», ma la lista delle opere per le quali la Duma richiede la messa al bando sta diventando chilometrica. A Mosca e in altre città scoppiano risse tra giovani ispirate a un famoso manga giapponese. Il ministero degli Interni afferma che «tutto questo viene dall’Ucraina». Il patriarca Kirill invita a «controllare ancora di più l’accesso a Internet». Una deputata ha proposto corsi di educazione militare e leva anticipata per dissuadere «i nostri ragazzi da queste tentazioni occidentali».
    La Russia del futuro sembra sempre più ripiegata su se stessa e sulle proprie pulsioni.
     
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