Vampire Hunter D - Bloodlust

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    Un mistero circonda Marsten House, una casa ormai chiusa in alto sulla collina di Jerusalem’s Lot. Molti anni addietro, un gangster vi aveva ucciso la moglie e poi si era suicidato.
    Per scriver un racconto sulla vicenda, un romanziere, di nome Ben Mears, decide di tornare in quel luogo che ormai si sta spegnendo (pur essendo vivo e così caro nei sui ricordi, per via degli anni che vi aveva passato da giovane, ospite di sua zia), ignaro del fatto che la cittadina sta per essere infestata da un vampiro.
    La prima persona con cui Mears entra in contatto è Susan Norton, tipica ragazza di provincia costretta a vivere in una sorta di luogo comune, sognando di potersene un giorno andar via. Il rapporto tra i due non risente della differenza di età e sembra, anzi, essere d’aiuto allo scrittore per superare il trauma subito dopo la morte della moglie Miranda.
    A seguire, l’introduzione dei vari personaggi principali ricorre a un schema descrittivo che mira ad anticipare i loro ruoli. Mark Petrie è il bambino troppo maturo per la sua età e già capace di affrontare la vita senza perdere nulla dell’innocenza della giovinezza. Matt Burke è invece il professore vecchio stampo che tuttavia ascolta rock non appena può; conosce la città e i suoi abitanti perché ad ognuno di loro ha insegnato letteratura inglese. Jimmy Cody è il dottore, lo scettico ad oltranza, attento alla salute dei componenti di questo strano gruppo ma restio a convincersi dell’esistenza dei vampiri. Infine Padre Callahan, il prete della comunità, più dedito all’alcool che alla sua parrocchia, capace di attingere una forza incredibile dalla fede con la stessa velocità con cui riesce a perderne la presa.
    In un passo, per bocca di Susan, Stephen King descrive parte del gruppo con queste parole: “Un vecchio insegnante mezzo rincoglionito dai libri, uno scrittore ossessionato da un incubo d’infanzia, un ragazzino che si è fatto una cultura sui fumetti dell’orrore e conosce a menadito usi e costumi dei vampiri. E io?”.
    La città, Jerusalem’s Lot, abbreviata in Salem o dai suoi abitanti semplicemente ne “il Lot”, segue la particolarità di Stephen King di ambientare i suoi racconti nel Maine, e ricorsivamente nelle stesse città (come accade con Castle Rock nel caso di Cujo, Cose Preziose ed altri). Nella raccolta A Volte Ritornano, infatti, compare di nuovo Jerusalem’s Lot come luogo maledetto nei racconti “Il bicchiere della staffa” e, appunto, “Jerusalem’s Lot”, quest’ultimo ambientato nel XIX secolo.
    La Jerusalem’s Lot de Le Notti di Salem, invece, più che una vera città è un paese dove tutti si conoscono e dove la gente incarna gli stereotipi più svariati. Troviamo infatti la pettegola, l’agente immobiliare senza scrupoli, l’ubriacone di turno, la donna sposata che tradisce il marito con un ragazzo più giovane, il marito che picchia la moglie sposatasi troppo giovane per via di una gravidanza inattesa, e chi più ne ha più ne metta. Eppure ognuno di loro esce dal proprio stereotipo nel momento in cui entra in contatto – oppure ne sfiora l’essenza – con Barlow, il vampiro che, nascosto dietro la sua piccola attività di antiquario, s’insidia nella cittadina e nella loro vita.
    Barlow descrive Salem così: “Qui da voi la gente è ricca, sanguigna, infarcita dell’aggressività e della tenebrosità necessarie... É gente che non ha ancora interrotto con colate di cemento il flusso di vitalità che emana dalla terra, loro madre”. La gente di questo piccolo paese ha dentro di sé una rabbia e una ferocia che non aspettano altro d’essere tirate fuori, e il vampiro possiede la chiave per aprire la “porta” che le tiene a freno.
    Il titolo “Le Notti di Salem” (“Jerusalem” era considerato dalla casa editrice troppo a stampo religioso), in originale “Salem’s Lot”, è ben lontano dal primo pensiero di King, che voleva chiamare il romanzo “Second Coming”, proprio per accentuare questo ritorno del protagonista principale, che poi rappresenta la filosofia con cui è stato scritto un altro suo capolavoro: IT.
    Le Notti di Salem è il primo libro scritto da Stephen King in cui compaiano tanti personaggi all’interno della storia, molti con ruolo primario. Si esce dai canoni per i quali il protagonista debba essere solamente uno, ma soprattutto dal luogo comune per cui i personaggi principali non possano morire nel corso della narrazione dopo che il lettore si sia affezionato ad essi. In realtà King ci anticipa la “novità” già nei primi capitoli, quando parla di un uomo e di un bambino indefiniti, che leggono le cronache di Jerusalem’s Lot e sembrano in fuga più da se stessi che da qualche nemico reale. Si può semplicemente ipotizzare che i due personaggi misteriosi possano identificarsi in Ben Mears e Mark Petrie; la certezza arriva solo a fine romanzo, quando apprendiamo che i suddetti sono gli unici, fra i protagonisti, ad essere sopravissuti (a parte Padre Callahan, che fugge, dopo essere divenuto schiavo bevendo il sangue del vampiro, e che riapparirà poi in un altro romanzo di King).

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    Edited by <geniv> - 21/2/2008, 02:05
     
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